venerdì 19 settembre 2008

¿QUE VIVA ESPAŇA?

Diffondiamo in segno di rispetto e solidarietà con EAE/ANV (Azione Nazionalista Basca), Partito politico indipendentista della sinistra antifascista basca, messo fuorilegge dal governo del "socialista" Zapatero, col concorso dei liberali nazionalisti di destra baschi (PNV) e l'appoggio delle forze "democratiche" basche e spagnole.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP)
per l'Autorganizzazione sociale


LO STATO NEOFRANCHISTA SPAGNOLO DICHIARA ILLEGALE IL PARTITO POLITICO EAE/ANV

Con la collaborazione pratica dei rappresentanti politici del neoliberalismo nazionalista e della socialdemocrazia basca, oggi 16 settembre 2008, i tribunali dello Stato neofranchista spagnolo hanno nuovamente reso illegale un'organizzazione politica della sinistra indipendentista basca: Azione Nazionalista Basca/Eusko Abertzale Ekintza (EAE/ANV) Azione Nazionalista Basca, organizzazione socialista ed indipendentista fondata nel 1930, ha combattuto creando battaglioni di militanti propri contro il sollevamento fascista spagnolo del 1936, nelle cui trincee 550 gudaris persero la vita. EAE/ANV condivise trincee e governo insieme a quello stesso PSOE, che oggi la ripaga del suo sforzo in sangue e prigione con l'illegalizzazione e al PNV che la ricompensa anch’esso, usurpando i posti degli eletti che il popolo, con il voto delle urne, aveva attribuito a EAE/ANV.

ANV, è un’organizzazione che ha accompagnato il progetto di una Euskal Herria indipendente e socialista praticamente dai suoi albori, e finora in maniera legale. ANV, è l’organizzazione nella quale militarono i combattenti antifascisti e internazionalisti del battaglione Guernica, uno dei primi ad entrare a Parigi liberata dal nazismo, alla fine di duri combattimenti. Ma noi sappiamo che il Governo attuale di Parigi le mostrerà la sua gratitudine, aumentando la sua collaborazione repressiva con lo Stato neofranchista spagnolo. Da tutte le forze del neoliberalismo, noi non ci aspettiamo altro che maggiore repressione e sfruttamento. Ma le forze che si pongono contro la globalizzazione invece che dicono? Che prendano nota quelle forze europee che, attraverso percorsi vari, cercano sinceramente di promuovere, un mondo nuovo senza sfruttamento,. Nel 1936 (data forse lontana nel calendario, ma ogni volta più vicina per gli insegnamenti che impartisce alla classe dei lavoratori e ai popoli in lotta), il capitale europeo tentava in Spagna, di uscire dalla sua crisi attraverso il fascismo, che ebbe in seguito come suoi alleati, la mancanza di una vera ed efficace solidarietà internazionalista della maggioranza della sinistra europea. Questo fascismo trionfante attraversò in seguito l'Europa.

Quando oggi, nel 2008, si ricomincia a illegalizzare, proibire, reprimere ed imprigionare le Idee a favore dei diritti sociali e dell’autodeterminazione del Popolo Basco attraverso il Regno Neofranchista di Spagna, può risultare veramente pericoloso per la sinistra trasformatrice europea, in questi tempi di globalizzazione, pensare nuovamente che ciò che vale per il capitale nel contesto dello Stato spagnolo, non valga anche per il resto degli Stati europei. Fascismo e NeoFranchismo. Non c’è altro concetto che definisca il regime del Regno spagnolo, governato ora dal PSOE, e prima dal PP.

Chiamiamo tutte le forze amiche e solidali con la lotta di Euskal Herria a mostrare laddove esse si trovano, il vero volto fascista del Regno di Spagna, dove è già VIETATO organizzare partiti politici che difendono l'indipendenza e il diritto all’autodeterminazione di Euskal Herria, dove è VIETATA la libertà di voto, dove è PROIBITO MANIFESTARE per queste rivendicazioni democratiche, dove le PRIGIONI SI STANNO RIEMPIENDO con centinaia di militanti sociali indipendentisti baschi, con aumenti delle carcerazioni da 10 anni, fino a 40 anni di più, e la possibilità di continuare la repressione telematica per 20 anni di più una volta scontata la condanna totale, e nella strada. Che si sappia: la sinistra indipendentista basca, anche sotto il neofranchismo asfissiante del PSOE, continuerà a lottare perché diventi realtà sulla nostra terra, il diritto democratico irrinunciabile di tutte le nazioni senza stato europee, a costruire in modo democratico il proprio stato socialista.

La solidarietà tra i popoli, questo amore così necessario!!!
Gora Euskal Herri askatua eta sozialista!!!
AURRERA ANV!!!

ASKAPENA. Organizzazione internazionalista basca.

Traduzione a cura dell’ASP (Associazione Solidarietà Proletaria)

venerdì 12 settembre 2008

"IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO..."

