mercoledì 30 aprile 2008

1° MAGGIO AUTORGANIZZATO

1° MAGGIO AUTORGANIZZATO CONTRO LA PRECARIETÀ ED A SOSTEGNO DELLA LOTTA IN FIAT

Costruiamo da basso, autonomamente da Partiti e Sindacati Confederali, l'opposizione sociale al nuovo governo Belusconi ed a questo sistema sociale di sfruttamento, guerra e devastazione ambientale


Contro la ristrutturazione in Fiat prevista dal piano Marchionne a Pomigliano

Contro l'allontanamento dei 316 perai dalla fabbrica, la repressone e i licenziamenti politici

Contro la precarietà del lavoro e della vita

Contro la strage continua di morti sul lavoro

Per l'estensione dei diritti, la sicurezza sul lavoro e le garazie sindacali

Per il diritto al lavoro, ai servizi sociali, al redditti ed ai beni comuni

Per un differente modello di sviluppo rispettoso della salute e dell'ambiente

1° MAGGIO 2008
CORTEO A POMIGLIANO D’ARCO
CONCENTRAMENTO ore 10.00
PIAZZALE “EX VESUVIANA


Prime adesioni: Confederazione Cobas, Confederazione Unitaria di Base, Area Antagonista Napoletana, CSOA Officina 99, Laboratorio Occupato SKA, DAMM, Red Link, Collettivo Operatori Sociali Napoli, Laboratorio Occupato Insurgencia, Associazione Marxista “politica e classe”, Collettivo Internazionalista Napoli, Collettivo Orientale, CSOA Terra Terra, Vesuvio Zona Rossa, Partito Comunista dei Lavoratori, CARC, Sinistra Critica, Collettico Politico MILITANZ Casa del Popolo, Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista, Nucleo Studentesco Metropolitano…

sabato 26 aprile 2008

LIBERI TUTTI!

Assolti. E' caduta l'accusa di associazione sovversiva per avere organizzato gli incidenti del 2001 durante il G8 di Genova ed il Global Forum di Napoli per la quale 13 attivisti militanti del Movimento erano stati condotti alla sbarra del Tribunale di Cosenza. Liberi Tutti, dunque. Lo ha stabilito la Corte d'Assise doi Cosenza. La sentenza è arrivata dopo un'ora e mezza di Camera di Consiglio, ed è stata letta dal Presidente Maria Antonietta Onorati. "E' la dimostrazione che si è trattato di un teorema accusatorio costruito ad arte per aggredire e zittire i movimenti", è stato il commento di uno degli imputati.


Comunicato del Coordinamento LiberiTutti

Trovare parole appropriate per commentare l’intera vicenda, non è cosa facile. Perché sono tanti gli aspetti farseschi e tali le assurdità delle accuse, che rischieremmo sicuramente di dimenticare qualcuna delle illuminanti considerazioni formulate dal PM Fiordalisi.Chi in questi anni si è trovato a dover costruire solidarietà rispetto alla vicenda, ha dovuto soprattutto difendersi da quella parte di città che, parliamoci chiaro, ci avrebbe voluto vedere in galera. Probabilmente, parte degli stessi che hanno contribuito a montare questo teorema.
Ebbene, possiamo finalmente dire che costoro rimangono in un angolo a rosicare. L’assoluzione di oggi è una pesante sconfitta per gli organi inquirenti che hanno confezionato questa inchiesta. Gli stessi che hanno sperperato oltre tre milioni di euro, sbandierando all’intero paese, una formidabile operazione antiterrorismo, curata nei minimi dettagli e pronta a smantellare la pericolosa nascente cellula sovversiva. Tutto questo, mentre in città si consumavano ben altri misfatti.Ma ora, sentenza in mano, abbiamo il diritto di sapere: perché questa inchiesta, sebbene scartata da svariate procure, è stata accettata proprio a Cosenza? Quali oscure trame hanno tessuto questo canovaccio? Quali loschi interessi da coprire? Ma soprattutto, abbiamo ragione di pretendere le dimissioni dei vertici inquirenti che hanno guidato questa inchiesta? Che questo “castello” non stava in piedi, la città lo aveva capito da subito e lo aveva ampiamente affermato con calorosa partecipazione alle diverse mobilitazioni costruite nel corso di questi lunghi sette anni, assolvendo di fatto tutti gli imputati e bocciando l’operato della Fiordalisi&Co. Agli interrogativi sulle reali motivazioni che hanno portato all’apertura di questa inchiesta, ognuno si sarà dato delle risposte, rimane sicuramente il tentativo di criminalizzare un intero movimento con accuse infondate e infamanti, volte a coprire le vere vergogne di Genova: la morte di Carlo Giuliani, i pestaggi e le torture delle forze dell’ordine comandate dai vertici militari e politici. E ancora, di deviare l’attenzione generale dai veri allarmi sociali di cui questa città soffre.
Questa assoluzione giunge a riprova del fatto che la storia di chi rifiuta le logiche neoliberiste e produce conflitto sociale non può essere scritta dentro un’aula di tribunale. E se ce ne fosse ancora bisogno, ribadisce che la libertà di espressione e di opinione devono essere garantite in nome di quelle libertà conquistate il 25 aprile del 1945 e che ancora dobbiamo difendere.

COORDINAMENTO LIBERITUTTI
Cosenza

mercoledì 23 aprile 2008

IL 25 APRILE SEMPRE

Il 25 Aprile non è una ricorrenza. È la Festa di un Paese ed il suo Popolo liberato dal fascismo. Festa di chi contro il fascismo ha lottato e vinto, seppur nel prezzo di sangue partigiano versato in quella strenua lotta. Festa di quanti continuano a lottare ancora oggi, quando venti di destra spirano forte. Festa di chi oggi resiste e si organizza ancora per costruire un opposizione sociale e popolare ai regimi dei governi borghesi ed i fascismi, vecchi e nuovi che siano. Il 25 aprile è dunque giornata di Festa e Lotta insieme. Festa della Liberazione e Lotta per la Liberazione cui riguadagnarsi ancora e nuovamente. Il 25 Aprile non è una ricorrenza. È ora e sempre Resistenza.

Invitiamo tutte le Compagni e le Compagne ad essere presenti, intervenire, portare il loro contributo e, comunque, moltiplicare ovunque i fronti di iniziativa politica militante , a ché questa data sì importante possa non essere più ciò cui è stata ridotta - ovvero mera ricorrenza, ripetizione rituale di gesti meccanici, funzione pressocchè liturgica - in anni di costante lavorio di "compatibilizzazione" dei segmenti sociali più combativi e radicali da parte degli apparati Stato e i suoi accoliti, ma momento di ulteriore analisi, dibattito e confronto circa le battaglie di resistenza e controffensiva che già ci attendono, sul terreno immediato della lotta viva, praticata e poi vissuta.


DEDICATO A CHI ESITA

Questi tempi sembrano difficili. Lo sono. Trarre dei bilanci, fare valutazioni, comprendere ciò che è stato fatto, ciò che non si è fatto, ciò che pur si poteva fare e non è stato fatto, è compito immediato e rgente. Del resto elementare per chi si ostina ancora per un mondo nuovo. I più duri, però, subito si spezzano, i più acuti spuntano. Diventa difficile e pericoloso insieme pretender ragione laddove le Autorità costituite hanno torto eppur professano ragione.

Non di formulette o facili chimere c'è bisogno. Convinzione e Prospettiva, invece. Ragionarla e lavorarla insieme. Ripartire dai bisogni colla Lotta e col Lavoro. A ognuno dei Compagni il compito di ricostruire l'orizzonte lì dove altri hanno seminato le macerie. E farlo insieme e nuovamente. Nell'Unità come valore cui guadagnarsi e guadagnarsi ancora. Nessun unanimismo di facciata nè "gouchismo" senza base.

Noi donne e uomini di MILITANZ, Compagne e Compagni nella Lotta e da essa resi tali, diciamo solo ciò che pensiamo, proviamo a fare ciò che diciamo, pensiamo come viviamo. E nuovo sarà il grido di guerra e di vittoria.
No. Nessun facile entusiasmo. Solo la forza della nostra Ragione iscritta già nella giustezza della nostra Causa. E la Liberazione venne in Primavera. E Primavera già ci attende, oltrepassato il grande inverno.

Avanti, Compagni tutti! Non un passo indietro.

"A chi esita Dici:
per noi va male. Il buio cresce. Le forze scemano. Dopo che si è lavorato tanti anni noi siamo ora in una condizionepiù difficile di quando si era appena cominciato. E il nemico ci sta innanzi,più potente che mai.sembra gli siano cresciute le forze. Ha presouna apparenza invincibile. E noi abbiamo commesso degli errori, non si può mentire. Siamo sempre di meno. Le nostre parole d'ordine sono confuse. Una parte delle nostre parole le ha stravolte il nemico fino a renderleirriconoscibili. Che cosa era errato ora, o falso, di quel che abbiamo detto? Qualcosa o tutto? Su chicontiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respintivia dalla corrente? Resteremo indietro, senzacomprendere più nessuno e da nessuno compresi? O contare sulla buona sorte? Questo tu chiedi. Non aspettarti Nessuna risposta. Oltre la tua."

“Non dimenticarlo mai: ora non è il momento adatto per vincere, ma per combattere le sconfitte”
(Bertold Brecht)

martedì 22 aprile 2008

PUNTI DI VISTA/1

Taccuino di viaggio/7 dal Venezuela.
Punti di vista di un Compagno in viaggio alla scoperta di "un altro mondo possibile".

Caracas, lunedí 21 Aprile 2008

Il tracollo elettorale delle forze che si definiscono progressiste che in Italia hanno perso qualsiasi rappresentanza istituzionale in elezioni democratiche nei due rami del parlamento per la prima volta dal 1882 - pur considerando prioritaria nella loro attivitá politica la battaglia elettorale - deve necessariamente smuovere un processo di autocritica a tutto tondo e senza infingimenti se il loro interesse é recuperare un minimo di riconoscimento nella societá civile.

Negli ultimi ultimi 15 anni, da quando è stato lanciato il movimento per la rifondazione comunista dopo la trasformazione del PCI in PDS, il PRC non ha fatto alto che perdere progressivamente il proprio peso specifico e la propria incisivitá nella societá. È interessante notare che nel progressivo avanzavamento della decandenza del partito dal punto di vista del riconoscimento di massa si é assistito ad un proporzionale disarmo ideologico da parte della dirigenza.

