martedì 10 febbraio 2009

LA NOSTRA MEMORIA

“Si ammazza troppo poco in Jugoslavia”. Così dissero nel 1942 il generale Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata italiano in Slovenia e Croazia, e il generale Mario Roatta, Capo di Stato Maggiore e comandante della II Armata. La famigerata circolare n° 3 C, indicata dai due generali, apriva le operazioni di demolizione, incendio di case e villaggi, internamento massiccio della popolazione, fucilazione immediata degli ostaggi..
Dopo l’azione delle squadracce fasciste nei primi anni ’20 del secolo scorso contro centri culturali, sedi sindacali, cooperative agricole, giornali operai, politici e cittadini di “razza slava”, dopo l’”italianizzazione forzata” perseguita nel corso del ventennio nero, dopo una campagna di criminalizzazione e persecuzione di ogni etnia slava, il 6 aprile 1941, con l'operazione “Castigo”, le truppe nazifasciste di Hitler e Mussolini attaccarono ed invasero la Jugoslavia. I 4 anni di occupazione furono atroci: nella II guerra mondiale, dopo l'Unione Sovietica, fu proprio la Jugoslavia ad avere il maggior numero di morti civili, massacrati per strada o nei campi di sterminio, e partigiani combattenti. Milioni di uomini, donne, bambini di cui è stato possibile solo un calcolo approssimativo.
Gli ustascia, nazionalisti cattolici filofascisti, sostenuti e finanziati dal regime di Mussolini, costituirono lo "Stato indipendente di Croazia", con a capo Ante Pavelic e la benedizione del Vaticano. Obiettivo principale della loro politica razzista fu lo sterminio dei serbi cristiano-ortodossi, una vera pulizia etnica, e la persecuzione sistematicamente pianificata e organizzata su vasta scala di ogni oppositore al costituendo regime, comunisti in primis.
Per barbarie e ferocia – dicono le cronache – gli ustascia superarono le SS naziste.
Tristemente famoso, salvo che in Italia, divenne il campo di sterminio di Jasenovac, attivo, con esecuzioni giornaliere di centinaia di uomini, donne e bambini, dal 21 agosto 1941 al 22 aprile 1945. Comandante del campo di Jasenovac fu il frate francescano cattolico Miroslav Filipović-Majstorović, chiamato dal Popolo “frate Satana”. Fra le sue “prodezze” personali, il 7 febbraio 1942, l'uccisione nella zona di Banja Luka di 2750 serbi ortodossi fra cui 250 bambini, in sole dieci ore. Se ne vantò durante il processo che subì in Jugoslavia dopo la guerra. Il Vaticano si limitò a sospenderlo dall’officiare messa..
La maggior parte dei massacri, oltre che nei campi di sterminio, avvenne, ad opera di bande ustascia comandate da preti e frati cattolici, nelle strade, nei villaggi, ovunque sotto gli occhi di tutti. Fra le vittime anche 74.762 bambini, da quelli in fasce fino a quelli di 14 anni. Dalla primavera del ’41, occupazione e brutale durezza contro la popolazione civile, confisca dei beni e “caccia all’uomo”, rastrellamenti ed esecuzioni sommarie, campi di concentramento e tortura furono all’ordine del giorno. Solo in Italia non se ne è saputo niente.. Cosi è rimasta nascosta l'intera vicenda del lager di Jasenovac, la Auschwitz dei Balcani e delle responsabilità italiane in merito.
È di questi crimini che l’Italia fascista di Mussolini e del Re avrebbe dovuto rispondere perché è di questi crimini che è responsabile. Invece nessuno degli oltre 700 (dato della Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra) criminali di guerra italiani, a cominciare dai generali Roatta e Robotti, è stato mai condannato né estradato e consegnato alle autorità jugoslave.

A beffa di tutto questo, sordida e mendace operazione di inaccettabile revisionismo storico – promossa dalle destre di governo, applaudita dalle nuove destre eversive ed anti-costituzionali e “collaborata” dalle fittizie “sinistre democratiche” in ansia di compatibilizzazione nel sistema dell’alternanza borghese di governo – nel 2004 è stata istituita la “Giornata del ricordo”, proprio oggi, 10 febbraio, a “memoria” degli italiani morti nelle foibe, mentre già nel giugno del 2002, l’ormai defunto Papa Giovanni Paolo II, Papa dei giovani e della “Pace”(sic!) aveva avuto premura di beatificare monsignor Stepinac, arcivescovo di Zagabria, complice degli ustascia.

Ricordare gli italiani. Certo! Vale la pena ricordare. Ricordare, però, chi ha dato la vita per la Libertà. Ricordare chi è caduto nel tentativo di dare un futuro ai propri figli. Ricordare chi ha lottato per non morire invano.
L’8 settembre ’43 quarantamila soldati italiani presenti nei Balcani si unirono ai partigiani jugoslavi nella lotta per la liberazione dal nazifascismo. Accolti come fratelli dalle popolazioni jugoslave, metà di essi diedero la vita in quell’epica lotta, riscattando così il nostro Paese dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettato. Sono questi gli italiani cui oggi deve andare il nostro rispetto, il nostro ricordo più fervido e accorato. Sono gli italiani cui la nostra seppur malconcia Repubblica democratica fondata sul lavoro nata dalla Resistenza, deve riconoscenza e memoria vera. Sono gli italiani cui noi tutti dobbiamo oggi l’onere, l’onore e l’impegno rinnovato nella lotta per preservare quei margini di agibilità democratica, politica e sindacale da loro guadagnati per noi tutti.

Sono questi gli italiani che vale oggi la pena di ricordare! Proprio oggi, nel tempo del revisionismo storico più bieco e strumentale, nel tempo della modificazione coatta dell’architrave costituzionale del Paese piegato a esigenze neobonapartiste di chi si crede padrone del “suo” Popolo.
Sono gli italiani, combattenti antifascisti a casa propria come altrove; che riscattarono l’Italia dall’oblio in cui l’avevano cacciata i fascisti e i loro amici; che diedero il loro contributo insostituibile alla liberazione dell’Europa intera dallo stivale nazifascista che l’opprimeva; che nel loro esempio di vita militante, permisero a noi Compagni e cittadini d’oggi, di poter esser Popolo sovrano e godere di quella Libertà che di nuovo qualcuno prova ancora a toglierci.

Ma non vi riuscirà. Perché NOI RICORDIAMO BENE. NOI RICORDIAMO TUTTO.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP)
per l'Autorganizzazione sociale