Settembre. Anno scolastico 2008/2009. La Scuola riapre i battenti, come ogni anno. Come ogni anno? Quest’anno sembrerebbe proprio di no. Con il Decreto Legge n°112 dello scorso 25 giugno, la Scuola – questa sconosciuta! – riapre col segno meno. Molto meno. 70mila posti di insegnanti tagliati, 40mila posti ATA cancellati a cui si aggiungono i 47mila posti già soppressi dal precedente governo. Totale: 160mila posti in meno! Motivazione resa ufficialmente dal governo Berlusconi per bocca della ministra (della Pubblica Istruzione?) Gelmini: “migliore qualificazione del servizio scolastico”(!)

Sembra che in questa fase, la fase dell’assenza di conflittualità di classe, la fase della fine delle mobilitazioni di massa o, più banalmente, l’occasione data dalla pausa estiva quando il governo lavora indisturbato al riparo dalla “piazza” ormai in vacanza, i ministri della Scuola, dell’Economia, della Pubblica Amministrazione giochino a raccogliere il peggio di quanto prodotto dalle “politiche scolastiche” degli ultimi anni, da Berlinguer a Moratti a Fioroni. Risultato: l’impoverimento definitivo della Scuola, la sua disgregazione, una complessiva dequalificazione e ridicolizzazione dei saperi. In una sola espressione: il “colpo di grazia” condotto al cuore di quell’istituto che avrebbe come sua eccellente finalità quella della formazione libera e critica di intelletti e di saperi fatti di acquisizione di coscienza civica e responsabilità civile, individuale e collettiva, morale ed etica.

I provvedimenti definiti dal Decreto, infatti, oltre alla riduzione delle materie, delle ore di lezione giornaliere e, forse, persino del tempo di durata delle singole lezioni, determineranno l’accorpamento delle materie di insegnamento per singolo docente, causando, così, un ovvio abbassamento della qualità didattica e la massiccia espulsione dei precari dell’insegnamento paradossalmente proprio a fronte dell’aumento a dismisura degli alunni per classe (si parla ormai di classi con 30-35 alunni, numeri propri alla “scuola regia” post-unitaria, in cui si renderà ancor più complicata l’operazione, già cialtronesca, di “recupero debiti”!). In nome di una supposta “razionalizzazione della rete scolastica”, pesante è l’attacco al tempo pieno e prolungato e al sostegno all’handicap, cosa che cancella di fatto tutte le scuole con meno di 500 alunni e segna il “magistrale” ritorno al “maestro unico”, costretto ed essere, pertanto, esempio inverosimile di “scienziato tuttologo” come proprio alla figura da “maestro del libro cuore”. Decine di migliaia i posti persi, dunque. Non solo! Molto più e molto peggio: la perdita definitiva di quella contitolarità didattica tra docenti che hanno fatto della scuola elementare italiana una delle più apprezzate ed imitate al mondo.

E ancora, come se non bastasse: ciò che resta della Scuola sarà progressivamente privatizzato tramite la riconversione dell’Istituzione scolastica pubblica in Istituti scolastici–Fondazioni governati da Consigli di Amministrazione a loro volta diretti da privati esterni. A riguardo, espliciti sono i due Disegni di Legge (nonché lo stesso Decreto legge governativo dello scorso 28 Agosto) patrocinati dalla detta ministra Gelmini e dalla Presidentessa della Commissione Cultura Valentina Aprea. Il passaggio completo alla gestione privata della Scuola tarata su base regionale aprirebbe la Scuola stessa alle esigenze aziendali locali e, com’è ovvio, a regimi di corrotto clientelarismo e autoritarismo, con assunzioni del personale affidate alla esclusiva, incontestabile prerogativa di “dirigenti scolastici” resi “datori di lavoro” e, in quanto tali, padroni di assumere, licenziare, aumentare o tagliare gli stipendi a seconda dell’andamento dei bilanci scolastici e gli interessi dei privati finanziatori.

Con detto Decreto legge del 28 Agosto e il DdL sul recupero scolastico, la Gelmini tenta, in mezzo a tanta idiozia, di “recuperare” serietà definendo il ripristino del voto di condotta, dei voti numerici alle scuole elementari e medie, degli esami di riparazione, dei grembiulini per gli alunni. Unici fatti, questi, di cui i vari esponenti del governo sono capaci di blaterare nei vari talkshow televisivi, al fine di deviare la discussione prima, l’attenzione poi dai provvedimenti veri, gravi, come sopra brevemente descritti. In una Scuola sì mortificata, ridicolizzata, umiliata all’inverosimile, tali provvedimenti non possono non determinare ulteriore selezione di classe tra chi potrà permettersi supporti educativi altri dalla Scuola e chi può contare solo sulla Scuola per imparare e leggere il mondo e provare a viverlo consapevolmente.

La Scuola italiana, fiore all’occhiello dell’Istruzione pubblica in Europa, con i provvedimenti del governo Berlusconi e i suoi ministri, irresponsabili e incapaci di leggere al di la dei propri interessi di censo, di casta, di classe, rischia di sparire.