Il concetto leniniano di imperialismo veniva messo da parte, dichiarato superato, facendo forza sulle suggestioni moderniste di intellettuali vecchi e nuovi, nello stesso momento in cui in Americalatina si andavano rafforzando movimenti antimperialisti, il concetto gramsciano di egemonia veniva progressivamente accantonato giustificandolo con la necessitá di formare un tutt’uno con i movimenti sociali senza cercare di ‘egemonizzarli’, l’esaltazione dei principi gandiani della non violenza scalzavano la teoria rivoluzionaria, la forma partito ‘classica’ veniva considerta superata, il protagonismo della classe operaia ridicolizzato, alla ricerca di un ‘nuovo’ non meglio specificato e conosciuto, tutto da scoprire, il ‘potere’ é stato degradato allo stato di una brutta parola, scomoda, da non pronunciare.Le teorizzazioni dell’‘antipotere’ e - nel migliore dei casi - di un non meglio specificato ‘contropotere’ prendevano il sopravvento ideologico su tutto.Il concetto di avanguardia, il lemma stesso, non poteva essere esplicitato, pena il torcersi di nasi ormai abituati ad annusare le poltrone dei salotti buoni di una ‘societá civile’ ambigua ed equivoca.La logica del perbenismo, del ‘non esistono piú i nemici di classe, al massimo gli antagonisti politici’ ha egemonizzato l’ideologia di un partito che si definiva comunista.

Oggi l’esistenza di quel percorso stesso di rifondazione comunista è totalmente eluso dalla maggior parte di color che lo intrapresero, cancellato, come se non fosse mai esistito, e da piú parti avanzano proposte sull’ennesima ambiguitá di una non meglio specificata sinistra europea.Alla luce dei fatti, le teorizzazioni di coloro che denunciavano la deriva di un processo, il ruolo nefasto di una direzione politica che a parole si voleva erede del movimento operaio e comunista, la quale si é dimostrata soggettivamente responsabile del disarmo ideologico ed egemonico di quel movimento sulla societá civile - gramscianamente intesa - hanno dimostrato di non essere del tutto peregrine, anzi.

Checché ne pensino i teorici del ‘nuovismo’, la differenza tra avanguardie e masse popolari ha dimostrato la propria ragione di essere, la propria concretezza; queste due, infatti, non ragionano nello stesso modo, e non si puó nemmeno stigmatizzare il popolo per le sconfitte che sono totalmente ascrivibili a coloro che si pretendono avanguardie, nella misura in cui hanno responsabilitá di direzione politica, ma che negano ipocritamente sul piano ideologico, questo imprescindibile concetto.Le larghe masse non potranno mai essere attratte da coloro che da una parte si dicono pacifisti e non violenti e da un’altra fanno spallucce mentre si mandano soldati a massacrare popolazioni in Afghanistan, Somalia, Libano etc, compartecipando in governi che aumentano le spese militari, continuano ad abbracciare le logiche di mercato e liberiste e che decidono di presentarsi ‘uniti’ alle elezioni solo dopo che i liberisti conseguenti della coalizione dichiarano di non voler piú avere a che fare con la ‘sinistra’ del precedente schieramento.

Le masse, la classe operaia – tra l’altro misconosciuta e minimizzata – percepiscono la coerenza diretta ed immediata tra il dire ed il fare. In natura il vuoto non esiste; se coloro che dovrebbero mobilitare i movimeni popolari su posizioni rivoluzionarie, decidono di non farlo, o semplicemente si dimostrano incapaci di farlo, é inevitabile che la reazione corra ad occupare quello spazio lasciato vuoto da altri; la storia insegna, ma evidentemente non ha molti discenti.In Italia, non a caso, accade l’esatto opposto che sta accadendo qui in Venezuela; mentre c’é chi pretende di riscrivere i libri di storia in Italia perchè sono troppo ‘partigiani’ e Gramsci viene o svuotato del suo contenuto, o piú banalmente gettato nel dimenticatoio in Venezuela si stampano e si diffondono gratuitamente libri su Gramsci e Lenin per l’alfabetizzaizone politica di massa.

Mentre il governo bolivariano esalta il ruolo da protagonista della classe operaia, in Italia, potenza economica, industriale, si versano lacrime di coccodrillo per i quattro morti al giorno sul lavoro e le televisoni inondano l’etere di pietismo ipocrita mentre la ‘sinistra’ non si sposta di un millimetro dalla logica del signorile ‘politically correct’.Mentre il governo bolivariano trasforma tutto il paese in una scuola e sottolinea la necessitá di affrontare il nodo della questione del potere per costruire l’alternativa socialista, in Italia certa cosidetta sinistra quasi teme di parlare di socialismo e di discutere di proprietá dei mezzi di produzione. Mentre alla radio venezuelana Wladimir Acosta denuncia il carattere nazista del Vaticano e del signor papa, in Italia una critica di questo genere fatta pubblicamente non è nemmeno lontanamente immaginabile.C’è da meravigliarsi in queste condizioni che partiti fascisti, razzisti e xenofobi prendano il sopravvento?

Gramsci scrisse i suoi quaderni per analizzare il dominio della borghesia ed investigare le ragioni della sconfitta dell’epoca, nell’intento di evitare futuri rovesci nelle successive crisi rivoluzionarie. Non sará giunto il momento di cominciare a fare altrettanto?

Taccuino completo: http://napoli.indymedia.org/node/3669

mercoledì 16 aprile 2008

NESSUNO OSI RIBELLARSI!?

CONTRO LA REPRESSIONE ATTIVA E PREVENTIVA
LOTTA E AUTORGANIZZAZIONE
PER UN NUOVO PROTAGONISMO STUDENTESCO

In questo periodo lo Stato è impegnato in una completa ridefinizione del suo assetto neocorporativo e borghese. Da un lato ristrutturazione del lavoro in termini di incremento delle soglie di ricattabilità e precarietà dei soggetti di classe, “compatibilizzazione” dei segmenti di resistenza sociale a quel progetto e restrizione dei margini di agibilità politica, democratica, sindacale o anche semplicemente di vivibilità di settori di massa sempre più larghi; dall'altro, costruzione dello “Stato forte”, esercito professionale organizzato – in funzione aggressiva verso l'esterno e in funzione antiguerriglia, “emergenza” e tutela dell’ordine costituito all'interno del Paese – polizia segreta e coordinamento degli organismi della repressione sul piano immediatamente europeo.

Si sviluppano, così, momenti di scontro fra chi si pone quotidianamente il problema di sostenere il conflitto da un punto di vista non compatibile con detta ridefinizione, chi individua e sostiene terreni di lotta e resistenza ai piani di precarizzazione di vita e d’esistenza propri alla disciplina sociale imposta dal Capitale, chi garantisce la memoria praticata delle lotte passate, da una parte, e la controrivoluzione permanente e la repressione attiva e preventiva che punta a “stemperare” le sacche di resistenza sociale “compatibilizzandole” al Sistema, dall'altra.
Di questo tipo di operazioni ne è piena la cronaca di tutti i giorni. Di quanto, cioè, le operazioni che la repressione porta a termine non siano azioni giuridiche contro singoli avvenimenti, ma vengano decise in campo apertamente controrivoluzionario per fungere da deterrente alle lotte; per creare isolamento di quei settori e situazioni che le portano avanti in maniera radicale; per costituire una minaccia all'incolumità di chi le sostiene; per garantire allo Stato il monopolio assoluto dell'informazione su quel che avviene in tal senso e della “violenza legalizzata” che ne promana e poi dispiega.

La stessa Università, storicamente bacino di reclutamento potenziale di soggettività politiche antagoniste e determinazione di un importante settore – quello studentesco, appunto – della resistenza sociale di movimento, diviene, ad oggi, uno dei principali teatri di “ristrutturazione neocorporativa” funzionale alle esigenze di classi dominanti ed al mercato e, di conseguenza, terreno immediato di repressione preventiva in funzione antisociale.
La riforma universitaria, pensata in termini di “aziendalizzazione” progressiva dei tempi e dei modi dello studio, disarticola i momenti ed i luoghi di libera socializzazione consapevole di saperi ed intelletti. Sostituisce la “vecchia” figura del discente con quella del precario in formazione inabile alla lotta. Minaccia l’identificazione stessa dello studente come soggetto collettivo, nella misura in cui lo riduce a mero segmento atomizzato di forza-lavoro intellettuale subalterno ai meccanismi di produzione e riproduzione immateriale del Capitale globalizzato.

Alla luce di tutto ciò, la (ri)costruzione di terreni, forme e luoghi di autorganizzazione sociale degli studenti, quale mezzo di ricomposizione collettiva consapevole e cosciente, risulta necessità non ulteriormente prorogabile. La determinazione politicamente rinnovata di un segmento sociale collettivo che si opponga alla repressione preventiva del dissenso e della critica sociale quale esercizio del libero pensiero critico e creativo, misura e forma di resistenza organizzata ai piani di “ristrutturazione” capitalistica di Scuola ed Università e conseguente disarticolazione del sapere. L’irruzione del soggetto studentesco in termini di forza sociale cosciente e collettiva, esercizio di rivendicazione attiva della propria identità e protagonismo nella determinazione dei diritti ad essa collegati, in loro difesa, per la loro (ri)conquista.

giovedi 17 aprile 2008
ASSEMBLEA PUBBLICA
presso CSOA FILO ROSSO ore 17.00
Università degli Studi della Calabria (UniCal)
Zona Polifunzionale

Intervengono:

FRANCO PIPERNO (Docente UniCal)
ANTONIO CAMPENNì (Comitato LiberiTutti)
CARMELO SERGIO (Militanz UniCal)
MAURIZIO AZZARA (Giornalista)
IGOR PAPALEO (Militanz CdP)

Collettivi Politici
MILITANZ UniCal e MILITANZ CdP
per l'Autorganizzazione sociale

