E’ arrivata in queste ore, da Parigi, la notizia della morte del compagno Roberto Silvi. Roberto era costretto, da anni, ad una condizione di “latitanza” forzata - in Francia, appunto - a seguito dell'ondata repressiva dispiegata dalla Stato negli anni ’80 che, approfittando del "reflusso" del Movimento, pesantemente ha agito contro il Movimento stesso, ha perseguitato un'intera generazione di Compagni, continua oggi a farlo, quasi fossero, i Compagni e il Movimento, ciò che ne resta così come ciò che va oggi "rimettendosi in piedi" - e sebbene sembri non "minacciare" affatto manovratori e leve di comando - una sorta di "ossessione universale". Poiché lo Stato non si rassegna al fatto che qualcuno ancor resiste e tenacemente lotta nella misura in cui continua a stare qui, nel vivo delle contraddizioni reali che esso stesso, quale bastione legale della classe dominante, pruduce e articola, fonda e rifonda e su di esse costruisce.
Non ci perdona di continuare a esistere e resistere, seppur "malconci" poichè ruduci da reflussi vechi e nuovi. Poichè sa e, legittimamente, considera e prevede che la Storia della Lotta è Storia di Progresso e di riscatto, di guerra e di Vittoria. Ed è per questo che non vi è "perdono" cui anelare, men che meno "vittimismo" da proporre a dimostrare sorta di giustizia ingiusta di uno Stato che rende "eroi" solamente i mercenari di un Tricolore teso al vento di nuove o rinnovate imprese coloniali.
Un mondo nuovo schiude all'orizzonte, mentre "suona a morte" la campana non certo per chi lotta o ha lottato per quel mondo. Al contrario suona e batte forte e più vicina per una società attardata alla difesa di casta e proprietà, privilegi feudali e segregazione di classi "funzionalmente" tenute seperate.
La morte di un Compagno, che pur non conoscemmo, ci rattrista umanamente ma affatto ci dispera. Diversamente, ci sprona ancora oggi a far di più e meglio, come egli, la sua generazione seppe fare, per costruire un mondo nuovo e luminoso già a partire dal grigiore di un presente che già sa di passato. Mentre il Futuro già ci attende all'orizzonte.
Addio Compagno Roberto, la tua lotta non è stata invano. La tua memoria vive nel Futuro che verrà.
Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione sociale
Pubblichiamo questo ricordo di Oreste Scalzone, suo amico e compagno, che in queste ore, assieme ad un gruppo di compagni napoletani ha raggiunto Parigi:
Roberto Silvi è morto. Roberto "Roberto senza galere" - questo il soprannome che si portava dietro da Napoli, dalle nebbie lombarde da immigrato... - è morto oggi per un ultimo sorriso tra le lacrime, verrebbe da dire che ha "tirato l'anima coi denti" per lasciarci un primo aprile, come tra il serio e il faceto, come lasciare un dubbio, tra realtà e simulazione. Sulla linea d'ombra, crinale di confine tra il vivere comunemente, corporalmente inteso era vissuto gli ultimi 25 anni. Un quarto di secolo, ça fait un bail, nu contratto ‘e locazione, quasi una vita-di-lavoro, cioè una semi-vita, attendendo il <
Roberto, la vita gliela ha mangiata non già il ritmo lavoro/tempolibero, cioè scampoli di vita di risulta, (semi-vita affannata e ipotecata dall'ombra dell'altra mezza, come una voce ventriloqua o un fratello siamese crudele, come il controllore di ogni controllato, nell'incubo visionario e reale di Orwell)...Roberto, la vita gliela era andata mangiando un nome nosologico, nelle cartografie, nelle tassonomie, nomenclature di male di vivere ulteriore, a oltranza, definito "sclerosi multipla bilaterale", o "amiotrofica", o "a placche". Aveva cominciato con l'incespicare, e poi la discesa per questi 25 anni era stata lenta, continua e, come sul dirsi, inesorabile. La resistenza di Roberto (e da poco dopo l'inizio di questo millennio, con le superstizioni progressiste, o il misto di superstizioni e realtà apocalittiche, che il sommarsi dell'effetto fin-de-siècle e passaggio di millennio propaga, quella "monstruosamente" simbiotica, a due, a noio, di Roberto&Jeanie, Rob&Jany ) era stata, appunto, "mostruosa", nel senso proprio del monstrum mirabilis.
Ancora dal 24 agosto dell'anno scorso fino a dicembre, non avevano mancato un udienza della Chambre, una riunione, un sit-in, un volantinaggio ad una manifestazione, nella scommessa disperata, con troppo aria di causa persa per strappare la persona demonizzata di turno, Marina Petrella ad un estradizione che sarebbe l'inizio di una traiettoria di agonia vestita da ergastolo.[...] Come per coincidenza, come per un saluto estremo, già ricordo, nostalgia del presente, ieri mattina a Napoli al banco dei libri di "Sensibili alle foglie" con Renato, Nicola, Nicola, Rafele e un po' di altri e altre di noialtri "avanzi di galera" o scampativi di misura; ieri sera al Corto Circuito a Roma con Franco e Robertaccio, Barbara, Bruno e poi altri, sopravvenuti più di recente per età, avevamo riparlato di Roberto, di questa sua condizione di recluso nel corpo che tenta e ritenta incessantemente l'evasione, come di una sorta di homo sacer, di un soprassalto della potenza che persiste in nuda vita.
[...] Noi, noi, Orest'&Complici, siamo costretti a interrompere il giro, i canti e i ragionamenti, le chiacchiere, i sussurri e le grida...non serve nemmeno scusarsene, se una qualche ubiquità ce lo permettesse, continueremmo accelerando proprio per Roberto, come fosse la forma migliore di quella che nei rituali (da non irridere perché la consolazione si cerca come l'aria), è abbassare le bandiere, rosse come quelle della Sociale, nere come grembiali da lavoro dei Canuts, operai delle fabbriche tessili della Croix-Rousse a Lione schiacciati nel 31 - milleottocentotrentuno, come in una anticipazione del massacro versagliese di 40 anni dopo contro i comunardi - ... bandiere rosse, nere ross&nere de La Comune. Contiamo di ripartire, con una infinita tristezza di più, il 7 prossimo, dallo Ska. Comme par hazard, - e, vorremmo aggiungere - come per caso, Robbè! Il fiotto delle cose da dire di Roberto è tale che per ora restiamo un lungo attimo senza parole. Lo cominceremo a fare domani e sarà comunque iscritto in una insurrezione di voci, dal profondo. Ci sale alle labbra la banalità del "non ho parole". Ma un attimo di silenzio è forse il solo adeguato,come l'attimo prima del colpo di inizio di uragano o di coro.
OresteScalzone&C
aprile 2008
Napoli, Roma, Parigi.
Napoli, Roma, Parigi.