martedì 15 aprile 2008

POLITICHE 2008. QUANDO IL MEN PEGGIO PREPARA IL PEGGIO

Fin dalle elezioni del 2006 concreto si è disvelato il rischio di avere il prosieguo della politica berlusconiana seppur “senza” Berlusconi. Un Governo – quello Prodi – presunto “di sinistra”, con al carro la 'siddetta “sinistra radicale” è riuscito lì dove il Governo di destra aveva fallito: “calmierare” il conflitto sociale senza per nulla affrontare reali problematiche sociali, insistere nella deriva liberista senza tutela sociale alcuna, provare a “disarmare” le sinistre, quelle vere, quelle dei movimenti, delle lotte sociali, della lotta di classe.
Usando lo spauracchio del pericolo del ritorno della destra al potere, detto rischio si è dimostrato ancor più grave proprio nel suo concretizzarsi: liberismo sfacciato ed incremento inaccettabile delle soglie di precarizzazione del Lavoro, rifinanziamento delle missioni militari all'estero e allargamento delle basi militari presenti sul territorio nazionale, attacco progressivo alle condizioni di vita e di lavoro delle fasce popolari, culto del padronato, riconferma in blocco delle presunte “politiche di sviluppo” sebbene affatto compatibili con la tutela di ambiente e territorio (dalla TAV allo scandalo internazionale legato all' “affare rifiuti” in Campania), sottomissione agli imperativi categorici del Vaticano, assunzione dei cosiddetti poteri forti del nostro Paese e dei loro terminali europei come sorta di occulta regia della politica strategica e d'indirizzo economico del “Sistema Italia”. Il tutto in un rinnovato clima di revisionismo storico tutto teso alla criminalizzazione diretta di chi ha provato, nei due anni di governo Prodi, a porre argine alla disarticolazione complessiva dello stato sociale del nostro Paese. Ha provato a dimostrare, nel vivo delle lotte, che i lavoratori non hanno “governi amici” se non il loro stesso autogoverno. Ha provato a dissentire “da sinistra” nella convinzione che la “logica stessa del men peggio”, nel nostro Paese, ha sempre, storicamente, preparato “il peggio” e che “peggio di un governo di destra può essere solo un governo di sinistra che opera come un governo di destra!”
E poi ancora: scippo del TFR e innalzamento dell'età pensionabile; l'indulto per i padroni per i reati commessi ai danni della salute dei lavoratori in barba al triste primato italiano nella “guerra del lavoro” – che consta mediamente di quattro omicidi al giorno sui luoghi di lavoro – su cui il rogo alla ThyssenKrupp ha squarciato per un solo attimo il “velo di Maya”, ma senza provocare, purtroppo, mutamento alcuno; la rinnovata caccia all'immigrato nero, romeno o rom; nuovi “decreti-sicurezza” di stampo chiaramente fascista; nomina – una su tutte! – del sig. De Gennaro, ovvero il principale responsabile delle violenze perpetrate a Genova nel 2001, a “comandante della monnezza” in Campania; nuovo vertice del G8 nel 2009 imposto alla Maddalena, in Sardegna.
Catastrofismo? Terrorismo psicologico? Vittimismo di sinistra? Nient'affatto. Dati di fatto, invece. Dati che pesano come non mai sulle condizioni già precarie della classe e del popolo lavoratore tutto. Dati che danno la misura della rinnovata "convergenza parallela" tra le diverse frazioni degli interessi dominanti, alla ricerca di una "stabilità di governo" quale diretto e rispettivo comitato d'affari tutto improntato alla tutela dei privilegi classisti della borghesia, media e grande, del nostro Paese. Dati che, ad oggi, riportano al Governo Berlusconi, in nome e per conto di una sostanziale continuità colla stessa linea generale di capitalizzazione dei servizi sociali essenziali sia pur diversamente declinata attraverso i governi borghesi degli ultimi 15 anni.

No. Non è il solito discorso proprio ai benpensanti di sinistra circa il “ventre molle e di destra” dell’Italia. La questione, invece, è che se la “sinistra” avesse avuto la metà della decisione di Berlusconi nel proporre un progetto strategicamente alternativo fondato sulla difesa del lavoro e degli interessi di classe, forse oggi discuteremmo di un risultato diverso. Significativamente diverso.
E invece non è stato così. Una campagna elettorale “in door”, lontano dalla piazza – se non nella logica delle storiche ‘siddette “vacche di Fanfani” – tutta tesa a rincorrere voti a centro, quel centro paludoso e ambiguo eppur (considerato) determinante a fini elettorali(!) ha fatto sì che operai, lavoratori, casalinghe, studenti, non trovassero un punto di riferimento stabile e sicuro in una sinistra di per se stessa instabile e insicura. Non trovassero sponda di rappresentanza politica diretta e direttamente impegnata nella tutela delle istanze sociali ad essi proprie. Più in generale, il costante lavorio antisociale del centrosinistra ormai già storico, dagli anni dei suoi governi sino ad oggi, nell’ora del ritorno a formale opposizione, quel lavorio di “compatibilizzazione” dei conflitti sociali nell’ordine di mediazioni tra le parti sempre più favorevoli alla proprietà di Capitale, quel lavorio di dissipamento, per esigenze di classi dominanti e di mercato, del grande patrimonio di lotte e di conquiste conseguite con anni di dure mobilitazioni popolari, quel lavorio di detonazione del potenziale esplosivo di ulteriori conflitti sociali utilizzando il Sindacato confederale come sorta di “cinghia di trasmissione all’incontrario” in funzione pacificatrice, ha modificato la ragione sociale stessa di quella compagine politica che, seppur nella sua denominazione “di sinistra”, si è resa pienamente organica al blocco della borghesia, corrompendo e confondendo ulteriormente masse politicamente sempre più distanti ed incerte e, quindi, sempre più preda della demagogia populista delle destre.
Oggi, in un quadro politicamente desolante, dato anche da “ridefinizioni” geopolitiche operate ad esclusivo appannaggio degli interessi di casta delle burocrazie dei partiti, non possiamo non porre, a nostro avviso, il problema della mancata rappresentatività delle reali istanze di classe. Per noi, non certo astensionisti di principio, l'autonomia di classe, intesa appunto come autonomizzazione reale e in prospettiva delle sue istanze rivendicative e di rappresentanza diretta, si è presentato e imposto come un ineliminabile passaggio strategico di fase, misura della (ri)organizzazione del conflitto. Una necessità oggettiva. Un'urgenza. Al fine di ricontrattare i termini di una battaglia generale e da generalizzare in progressione che non può esser ricondotta al gioco di contrappesi e rimpiattini così propri agli scranni in Parlamento. Oggi a maggior ragione. A fronte dell’inesistenza parlamentare di qualsivoglia tipo di “sinistra”.

Nella dialettica ben perben dell’alternanza borghese di governo scatta, infatti, il gioco delle parti: c’è chi, erigendo la sua mediocrità a sua grandezza, con una campagna mediatica massiccia violenta ed offensiva, ha recuperato la “leva di comando” imponendo distacco di 9 punti almeno sui principali inseguitori e chi, incapace di interpretare ed incentrare la campagna elettorale sui problemi reali della gente e rassegnandosi, invece, ad inseguire l’avversario(?) sul suo stesso terreno di spettacolarizzazione e di menzogna, glie l’ha permesso.

E così il PDL, al carro (carroccio?) della Lega, vince e poi stravince: percentuali bulgare in Veneto, pesantissime adesioni in Lombardia, forte affermazione persino nel Piemonte provinciale, cioè quanto di più lontano esista dal “berlusconismo” cialtrone e bugiardo. Sorpresa? Delusione forse, ma non sorpresa. Del resto tale e sempre tale è stata la scelta che si rinnova ogni qualvolta sono in gioco gli interessi, i privilegi, i soldi dell’Italia borghese. Un voto conservatore, più provinciale che metropolitano, con aspetti storicamente diversi: un tempo liberale, poi fascista, clericale, manageriale o finanziario ma sempre nello stesso segno d’immutabile obiettivo, dato dalla difesa parassitaria delle rendite dei ricchi e dall’inganno costante (falsa coscienza) di chi è povero eppur si sente ricco o vorrebbe esserlo e, magari, si compiace del padrone in quanto tale. Proprio così, quello stesso voto che negli anni Venti preferì il Fascismo alla Democrazia, quello che dagli anni Quaranta in poi si rifugiò sotto la scudocrociato democristiano, quello storicamente contrario all’emancipazione dei lavoratori poiché storicamente “terrorizzato” dal Comunismo. Sorpresa, dunque? Sorpresa solo per coloro che “ancora” si sorprendono dello scoprire una borghesia nazionale sempre uguale a se stessa, di un’Italia dalla “zona grigia” poiché memore della rivelazione della pochezza della sua classe dominante, o per coloro che riscoprono oggi l’urgenza di conservazione d’un Paese, quello reale, progressivamente più povero e desiderante, che si aggrappa a ciò che ha e sente il suo benessere, seppur fittizio e falso, minacciato da qualsivoglia trasformazione radicale, giacché da anni eroso da politiche di “sacrifici necessari”. Sorpresa, in definitiva, solo per coloro che, per miopia o tacito consenso, non hanno voluto o non hanno saputo cogliere il carattere strumentale di un sistema elettorale fermo al ritorno ad un proporzionale partitocratico drogato da liste bloccate da candidati forti già matematicamente eletti e restanti riempilista, che ha reso impossibile una campagna elettorale con e tra le masse, per la gente, nei quartieri, surrogando, invece, agli elettori in carne ed ossa, mere cifre matematiche, valori numerici di percentuali date in sé o indici d’ascolto TV ad esclusivo uso, consumo e abuso del protagonismo salottiero di politicanti di professione. Signori e signorotti che hanno fatto della politica un lavoro, fuori e contro la politica del Lavoro.

Dopo due anni di Governo Prodi e il suo fallimento misero e annunciato, dopo la colpevole subalternità della "sinistra radicale" di governo ed il fallimento di qualsivoglia ipotesi riformista, dopo le sottili e sottese "larghe intese" tra i partiti maggiori, dopo la riabilitazione dei rigurgiti fascisti che trovano oggi nuova "agibilità democratica" in beffa ai reali movimenti di lotta colpiti dalla pesante repressione dello Stato (dalle condanne per i fatti di Genova 2001, in occasione del vertice del G8, a quelle di Firenze 1999 per le mobilitazioni contro la guerra in Jugoslavia, da quelle per i fatti di Napoli 2001 per il Global Forum alle sempre più frequenti carcerazioni preventive e cautelari come quella, esemplare, inflitta a Mek, Michele Fabiani, nostro amico e poi compagno) dopo il più complessivo restringimento degli spazi di agibilità democratica e sindacale, il quadro istituzionale risulta avvelenato e impraticabile più che mai.
Persino i tentativi di "promozione identitaria" posti in essere dalle formazioni a sinistra dell'Arcobaleno, com’era prevedibile, sono risultati più testimoniali che non altro, astrattamente collocati e, in definitiva, insufficienti, nella misura in cui non collegati ad un reale processo di ricomposizione unitaria tanto delle soggettività di classe, sì come determinate dalla nuova divisione internazionale del Lavoro, quanto delle avanguardie di lotta e di lavoro, proprio perché ad esse tendenzialmente estranee, dato il mancato lavoro di preliminare costruzione di un significativo impianto di classe, radicamento sociale, pubblica riconoscibilità.

La nostra distanza, dunque, dal quadro delle presunte "rappresentanze" che si sono oggi candidate alla guida del Paese è massima, come massima è la repulsione oggi per ogni ipotesi di rappresentanza per delega degli interessi di classe. A chi ci dice: "non schierandovi con la sinistra – genericamente intesa – avete contribuito al ritorno di Berlusconi", rispondiamo fin d'ora che solo il recupero di pratiche di reale autorganizzazione sociale, la determinazione di istituti di autocontrollo popolare (dai comitati di scopo alle più generali e organizzate consulte), la liberazione di spazi sottratti alle logiche stesse della disciplina sociale capitalista, rappresenta la base concreta per opporre alla destre un'Alternativa di Sistema e di Potere.
Bieca propaganda? Mere dichiarazioni d'intenti? Retoriche petizioni di principio? No di certo! Pratica costante, invece e seppur nei limiti iscritti nella nostra stessa categoria del possibile, di un modello di società alternativa, rifondata sul rigetto della spirale produzione-consumo, da fondarsi fuori e contro le "compatibilità politiche" di una democrazia malata e terminale.

Non lasceremo certo a chi ha fatto delle sue contraddizioni la norma generale del suo stesso sistema politico, di produzione e riproduzione sociale, puntare il dito contro le scelte di coraggio e di fermezza, di orgoglio e dignità, di radicalità praticata e militante, di ha rimesso la delega alla Lotta! Nostra convinzione resta che “il moderatismo” (o una rappresentanza politica fosse stata pure per "men peggio"!) sia oggi un lusso che possa permettersi solo chi ha, di fatto, le spalle parate…

Come Collettivi Politici MILITANZ per l'Autorganizzazione sociale altro non facciamo che confermare il nostro impegno per l'intensificazione del conflitto di contro gli interessi classisti di classi dominanti e mercato sì come rappresentati, come fronde fintamente contrapposte, tanto dal PDL che dal PD ed a prescindere dall’esito elettorale ultimo.
Altro non abbiamo fatto che rigettare tanto gli appelli falsamente unitari e presunti "voti utili"(?), quanto i tentativi, più o meno identitari e seppur legittimi, di tentata "compresenza" nell'alveo della democrazia formale, parlamentarista e borghese.
Altro non continueremo a fare che lavorare alla generalizzazione della lotta contro i meccanismi stessi dell’attuale produzione e riproduzione sociale, le loro proiezioni ideologiche e sovrastrutturali, le loro manifestazioni politiche e partitiche.
Pur non rimuovendo affatto la "questione della rappresentanza" che, a nostro avviso, necessita di ulteriori e più approfonditi momenti di scomposizione e ricomposizione determinati nel vivo delle contraddizioni reali e delle lotte, ci dichiariamo, oggi, fuori da ogni "cartello d'artifizio" sì come proprio ad operazioni di mera "ingegneria politica istituzionale".

Lo scorso 13-14 aprile 2008, MILITANZ non ha sostenuto alcuna lista. Non ha dato indicazione di voto alcuna, dunque. Nella convinzione che qualsiasi fosse stato il governo eletto dalle urne della tornata appena scorsa non sarebbe stato il "nostro" governo, giacché non sarebbe stato affatto un governo dei lavoratori né, tanto meno, per i lavoratori. Esattamente quanto accaduto, con la pesante “svolta” a destra ed un'“opposizione”(?) in parlamento che certo di sinistra non sarà poiché già allo stato non lo è.
Resta, invece, la piena nostra disponibilità ad alleanze tattiche e di fase e, ancor meglio, alla costruzione di ampi fronti e patti unitari tematici con chi è intenzionato, con noi e come noi, a lavorare per potenziare il conflitto di classe, promuoverlo laddove sconta difficoltà organizzative, renderlo anima e motivazione portante della ricostruzione di un blocco autonomo di classe che, direttamente, rappresenti le sue istanze e convinzioni.

In conclusione, non sono state né saranno le elezioni, a nostro avviso, il terreno principale ed immediato dell'intervento politico a noi proprio, per cui fermo resta il nostro augurio che invece di gridare allo scandalo di un mancato blocco elettorale o una preferenza non espressa in questa fase, ci si concentri per il rafforzamento di posizioni apertamente rivoluzionarie da dispiegare nella pratica delle lotte che già ci attendono.
È sul terreno delle lotte e non su quello elettorale, dunque, che bisogna far convergere la sinistra vera, quella di classe e combattiva. E così renderla autonoma ed autorganizzata.
Nostro compito crediamo sia non certo quello di limitarsi all'agitazione sul terreno strettamente sindacale o trade-unionista, men che meno alla sola propaganda di intenti e di principi. Nostro compito, compito dei comunisti in questa fase storica, è e resta quello di approfittare delle faville di coscienza politica accese nelle masse dalla lotta economica corrente per trasformare dette faville in coscienza politica rivoluzionaria.
La via della Lotta, dunque, l'unica che paghi. Certo la più difficile, eppure, ad oggi, l'unica percorribile.

domenica 13 aprile 2008

ITALIA, REAGISCI!

Nella dialettica ben perben dell’alternanza borghese di governo, oggi, 13-14 aprile 2008, l'Italia torna alle urne! Col solito gioco delle parti: c’è chi, avendo eretto la sua mediocrità a sua grandezza, con una campagna mediatica massiccia, violenta ed offensiva, vorrebbe "riaccreditarsi" agli occhi del Paese come "rinnovato salvatore della Patria" e chi, incapace di interpretare ed incentrare la campagna elettorale sui problemi reali della gente e rassegnandosi, di fatto, ad inseguire l’avversario(?) sul suo stesso terreno di spettacolarizzazione e di menzogna, gliel’ha permesso; c'è chi preferisce ancora fare il "Sud della Baviera" che non il "Nord Italia" e chi propone il "Kamasutra" in Parlamento; chi sogna giunte militari alla guida di Regioni e del Governo e chi si professa "comunista senza macchia" e prova a farlo.

Presumibilmente, com'è - ahinoi! - "ragionevole" supporre e prevedere in base ad un sistema elettorale fermo ad un proporzionale drogato da sbarramento e premio di maggioranza per liste bloccate da candidati già in odore di elezione e restanti riempilista, le vecchie e nuove "convergenze parallele" faranno prima specie e poi Governo...

Tutti a centro, dunque! Tutti insieme candidati alla guida del Paese per fare dell'Italia un Paese "democratico" e "delle Libertà" all'unisono, "della famiglia" seppur ormai "senza famiglia", un po' "fascista" e un po' "progressista" ed entrambe le due cose insieme. Tutti insieme come "nuova forza" di un Paese che cambia come cambia il vento e Sciascia insegna: "cambiar tutto per non cambiare affatto"! Forza centripeta (il ritorno) bandiera (bianca) dell'unità della nazione.

Tutti insieme, appassionatamente! Tutto come un tempo mai trascorso! Tutti uniti come un sol uomo a "larghe intese"! Come un solo uomo al di sopra delle parti! ...Come una Cupola...

"Buon voto" a tutti coloro che ancora hanno e si rivendicano la capacità di indignarsi e reagire.


giovedì 10 aprile 2008

1948-2008: SESSANTA ANNI DI RESISTENZA PALESTINESE!

"Io non ritengo che uno Stato che mantiene un'occupazione, commettendo giornalmente
crimini contro civili,
meriti di essere invitato
ad una qualsivoglia settimana culturale.
Ciò è anti-culturale;
è un atto barbaro mascherato da cultura
in maniera cinica.
Manifesta un sostegno ad Israele, ed io non vi voglio partecipare"

(A. Shabtai, poeta israeliano)

2008 ANNO DELLA PALESTINA
BOICOTTATE LA FIERA DEL LIBRO DI TORINO

Appello dell' UDAP (Unione Democratica Arabo Palestinese)

Nella città di Torino si organizza ogni anno la fiera del libro internazionale. E' una manifestazione culturale prestigiosa. Quest' anno nel periodo fra l'8 e il 12 maggio 2008, Israele sarà l'ospite d'onore della fiera e nell'occasione ci sarà una cerimonia per i 60 anni della fondazione dello Stato d'Israele. In Italia è in atto una campagna di boicottaggio della fiera da parte di scrittori, case editrici e semplici persone a favore della pace e della giustizia. A questa campagna partecipano tanti comitati e associazioni che solidarizzano con il popolo palestinese e che vogliono ricordare al mondo che l'entità sionista ancora commette crimini e conduce una guerra di pulizia etnica da 60 anni nei confronti del popolo palestinese.

Parteciperà alla fiera di Torino, un gruppo di scrittori sionisti molto coccolati in Europa che rappresentano un strumento di propaganda per il sionismo oltre a condurre una grande campagna di mistificazione di fronte all'opinione pubblica europea con la scusa di lavorare per la pace è sono: David Grossmann, Amos Oz e Abram Yeoshua. Il poeta ebreo Aharon Shatta ha rifiutato la partecipazione alla fiera e ha chiesto di annullare il suo nome dall'elenco degli invitati considerando Israele un'entità razzista che lui non vuole rappresentare in alcun modo.

Si sta lavorando per organizzare una fiera del libro parallela in solidarietà con il popolo palestinese e i popoli oppressi e per smascherare la propaganda sionista nella città di Torino. Chiediamo agli scrittori, giornalisti italiani, palestinesi e arabi di boicottare la fiera del libro di Torino, come chiediamo agli scrittori che hanno avuto libri tradotti o pubblicati in Italia, di fare pressioni sulle loro case editrici affinché boicottino la fiera. Smascherare il sionismo e la sua propaganda criminale è un dovere morale e umano per chi lotta per la giustizia e la pace.

mercoledì 9 aprile 2008

IL PROBLEMA NON E' LA PENNA...MA LA SPADA.

di Sergio Cararo

Chiunque disponga di un minimo di buonsenso o si sia preso la briga di leggere gli appelli per il “boicottaggio” della Fiera del Libro di Torino, non avrebbe tardato a capire che al centro del conflitto non sono gli scrittori israeliani né i loro libri. Chi, al contrario, ha concentrato su questo aspetto polemiche e dibattito, lo ha fatto in perfetta malafede o con grande superficialità. La dinamica della discussione e dei conseguenti anatemi, somiglia molto a quella messa in campo in relazione alla contestazione per l’intrusione “culturale” del Pontefice all’Università di Roma.

1. Innanzitutto ci sembra che la campagna di “boicottaggio” abbia prodotto un primo risultato. L’ambasciata e le autorità di Israele, non potranno utilizzare la Fiera del Libro come propria vetrina politica in occasione del sessantesimo della nascita del loro Stato senza che ciò produca opposizione e resistenza evidente anche all’opinione pubblica. Una parte dell’operazione - tutta politica - messa in campo per l’edizione della Fiera di quest’anno, è stata pubblicamente svelata e compromessa dall’azione pacifica ma determinata delle reti, associazioni, organizzazioni, centri sociali, intellettuali che non hanno abdicato alla solidarietà verso il popolo palestinese. Una prima verifica su questo la faremo all’indomani della prima manifestazione già convocata per il 29 marzo a Torino. Una seconda la faremo nella settimana di mobilitazione prevista in contemporanea con la Fiera stessa e che culminerà il 10 maggio con una nuova manifestazione nazionale a Torino.
Sarà in quei giorni che verificheremo concretamente se la Fiera del Libro tornerà alla sua dimensione naturale di incontro, marketing, scambi editoriali e culturali oppure sarà occupata politicamente e materialmente dagli apparati ideologici di stato (per dirla con Althusser) di Israele.

2. In secondo luogo, il dibattito sul “boicottaggio” nel nostro paese avviene in una sorta di vuoto pneumatico in cui i soggetti e l’oggetto del boicottaggio scompaiono insieme alla storia, ai processi reali, agli obiettivi e ai risultati delle azioni concrete.
Il ragionamento è semplice. I governi che si sono succeduti nello Stato di Israele in questi sessanta anni dalla sua nascita, hanno impedito materialmente e politicamente che nascesse lo Stato Palestinese. I fatti e le responsabilità sono evidenti a tutti. La Palestina come Stato non è potuta nascere perché un altro Stato (Israele) glielo ha impedito militarmente, economicamente e politicamente (con quel politicidio richiamato opportunamente da Kimmerling), dando vita ad una relazione di tipo classicamente coloniale tra Israele e i palestinesi dei Territori Occupati tuttora vigente ed anzi diventata ancora più brutale.
Dedicare a Israele per i sessanta anni dalla sua nascita un evento ufficiale come la Fiera del Libro di Torino, assumeva in sé come legittima questa vulnerazione della storia, del diritto internazionale e del diritto dei popoli, in modo specifico quello palestinese. Se questo dubbio o questa sensibilità, avesse sfiorato le istituzioni che animano la Fiera del Libro non si sarebbe arrivati a questa situazione. Né può essere accettabile a posteriori che gli scrittori o la cultura palestinese siano ammessi ancora una volta dalla “porta di servizio” ad un evento che celebra i sessanta anni dello Stato che ha negato ai palestinesi la terra, la libertà, l’identità, la dignità, l’indipendenza.

3. Infine, ma non per importanza, il boicottaggio nasce come sanzioni dal basso da parte della società civile di fronte all’inerzia o alla complicità dei governi e delle istituzioni internazionali predisposte per attuare sanzioni verso uno Stato che violi la legalità e i diritti umani e dei popoli.
Noi non abbiamo gli strumenti o la possibilità di far revocare l’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele siglato dal governo Berlusconi ma tuttora vigente, né possiamo far revocare le collaborazioni nel campo delle alte tecnologie tra Regione Lazio e Israele, né di far revocare i finanziamenti per le cure ai bambini palestinesi assegnati però alle strutture israeliane e non agli ospedali palestinesi dalla Regione Toscana. Tantomeno abbiamo la possibilità di mettere fine al vergognoso paradosso, per cui le uniche sanzioni internazionali adottate fino ad oggi sono state adottate non contro Israele ma contro la popolazione palestinese di Gaza già in emergenza umanitaria ancora prima dell’embargo adottato dall’Unione Europea (e dall’Italia).

4. Dunque se qualcuno – anche nella sinistra – ha paura delle parole, possiamo chiamare da oggi in poi il boicottaggio sanzionaggio. La forma sarebbe più rassicurante per alcuni, ma la sostanza e gli obiettivi rimangono i medesimi: ottenere attraverso una pressione internazionale crescente un cambiamento della politica di uno Stato e dei suoi governi nei confronti di una popolazione sottoposta a insostenibili violazioni dei propri diritti. Con il Sudafrica dell’apartheid questo modello ha ottenuto dei risultati decisivi. Nel 1989 – con Mandela ancora in carcere e il movimento antiapartheid reduce da una sconfitta dolorosa – nessuno di noi avrebbe immaginato che nel 1994 Nelson Mandela sarebbe diventato presidente del Sudafrica. Non solo, ma nessuno ha mai chiesto a Mandela e ai movimenti che nel proprio paese e nel mondo lo sostenevano di dare vita a due Stati: uno per i bianchi ed uno per i neri. Perché mai oggi dovremmo arretrare anche sulla prospettiva niente affatto utopica dello Stato unico per israeliani e palestinesi, uno stato laico, democratico, multireligioso? Anche su questo il dibattito si è finalmente riaperto. Chissà se si riuscirà a discuterne anche dentro e fuori la Fiera del Libro di Torino nei prossimi mesi. Vista così, la campagna di “boicottaggio” ha avuto il merito di porre al centro dell’agenda politica questioni decisive che erano state pesantemente rimosse anche nel nostro paese, anche dalla sinistra nel nostro paese.

lunedì 7 aprile 2008

MARX-ENGELS: OPERE COMPLETE

Marx - Engels
Opere Complete
vol. 22
La Città del Sole 2008

Pagine 960
Prezzo di copertina: 75.00 Euro

Ai soci Ccdp 60.00 Euro
Modalità di vendita
Altri libri disponibili ai soci Ccdp


- Testi sulla guerra franco-prussiana e la Comune di Parigi
- Marx, Primo e Secondo indirizzo sulla guerra franco-prussiana
- Engels, Note sulla guerra
- Marx, La guerra civile in Francia con i due abbozzi preliminari
- Scritti minori redatti da Marx ed Engels in nome dell’Internazionale
- Testi di Marx ed Engels sulla Conferenza di Londra dell’Internazionale (settembre 1871) e resoconti di terzi (dai verbali del Consiglio generale dell’Internazionale)
dei loro discorsi ed interventi durante la Conferenza
- Intervista a Marx del corrispondente di «the World»

Karl Marx-Friedrich Engels: Opere complete
Volume XXII -Luglio 1870-settembre 1871

Il volume è basato in gran parte sull’edizione critica delle opere di Marx ed Engels, MEGA2 che non è tuttavia ancora terminata. Per le parti in essa mancanti, è stata adoperata l’edizione più completa oggi disponibile dell’opera di Marx ed Engels, quella inglese Collected Works, poiché la maggior parte dei testi originali sono in lingua inglese (e solo in piccola parte in tedesco e in francese); è stata inoltre adoperata (ma solo in minima misura) l’edizione tedesca MEW.

Il volume XXII delle Opere di Marx ed Engels è composto di nuove traduzioni anche per quanto riguarda i testi già editi in lingua italiana, in cui il lessico si trova accordato secondo un medesimo criterio unitario. Le traduzioni sono infatti state eseguite da parte di un gruppo coordinato afferente alla cattedra di Storia della Filosofia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Al lettore è possibile attraverso esso farsi un’idea precisa della posizione teorica e politica di Marx ed Engels impegnati nell’organizzazione del movimento operaio internazionale nell’epoca della guerra franco-prussiana e della Comune di Parigi.
Il curatore del volume è Marco Vanzulli, autore di studi sul pensiero di Giambattista Vico (La scienza delle nazioni e lo spirito dell’idealismo. Su Vico, Croce, Hegel, Guerini e Associati, 2003; La scienza di Vico. Il sistema del mondo civile, Milano, Mimesis, 2006), studioso dell’opera di Marx e della tradizione marxista (scritti e curatele su Feuerbach, Labriola, Althusser).
La pubblicazione riprende, dopo una lunga interruzione, l’edizione integrale delle opere di Marx ed Engels in vista del suo completamento con i volumi ancora mancanti, che seguiranno a scadenza regolare, due per ciascun anno, a partire dalla primavera 2008. Il prossimo, in due tomi, sarà il I° volume del Capitale (con tutte le varianti successive alla prima edizione).
Il curatore è Roberto Fineschi.

Questa edizione si colloca all’interno della Ricerca “Gli esiti della filosofia classica tedesca: edizioni di Testi e Studi”, vertente su un programma critico-filologico di riproposizione della filosofia marxiana e di momenti fondanti della tradizione marxista, alla quale collaborano l’Università di Milano-Bicocca, l’Università degli Studi di Siena, l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia e l’Università degli Studi di Bergamo.

Il Comitato Scientifico è composto da: Gian Mario Bravo (Presidente Onorario), Mario Cingoli (Presidente), Maria Luisa Barbera, Riccardo Bellofiore, Bruno Bongiovanni, Stefano Bracaletti, Giuseppe Cacciatore, Roberto Fineschi, Fabio Frosini, Antonio Gargano, Emilio Gianni, Augusto Illuminati, Domenico Losurdo, Sergio Manes, Alessandro Mazzone, Vittorio Morfino, Luca Pinzolo, Maria Turchetto, Marco Vanzulli, Ferdinando Vidoni.
Con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli studi Filosofici.

segnalazioni resistenti - libri - 27-03-08 - n. 221

NO ALL'ESTRADIZIONE DI ANVI ER E ZEYNEP KILIC

Il 10 aprile prossimo la Corte d’Appello di Sassari si pronuncerà sull’estradizione in Turchia di Avni Er e Zeynep Kilic.

Avnvi e Zeynep tramite il loro sito Internet, da Perugia, svolgevano lavoro di controinformazione e di denuncia sulle violazioni di diritti umani sistematicamente perpetrate dal governo del loro Paese, la Turchia, a danno di oppositori politici e minoranze etniche non riconosciute come tali.
Anvi e Zeynep non hanno commesso alcun atto di violenza, nessun crimine se non la libera informazione e l'esercizio del libero pensiero critico. Ciononostante, sono stati condannati a 5 e 7 anni di reclusione dalla magistratura italiana. Il dimesso Ministro della Giustizia Mastella, prima di "uscire di scena", tra l'altro, ha dato diretta disposizione, col consenso del Governo uscente tutto, per l'estradizione dei prigionieri. Estradizione verso la galera turca, verso, cioè, la tortura e la morte certa. Lottare contro l'estradizione di Avni e Zeynep significa lottare in difesa delle libertà democratiche, contro ogni forma di fascismo, contro la persecuzione dei comunisti, dei rivoluzionari e dei progressisti; significa in definitiva lottare contro le barbarie del sistema capitalista, unica vera causa dello sfruttamento, della miseria e delle guerre.
Invitiamo, pertanto, tutti a promuovere iniziative per denunciare il criminale tentativo dello Stato italiano che, in disprezzo delle sue stesse leggi e delle leggi europee, sta per consegnare degli oppositori politici nelle mani dei loro torturatori ed aguzzini.
Pubblichiamo, qui di seguito, una lettera di Anvi e Zeynep datata 1 aprile 2008. Una lettera di testimonianza e denuncia insieme. Una lettera di speranza.

Nugoro 1/04/2008

"Cari compagni, come sapete noi siamo comunisti e veniamo dalla Turchia, 4 anni fa sono stato arrestato con la mia compagna Zeynep. Il nostro “crimine” è di aver denunciato i maltrattamenti e le torture nelle carceri turche, di aver denunciato le violazioni dei diritti umani e di aver espresso l’idea di indipendenza, uguaglianza, e giustizia nel mio paese. Abbiamo denunciato questi fatti a tutti nel mondo e siamo stati “condannati”. In più lo stato italiano ci vuole estradare nelle mani dei carnefici fascisti in Turchia.

Cari compagni, il nostro “crimine”è di aver difeso la dignità dell’umanità. Noi commetteremo questo reato anche in futuro con lo spirito internazionalista! Cari compagni, da dove veniamo? Che tipo di terra è la Turchia? Perché i Popoli si ribellano da anni e anni?

Non vi voglio raccontare tutta la sua storia, vorrei raccontare solo quella recente.

La Turchia è un mosaico di popoli. Da anni e anni i popoli turchi, curdi, arabi,.., armeni hanno cercato di vivere insieme. Però i governi sciovinisti, razzisti e l’esercito hanno sempre diviso i popoli. Forse vi ricordate il genocidio degli Armeni nel 1915, dei curdi nel 1920-1923, 1938 fino a oggi. Questi sono solo degli esempi.

Come abbiamo sempre denunciato, la Turchia è un paese, dove il potere è nelle mani dei militari che applicano la regola “universale” dei sovrani “dividi e governa” e stanno creando un ambiente sciovinista contro le etnie dell’Anatolia, tant’è che oggi è diventata una vera “caccia alle streghe” contro i curdi, gli armeni, i cristiani, gli alevì ecc., cioè tutte le etnie, le religioni e le diversità che noi consideriamo la ricchezza dell’Anatolia.

Cari compagni, oggi c’è una lotta contro il comunismo, il fondamento della repubblica turca è basato su questo. Facciamo un flashback nella storia. Il 10 settembre 1920 viene fondato a Baku il partito comunista turco (TKP); appena fondato fu il nemico numero 1 dello “stato”turco, specialmente Ataturk (il fondatore della repubblica turca) ha cercato di eliminarlo subito. Nel 1921 i dirigenti del TKP come Mustafa Suphi e altri 14 compagni furono invitati da Ataturk in Turchia e furono massacrati. Ataturk era “preoccupato”; faceva terra bruciata contro i comunisti, anche se i comunisti avevano lottato insieme contro gli occupanti. Comunque nel fondamento della repubblica c’è il pensiero “anti-comunista”. I comunisti erano e sono ancora “soggetti” da eliminare ovunque. Infatti specialmente nelle carceri turche erano nel mirino. Nel 1980-1984, 1994, 1995, 1996, 1999 e 2000 sono stati massacrati decine di prigionieri politici. Solo nella carneficina del 19 dicembre 2000 sono stati massacrati 28 prigionieri politici. I militari con un azione violenta denominata “ritorno alla vita” hanno bruciato 28 prigionieri nelle loro celle. Quell’azione era avvenuta contemporaneamente in 21 carceri, soffocati da 20.000 bombe lacrimogene o bruciati vivi con il fosforo bianco. Il fosforo bianco è un’arma chimica, se colpisce una persona crea ustioni gravi e continua a bruciare fino all’esaurimento totale dell’ossigeno che si trova nell’aria e nella carne!! È un’arma vietata dall’ONU! I sopravvissuti dopo questo attacco vennero trasferiti a forza in celle d’isolamento e sottoposti ad ogni tipo di vessazione. Dopo essere passati per le mani della polizia 600 prigionieri si sono ammalati della sindrome di Vernicke- Korsakoff, perché incoscenti e legati ad un letto d’ospedale dopo mesi di digiuno furono sottoposti all’alimentazione forzata dai medici “MENGELE”.

Dopo 7 anni di resistenza sono morti 122 prigionieri. Abbiamo denunciato tutto questo. Nessuno ci ha ascoltato. Ultimamente un colonnello dell’esercito Zeki Bingõl ha scritto un libro, dove spiega tutto l’attacco alle carceri, spiega come hanno fatto il massacro!! Cari compagni, anche fuori dal carcere i rivoluzionari, patrioti e comunisti, chi non è d’accordo con lo stato fascista turco è nel mirino. Centinaia di pubblicazioni ispirate da ideali di uguaglianza, giustizia e indipendenza vengono confiscati e censurati, centinaia di rivoluzionari e democratici sono uccisi nelle strade, imprigionati, sequestrati e torturati. La realtà del nostro paese è quella di essere governata dalla forza armata fascista che usa il “parlamento” e la “democrazia” come una maschera, costringendo tutti a credere alle loro favole. Si, c’è terrore in Turchia, questo però è il terrore dello stato.

I “cacciatori di teste” fascisti cercano di intimidire la popolazione con il linciaggio. Ultimamente varie associazioni democratiche come Tayad, HOC, Temel Hakkar sono state attaccate e le persone che erano dentro sono state linciate!! Le persone democratiche, patrioti che vendono riviste e giornali oppositori al governo vengono sparati sulla strada. Infatti un ragazzo di 15 anni, Ferhat Gercek mentre vendeva la rivista “Yürüyüs” è stato sparato dalla polizia, oggi questo ragazzino sta sulla sedia a rotelle, paralizzato!! Forse l’avete sentito: l’esercito turco è entrato nel Nord Irak. Anche loro, come i loro padroni U.S.A., hanno usato la parola magica “combattere il terrorismo”. Stiamo parlando del popolo curdo, un popolo con più di 20 milioni di abitanti senza “terra”, un popolo a cui è stato proibito parlare la propria madre lingua, un popolo chiamato “turchi di montagna”. Pensate un popolo che non può praticare la sua cultura, le sue usanze e non può parlare la sua lingua e in più umiliato! Da anni e anni lo stato fascista turco ha cercato di assimilare, “turchizzare”un popolo. Questa operazione dell’esercito turco doveva “finire” la resistenza del popolo curdo. L’esercito turco non poteva fare da solo un’operazione del genere. Lo stato turco ha avuto “via libera” dagli U.S.A. e dall’U.E.! Poi senza vergogna i signori hanno “avvertito” la Turchia di non “esagerare”.

Che significa “esagerazione”? Uccidere anche solo una persona non è violenza? Chi stabilisce la dose della violenza? Va bene, l’esercito turco cammina con una bilancia in mano e misura la dose della “violenza”??!! Sono stati uccisi centinaia di curdi. Se vi ricordate dopo l’attacco alle carceri, quando sono stati massacrati 28 prigionieri, i “signori” dell’U.E. avevano dichiarato che avevano “un po’ esagerato”. Prima danno “via libera”per massacrare, poi dopo fanno queste dichiarazioni. Anche oggi l’operazione contro il popolo del Nord Irak è stato organizzato con l’appoggio degli U.S.A. e dell’U.E. La Turchia senza il permesso degli U.S.A. non si muove, non sono capaci di farlo. La Turchia dipende economicamente e militarmente dagli U.S.A. Cari compagni, questo è lo stato che ha richiesto la mia estradizione. La democratizzazione della Turchia è solo una bassa demagogia. La stessa corte europea ha condannato varie volte la Turchia per le sue politiche discriminanti e per le ripetute violazioni dei diritti umani.

Vi ringrazio di nuovo per la solidarietà e prima di chiudere vorrei scrivere una poesia di N.Hikmet:

No, non sono un disertore.
Del resto, il mio secolo non mi fa paura
il mio secolo pieno di miserie e di scandali
il mio secolo coraggioso grande ed eroico.
Non ho mai rimpianto d’esser venuto al mondo
troppo presto
sono del ventesimo secolo e ne son fiero.
Mi basta esser là dove sono,
tra i nostri,
e battermi per un mondo nuovo...

Info Appello per Anvi e Zeynep http://www.avni-zeynep.net/

sabato 5 aprile 2008

MEK, UN ANARCHICO IN CATTIVITA'

Tra pochi giorni - il 23 aprile prossimo - saranno 6 mesi di detenzione. Michele Fabiani, 21 anni, filosofo spoletino, anarchico e detenuto poichè "presunto colpevole", compie il suo sesto mese in carcere. I suoi scritti sono comparsi inizialmente su anarcotico.net, dove veniva pubblicato un foglio telematico intitolato "Il Rivoluzionario". Successivamente si è trasferito su anarchaos, dove sono stati pubblicati numerosissimi articoli, saggi e commenti. Michele è attivo anche nell'Associazione Vittime armi elettroniche-mentali, nelle lotte anticarcerarie e nell'elaborazione di nuove teorie anarchiche. Lo scorso 23 ottobre 2007, insieme ad altri 4 compagni-amici di Spoleto (Andrea Di Nucci, Dario Polinori, Damiano Corrias e Fabrizio Reali Roscini), è stato arrestato, sulla base di prove assolutamente indiziarie e di un conseguente, "fumoso", teorema giudiziario, nella cosidetta "Operazione Brushwood" (operazione boscaglia) con l'accusa di sovversione dell'ordine costituito dello Stato.

A quasi 6 mesi, dunque, dalla sua "cattura", ribadiamo la nostra solidarietà per Mec e tutti gli arrestati del 23 ottobre nonché di quanti sono oggi "sequestrati" dallo Stato, detenuti politici, perseguitati per reati d'opinione o perchè rei di lottare e battersi per un mondo migliore, contro lo sfruttamento del lavoro/non-lavoro, per la liberazione dalla disciplina sociale imposta dall'ordine economico dominante e la sua "copertura" politica. Considerando che Istituzioni sempre più lontane dai bisogni reali della gente, autocratiche ed autoreferenziali, fanno ricorso al loro braccio armato con sempre maggiore spregiudicatezza, convinte di "risolvere" questioni sociali come una più equa ridistribuzione di redditi e risorse con i manganelli o la magistratura borghese, nell'obiettivo, più generale, di eliminare dissenso politico e sociale prodotto dalla generale e progressiva linea di capitalizzazione della tenuta sociale dei nostri Paesi, con aggressioni poliziesche e repressione legale, esprimiamo la nostra piena, incondizionata solidarietà, attiva e militante, a tutti i Compagni colpiti e tratti nelle maglie della repressione dello Stato.Convinti, infine, che l'equivalenza stabilita tra "problemi sociali" e "questioni di ordine pubblico" tese alla difesa dello stato presente di cose dimostri, essenzialmente, la vera natura, classista e repressiva, dello Stato attuale, concluso com'è nell'ordine dell'alternanza borghese di governo e di fittizie tornate elettorali, facciamo appello a tutti/e Compagni/e, alle realtà di classe più coscienti ed avanzate, alle Associazioni, ai Collettivi politici autorganizzati, a quanti si rivendicano una coscienza sinceramente democratica (e letteralmente intesa), a chè possano cogliere, con noi tutti, l'invito alla solidarietà militante, alla mobilitazione generale e permanente contro la repressione e la violenza dello Stato borghese.

A quasi 6 masi dall'arresto di Mek, ri-pubblichiamo la sua lettera, scritta durante i primissimi giorni di detenzione. Lettera di un Compagno ingiustamente detenuto e fiero. (Siccome la lettera è stata scritta con caratteri eccessivamente piccoli ed alcune parole risultano incomprensibili, abbiamo messo dei puntini di sospensione per le parole che non siamo riusciti a comprendere. Il senso del discorso rimane comunque abbastanza chiaro...)

Un'ingiustizia commessa qualunque Compagno è un'ingiustizia perpetrata a danno dei Compagni tutti.

Quando un ordine sociale è ingiusto, il disordine è il primo passo per costruire un ordine sociale più giusto.

La Solidarietà è sempre un'arma.

Collettivo politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione sociale


MeK, un anarchico in cattività...

"Sono michele Fabiani, detto mek come direbbero i giudici eh eh eh. Vorrei che questo scritto girasse il piu' possibile, non so ancora se dovro 'fotocopiarlo o se dovro' ricopiarlo a mano per cercare di mandarlo il piu'possibile in giro. Dalla seconda media mi chiamano mek perche' per spirito di contraddizione tifavo la Maclaren....Ho appena scoperto che di sfortune ne ho avute di 2 in 2, la macchina di Agnelli e Montezemolo vince i mondiali e io finisco in galera. Martedi 23 ottobre, 5 brutti uomini dell'arma dei carabinieri (2 erano cosi' brutti che si sono messi il passamontagna) irrompevano in casa mia e la mettevano completamente sottosopra e mi arrestavano con il fascistissimo articolo 270bis (scritto dal ministro Rocco per la ........ di Mussolini). I reatia ssociativi come l'art. 270 bis e 270 permettono di arrestare qualcuno non per cio' che ha fatto ma per come la pensa, perchè fa parte di qualche fantomatica associazione che lo stato decide di non tollerare. Basti pensare che uno di noi 5 rinchiusi in isolamento giudiziario da quasi 2 giorni e da oggi in e.i.v. è accusato solo di aver fatto una scritta su un muro. Ci pensate? Tre volanti dei carabinieri........., i mitra. I Ros..... dell'elicottero, le telecamere, il carcere, l'isolamento, l'e.i.v. per una scritta su un muro.Sono poi stato portato alla caserma dei carabinieri di spoleto e poi a quella di perugia, infine a carcere. Il primo momento ....... comico della ..... è stato il trasferimento tra la caserma di Perugia e il carcere: il "bravo" agente che guidava la macchina, terrorizzato dal fatto che gli stavano dicendo che da un momento all'altro i miei compagni avrebbero attaccato il mezzo e mi avrebbero liberato (o forse semplicemente rincoglionito dal mio continuo chiacchierare) si è sbagliato strada e ha fatto il giro 2 volte della stazione ferroviaria.In carcere mi stanno trattando bene, non mi hanno mai toccato, in titti i sensi (neanche per gli spostamenti). La cella è molto sporca, c'è un tremendo .......... al muro con un armadietto inchiodato ed un letto inchiodato per terra ed alla parete. Oggi è ....... e abbiamo anche la tv. Resta il divieto di comunicare tra noi che è la cosa peggiore. Ho visto le immagini del tgr ........ che eravate fuori durante gli interrogatori eravate tanti! Sono stato tanto felice, purtroppo da dentro non vi abbiamo sentito. Ho risposto alle domande non perchè io riconosca qualche valore alla magistratura, ma per il semplice motivo che nelle motivazioni del nostro arresto c'erano scritte talmente tante stronzate che ho ritenuto importante contraddirle subito, pur senza essermi mai consultato con gli avvocati, per la corretta esposizione dei fatti, per la libertà di tutti noi. Talmente tante erano le falsità, le contraddizioni, gli errori grossolani del pm che era di importanza strategica distruggerle immediatamente. Nessuno tema o si rallegri: io ero, sono e resto un PRIGIONIERO RIVOLUZIONARIO. Lo ero un prigioniero ed un rivoluzionario anche prima di martedi: siamo tutti prigionieri, tutti i giorni. Quando ci alziamo la mattina per andare a lavorare, quando, quando passiamo i migliori anni della nosta vita sprecati su una macchina, quando facciamo spesa, quando non possiamo farlo perchè non abbiamo i soldi, quando li buttiamo via i soldi per delle cazzate (vestiti, aperitivi, sigarette non c'è differenza) quando guardiamo la tv che ci fa il lavaggio del cervello, che cerca di terrorizzarci con morti, omicidi, rapine (quando in 15 anni gli omicidi sono diminuiti del 70%) così che poi possiamo chiedere piu' telecamere, piu'sbirri, piu' carceri, pene sicure, quando se c'è un assassino a questo mondo è quello che in catena lo sfruttato alle sue condizioni. Io non ho mai detto sono un uomo libero, in pochi possono dirlo senza presunzioni. Se io fossi un uomo libero, andrei tutti i giorni sulla cima del monte ........ in estate con le mucche e le pecore e in inverno con la neve, e dopo aver raggiunto faticosamente le cime andare a nord ovest, la valle .......... nello spoletino come si diceva una volta, fuori a nord est lo .......... e il vettore quasi sempre liscio dietro e poi via verso est tutti gli appennini che cominciano da lì, fino a sud dove ci sono quelle meravigliose foreste. E forse ripensandoci neanche lì sarei davvero libero.Perchè la valle ......... è piena di cave, di capannoni, di fabbriche, di mostri che devono essere combattuti. Ma mancano gli eroi oggi mentre di mostri ce ne sono anche troppi. Quindi io non sono un uomo libero, il dominio non è organizzato per prevedere uomini liberi, pero' sono un rivoluzionario, un prigioniero rivoluzionario. Proprio perchè io sono un rivoluzionario che mi hanno "formalizzato" la loro carcerazione martedi. Lo sapevo gia' di essere un prigioniero, prima che un giudice me lo dicesse. Certo questa prigione è diversa da quella fuori. Qui vedi tutti i giorni, in maniera limpida, simbolica e allo stesso tempo materiale quali sono i rapporti di forza del dominio; dove c'è chiaramente e distintamente l'uomo con i suoi sogni, i suoi amori, il suo lottare e il sistema, le sbarre, le catene, le telecamere, le guardie: potremmo dire ironicamente che da un punto di vista filosofico qui le cose son piu' semplici: il sistema cerca di annientare l'individuo, l'individuo cerca di resistere. Ovviamente l'uomo qui sta peggio .......... . Dopo qualche giorno la gabbia te la trovi intorno alla testa, è come se avessero costruito un'altra piccola gabbietta precisa precisa intorno alla tua testa. Con il cervello che ragiona ma non ha gli oggetti su cui ragionare, con la voglia incontenibile di parlare e non c'è nessuno, di correre e non c'è spazio, quando mi affaccio alla finestra vedo un altro carcere con altre sbarre, non si vede un filo d'erba, una collina (neanche durante l'aria che faccio in una stanza piu' grande). Fuori dalla tua gabbia c'è un altra gabbia. La mia paura è che queste ........... mi rimangano anche quando esca ......... la lotta per non ..................... diventera' il fine della mia vita. Nel carcere "formale" l'uomo combatte contro se stesso, mentre nel mondo fuori il rivoluzionario deve combattere una guerra contro entita' oggettive. La mia paura è che ci si dimentichi di questi 2 livelli di scontro, che anche quando usciro' ci sara' questa gabbia intorno alla mia testa che mi ............ e mi dice di non prendere a calci la porta della cella e di mettermi ad urlare. Non solo l'uomo ......... il mondo, ma in galera l'uomo............. anche se stesso: come distruggiamo la montagna, così qui distruggiamo la nostra mente: il rapporto è tutto mentale qui. E' di questo che voglio liberarmi, voglio uscire e continuare ad avere una capacitàdi ............. oggettivo della realtà. Qui questa capacità rischio di perderla.Mentre fuori innaffiando un seme e facendo crescere una pianta si ha un'interazione fisica con il mondo qui la cosa è tutta psicologica. Lo scontro è fisico solo ad un primo livello, con i muri che non mi fanno uscire, ma in realtà la guerra è anche con i nostri fantasmi. I muri sono troppo materiali per essere reali. Sbagliano i marxisti quando riconducono tutto alla materia. La realtà è una sintesi in cui l'uomo colloca se stesso tra il mondo e le sue idee. In galera purtroppo questa sintesi è pericolosamente, troppo incentrata sulla mente.Ai compagni che scrivono che non trovano parole dico di togliere queste bende che ne abbiamo troppo bisogno. Scriveteci a tutti e 5. Vorrei che qualcuno dicesse a Miko che le mando un bacio."

Mek un anarchico in cattivita' 26/11/07

Per scrivere a Michele:
Info MeK:

venerdì 4 aprile 2008

VIVERE L'UNIVERSITA' OGGI...


VENERDI 4 APRILE 2008
ASSEMBLEA PUBBLICA
ore 11 Area Polifunzionale Capannone G - Aula G1
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA (UNICAL)

Intervengono:

CINZIA ARRUZZA
(Ricercatrice precaria Università di torvergata - Roma)

FRANCO PIPERNO
(Docente Università della Calabria)

CARMELO SERGIO
Collettivo politico MILITANZ UniCal
per l'Autorganizzazione sociale degli Studenti UniCal

per info Militanz UniCal

giovedì 3 aprile 2008

FERRARA NON CI PASSI!

Ferrara in visita a Bologna per un comizio elettorale, è stato costretto ad abbandonare la piazza dai manifestanti!

Pubblichiamo il comunicato ricevuto dai Compagni e dalle Compagne del Movimento bolognese sulla vittoria riportata persino sulle forze dell'ordine durante la contestazione al comizio elettorale di Giuliano Ferrara. Il Comizio è stato impedito. Il Movimento si è riapreso la piazza. La Lotta continua.

Ferrara fa il pieno di uova e ortaggi in piazza a Bologna.
Si tenuta oggi a Bologna l'ultima tappa della "via crucis" di Giuliano Ferrara, durante la quale il leader della lista elettorale "Aborto? No, grazie" avrebbe dovuto presentare il suo programma. Ma il tentativo di tenere un comizio in Piazza Maggiore è stato contestato da un migliaio di attivisti. Il presidio indetto dalla Rete per l'autodeterminazione si è trovato alle 18 in Piazza Nettuno di fronte ad un massiccio dispiegamento della polizia, che ha negato l'accesso dei manifestanti alla piazza. Mentre gran parte di questi veniva bloccata dalle forze dell'ordine, all'interno della piazza Giuliano Ferrara sosteneva il suo monologo davanti ai molti contestatori che erano riusciti a varcare le transenne. Dopo che il comizio si è tramutato in un'offesa diretta verso i contestatori, il dissenso è esploso in un lancio di uova e pomodori a cui sono seguite diverse cariche della polizia, che hanno causato una decina di feriti tra i manifestanti. Il cordone di polizia che difendeva Ferrara nella sua uscita dalla piazza si è spostato verso via Indipendenza, cercando di disperdere il presidio, che invece è riuscito a respingere l'attacco e ad entrare in piazza.In prima fila c'erano soprattutto ragazze di vent'anni. E a loro sono andate le manganellate. Che qualche poliziotto si sia lasciato andare se ne sono accorti anche i funzionari della Digos, e uno di loro ha fermato con uno schiaffo un agente che se la stava prendendo con troppa violenza con una ragazzina. Tensione anche quando Ferrara ha lasciato la piazza, sempre scortato dalle forze dell'ordine. I manifestanti gli sono andati addosso e ci sono state altre manganellate: sono volate bottiglie e le sedie di un bar della piazza. Quindi, il giornalista è stato caricato in macchina. L'auto della polizia si è trovata accerchiata dai manifestanti ed è uscita dalla piazza sgommando a forte velocità. Dal palco ormai conquistato dai manifestanti, sono state staccate le bandiere del "no aborto" mentre diversi sono stati gli interventi al megafono sul diritto all'autodeterminazione dei corpi, contro il bigottismo e l'ignoranza che fino ad allora avevano occupato la piazza.

Altre info:

GIULIANO FERRARA SCACCIATO DA BOLOGNA. INUTILI LE CARICHE DELLA POLIZIA http://emiliaromagna.indymedia.org/node/1776

FOTO DELLA CONTESTAZIONE A GIULIANO FERRARA
http://emiliaromagna.indymedia.org/node/1780

PRO FIGHT! FERRARA A BOLOGNA? NO GRAZIE!
http://emiliaromagna.indymedia.org/node/1753

mercoledì 2 aprile 2008

IN MEMORIA DI UN COMPAGNO

E’ arrivata in queste ore, da Parigi, la notizia della morte del compagno Roberto Silvi. Roberto era costretto, da anni, ad una condizione di “latitanza” forzata - in Francia, appunto - a seguito dell'ondata repressiva dispiegata dalla Stato negli anni ’80 che, approfittando del "reflusso" del Movimento, pesantemente ha agito contro il Movimento stesso, ha perseguitato un'intera generazione di Compagni, continua oggi a farlo, quasi fossero, i Compagni e il Movimento, ciò che ne resta così come ciò che va oggi "rimettendosi in piedi" - e sebbene sembri non "minacciare" affatto manovratori e leve di comando - una sorta di "ossessione universale". Poiché lo Stato non si rassegna al fatto che qualcuno ancor resiste e tenacemente lotta nella misura in cui continua a stare qui, nel vivo delle contraddizioni reali che esso stesso, quale bastione legale della classe dominante, pruduce e articola, fonda e rifonda e su di esse costruisce.
Non ci perdona di continuare a esistere e resistere, seppur "malconci" poichè ruduci da reflussi vechi e nuovi. Poichè sa e, legittimamente, considera e prevede che la Storia della Lotta è Storia di Progresso e di riscatto, di guerra e di Vittoria. Ed è per questo che non vi è "perdono" cui anelare, men che meno "vittimismo" da proporre a dimostrare sorta di giustizia ingiusta di uno Stato che rende "eroi" solamente i mercenari di un Tricolore teso al vento di nuove o rinnovate imprese coloniali.
Un mondo nuovo schiude all'orizzonte, mentre "suona a morte" la campana non certo per chi lotta o ha lottato per quel mondo. Al contrario suona e batte forte e più vicina per una società attardata alla difesa di casta e proprietà, privilegi feudali e segregazione di classi "funzionalmente" tenute seperate.
La morte di un Compagno, che pur non conoscemmo, ci rattrista umanamente ma affatto ci dispera. Diversamente, ci sprona ancora oggi a far di più e meglio, come egli, la sua generazione seppe fare, per costruire un mondo nuovo e luminoso già a partire dal grigiore di un presente che già sa di passato. Mentre il Futuro già ci attende all'orizzonte.
Addio Compagno Roberto, la tua lotta non è stata invano. La tua memoria vive nel Futuro che verrà.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione sociale


Pubblichiamo questo ricordo di Oreste Scalzone, suo amico e compagno, che in queste ore, assieme ad un gruppo di compagni napoletani ha raggiunto Parigi:

Roberto Silvi è morto. Roberto "Roberto senza galere" - questo il soprannome che si portava dietro da Napoli, dalle nebbie lombarde da immigrato... - è morto oggi per un ultimo sorriso tra le lacrime, verrebbe da dire che ha "tirato l'anima coi denti" per lasciarci un primo aprile, come tra il serio e il faceto, come lasciare un dubbio, tra realtà e simulazione. Sulla linea d'ombra, crinale di confine tra il vivere comunemente, corporalmente inteso era vissuto gli ultimi 25 anni. Un quarto di secolo, ça fait un bail, nu contratto ‘e locazione, quasi una vita-di-lavoro, cioè una semi-vita, attendendo il <> dei sopravvissuti, esuberi dal lavoro, che quando sono operai, o nemmeno, muoiono in fretta, che una derisoria "libertà-dal-lavoro", uno scampolo residuo, una nostalgia di vita intera irrompe nei polmoni come l'aria dolorosa alla nascita e i polmoni dal lavorio salariato sono così avvelenati e "cirrotici" che possono morire di aria fresca, mitridatizzati dal lavoro coatto per forza di bisogno anche quando è giuridicamente "liberamente" cercato, trovato, il prezzo della forza che lo sprigiona, forza creatrice trasmuta in merce, è contrattato.
Roberto, la vita gliela ha mangiata non già il ritmo lavoro/tempolibero, cioè scampoli di vita di risulta, (semi-vita affannata e ipotecata dall'ombra dell'altra mezza, come una voce ventriloqua o un fratello siamese crudele, come il controllore di ogni controllato, nell'incubo visionario e reale di Orwell)...Roberto, la vita gliela era andata mangiando un nome nosologico, nelle cartografie, nelle tassonomie, nomenclature di male di vivere ulteriore, a oltranza, definito "sclerosi multipla bilaterale", o "amiotrofica", o "a placche". Aveva cominciato con l'incespicare, e poi la discesa per questi 25 anni era stata lenta, continua e, come sul dirsi, inesorabile. La resistenza di Roberto (e da poco dopo l'inizio di questo millennio, con le superstizioni progressiste, o il misto di superstizioni e realtà apocalittiche, che il sommarsi dell'effetto fin-de-siècle e passaggio di millennio propaga, quella "monstruosamente" simbiotica, a due, a noio, di Roberto&Jeanie, Rob&Jany ) era stata, appunto, "mostruosa", nel senso proprio del monstrum mirabilis.
Ancora dal 24 agosto dell'anno scorso fino a dicembre, non avevano mancato un udienza della Chambre, una riunione, un sit-in, un volantinaggio ad una manifestazione, nella scommessa disperata, con troppo aria di causa persa per strappare la persona demonizzata di turno, Marina Petrella ad un estradizione che sarebbe l'inizio di una traiettoria di agonia vestita da ergastolo.[...] Come per coincidenza, come per un saluto estremo, già ricordo, nostalgia del presente, ieri mattina a Napoli al banco dei libri di "Sensibili alle foglie" con Renato, Nicola, Nicola, Rafele e un po' di altri e altre di noialtri "avanzi di galera" o scampativi di misura; ieri sera al Corto Circuito a Roma con Franco e Robertaccio, Barbara, Bruno e poi altri, sopravvenuti più di recente per età, avevamo riparlato di Roberto, di questa sua condizione di recluso nel corpo che tenta e ritenta incessantemente l'evasione, come di una sorta di homo sacer, di un soprassalto della potenza che persiste in nuda vita.
[...] Noi, noi, Orest'&Complici, siamo costretti a interrompere il giro, i canti e i ragionamenti, le chiacchiere, i sussurri e le grida...non serve nemmeno scusarsene, se una qualche ubiquità ce lo permettesse, continueremmo accelerando proprio per Roberto, come fosse la forma migliore di quella che nei rituali (da non irridere perché la consolazione si cerca come l'aria), è abbassare le bandiere, rosse come quelle della Sociale, nere come grembiali da lavoro dei Canuts, operai delle fabbriche tessili della Croix-Rousse a Lione schiacciati nel 31 - milleottocentotrentuno, come in una anticipazione del massacro versagliese di 40 anni dopo contro i comunardi - ... bandiere rosse, nere ross&nere de La Comune. Contiamo di ripartire, con una infinita tristezza di più, il 7 prossimo, dallo Ska. Comme par hazard, - e, vorremmo aggiungere - come per caso, Robbè! Il fiotto delle cose da dire di Roberto è tale che per ora restiamo un lungo attimo senza parole. Lo cominceremo a fare domani e sarà comunque iscritto in una insurrezione di voci, dal profondo. Ci sale alle labbra la banalità del "non ho parole". Ma un attimo di silenzio è forse il solo adeguato,come l'attimo prima del colpo di inizio di uragano o di coro.

OresteScalzone&C
aprile 2008
Napoli, Roma, Parigi.

martedì 1 aprile 2008

GENERAZIONI DI AUTONOMI A CONFRONTO


Tratto da: La «questione militare». Autonomia operaia, scienza della politica e arte della guerra
(di Emilio Quadrelli)

I termini "autonomia operaia", "area dell’autonomia", "autonomi" sono diventati patrimoni del lessico comune solo nel corso degli anni Settanta.
Come area politica organizzata le vicende dell’autonomia operaia si riassumono tra il 1973 (quando in maggio Potere operaio pose formalmente fine alla sua esperienza ) e il 7 aprile 1979 giorno in cui prese avvio il cosiddetto «teorema Calogero» e il ceto politico e intellettuale maggiormente rappresentativo dell’autonomia operaia divenne l’oggetto di una serie di inchieste della magistratura dalle quali non si sarebbe più ripreso . La sigla autonomia operaia continuò a sopravvivere, ma più nelle vesti a metà tra il reducismo e il nostalgico che come forza politica ancorata alle realtà politiche e sociali presenti nella società. Una storia breve e intensa la cui epifania, ancor prima del fatidico aprile ’79, si consuma dentro e in seguito al Movimento del ’77.

La nascita della «classe operaia autonoma» e del «proletariato autonomo» affondano però le radici fin dagli inizi del decennio precedente . Ripercorrere i tratti salienti della loro apparizione diventa indispensabile poiché nella vulgata comune gli «autonomi» non sono altro che alieni apparsi all’improvviso sulla scena politica italiana degli anni Settanta, riconoscibili e identificabili unicamente per la loro «naturale» predisposizione alla violenza, senza storia e dall’origine dubbia e incerta. Poco più che teppisti, ancorché ammantati da un qualche vago e incomprensibile credo politico. Piccole e insignificanti minoranze estranee ed esterne a qualunque ambito sociale e politico che, solo in virtù del loro fare banditesco e armato, hanno raggiunto, pur se tristemente, gli onori delle cronache senza per questo poter vantare un qualche diritto a entrare nella Storia e che, se non fosse per la particolare predisposizione all’uso della violenza, sarebbero ricordati essenzialmente come una curiosità al limite del folcloristico.

L’autonomia operaia e proletaria nella sua veste organizzata, o meglio ancora come insieme di realtà affini ma non sempre omogenee, si afferma nella prima metà degli anni Settanta, ma la sua origine affonda le radici nei comportamenti, nella prassi e nelle lotte che la classe porta avanti da oltre un decennio. Lotte che non sono caratterizzate dalla violenza in quanto tale, secondo quanto affermano le retoriche di senso comune, ma dalla richiesta di potere. Ma la questione del potere politico poggia interamente su dei rapporti di forza materiali dove l’ambito militare, e quindi anche la dimensione della violenza, gioca forzatamente un ruolo decisivo. Più che di violenza, pertanto, sembrerebbe opportuno parlare di forza e dell’inevitabile conflitto che in ogni situazione pre-rivoluzionaria o rivoluzionaria in epoca moderna si scatena al fine di detenerne saldamente il monopolio . Una guerra nella conduzione della quale tutti gli strumenti sono messi a profitto. La stessa accentuazione sulla violenza, rientra ampiamente in quella consolidata pratica di controguerriglia informativa e psicologica tesa a delegittimare il «nemico», trasformandolo ed etichettandolo come semplice «bandito» di strada. L’emergenza violenza, che fin dagli anni Sessanta occupa non poco spazio all’interno delle retoriche care alla cosiddetta opinione pubblica ed è continuamente messa in primo piano da tutte le agenzie mediatiche, ha ben poco di «oggettivo» e/o «descrittivo» ma rappresenta a pieno titolo un fronte, e neppure secondario, del conflitto in corso . Una sua sintetica ma esauriente descrizione appare pertanto necessaria.

Nell'ambito della rassegna “S.P.A. spazi pubblici autogestiti
IV°Edizione

Approfondimenti in s.p.a. :

MERCOLEDI 2 APRILE 2008
GENERAZIONI DI AUTONOMI A CONFRONTO
Gli usi, i costumi, gli stili di vita militanti tra gli anni 70 ed oggi
Incontro con Michele Franco, Raffaele Paura, Oreste Scalzone

ore 18:30 Laboratorio Occupato Insurgencia
Via Vecchia San Rocco, 18 - Capodimonte - Napoli