Candidamente, ammette la ministra Gelmini – quella che ha dato dell’”ignorante” agli insegnanti meridionali, proprio lei, che partì da Brescia per sostenere l’esame di abilitazione alla professione di avvocato a Reggio Calabria! Cosa poi ci farà un avvocato al ministero dell’Istruzione resta un arcano mistero… - “l’Italia non può più permettersi una Scuola tanto costosa”. È già! Il “problema”, per il governo-azienda, è solo questo. Troppo costoso. Non qualità d’insegnamento, offerta didattica e formativa, promozione ed ascensione sociale. No. Niente di tutto ciò. Solo “troppo costoso”. E vista la recessione economica nella quale il nostro Paese si è infilato pur di non affrontare il problema di una più adeguata ridistribuzione di redditi e risorse a fronte della crisi dei consumi che inginocchia la produzione nazionale e premia ancora la rendita parassitaria improduttiva di signori e signorotti dell’Italietta borghese e neo-fascista, tagliare è la parola d’ordine. Tagliare sulla Scuola, sull’Istruzione pubblica e di massa, sulla possibilità stessa di formare nuove generazioni preparandole alle sfide imposte dalla modernità economica globale, è, per il nostro governo, scelta necessaria, obbligatoria… Necessaria a chi? Obbligatoria perché? Forse perché un Popolo non istruito e mediamente ignorante può essere meglio manovrato alla maniera delle pecore? “Opportunamente” diretto nell’interesse malcelato di padroni e padroncini? Paternalisticamente assistito dal “governo buon pastore” che pretende di sapere sempre cos’è meglio pel suo Popolo e comunque saperlo meglio di quanto il Popolo stesso non sappia fare per se stesso?...

Se così è per Berlusconi, la Gelmini e i loro amici e i loro amici degli amici, non è così per noi, donne e uomini del Popolo per il Popolo. Non è, non può essere così, per decine di migliaia di insegnanti e personale ATA, centinaia di migliaia di studenti, milioni di genitori e cittadini interessati alla Scuola pubblica ed a un sapere libero, critico, accessibile a tutti poiché democraticamente reso. Già i precari, i più colpiti da anni a questa parte, sono ormai sul piede di guerra e muovono battaglia intensificando, in durata ed estensione del conflitto, la lotta di categoria. Non è più tempo di “opposizioni credibili” alla maniera propria alla dialettica ben perben di moderati d’occasione sempre pronti al collaborazionismo interclassista col nemico pur di esser annoverati al tavolo di trattative dove si concertano diritti per poi svenderli e spartirsene le rendite. È tempo invece di “incredibile opposizione”, nella Scuola e nel Paese tutto. È tempo di una nuova e rinnovata Campagna d’autunno, fatta di Lotta e di Lavoro. A ché l’autunno torni a scottare. A ché quest’autunno bruci.

Il prossimo 17 Ottobre è già convocato dalle principali sigle del sindacalismo extraconfederale e antagonista (CUB-RdB, COBAS, SdL) un grande sciopero generale di tutte le categorie del Lavoro dipendente. Che sia la Scuola in prima linea nella difesa della dignità del lavoro e dell’Istruzione pubblica. Che siano milioni le donne e gli uomini a schierarsi in massa contro questo governo antipopolare, antisociale, antioperaio.

Noi, donne e uomini del Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP) per l’Autorganizzazione sociale ci saremo. E lavoreremo fin d’ora alla costruzione di questa data intensificando le nostre azioni di lotta, mobilitazione sociale, costruzione di conflitto.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP)
per l'Autorganizzazione sociale

lunedì 8 settembre 2008

OPERAZIONE SAAKASHVILI

(di Giulietto Chiesa*)

Quei giorni di agosto 2008 resteranno sicuramente nella storia come giorni di una svolta, di un drastico del quadro politico internazionale. La Russia non è più quella che, per 17 anni, l'Occidente aveva immaginato che fosse. E' ben vero che, i primi anni dopo il crollo, l'euforia del trionfo dell'Occidente era stata corroborata da una leadership russa di Quisling, capitanati da un ubriacone rozzo e baro, come lo fu Boris Eltsin. Ma dopo, con la sua dipartita dal potere russo, la musica aveva cominciato a cambiare. I segnali erano tanti. Ma i vincitori erano convinti che Vladimir Putin facesse il muso duro solo per rabbonire i russi umiliati, mentre, in realtà, proprio lui stava - lentamente, ma con chiara progressione - mettendo le basi per un cambiamento. Solo che, come dice un antico proverbio coltivato sotto ogni latitudine, Dio acceca coloro che vuole perdere. L'illusione sulla disponibilità dei russi a lasciarsi mettere ormai il piede sul collo in ogni occasione avrebbe dovuto assottigliarsi e dare spazio al realismo.

Da queste colonne ho scritto più volte - i lettori lo ricorderanno - che la Russia aveva smesso di ritirarsi e che sarebbe venuto il momento in cui tutti avremmo dovuto accorgercene.
Al giovane avvocato americano Saakashvili, e ai suoi consiglieri e amici americani e israeliani, agli europei che continuano a tenere bordone, è toccato di sperimentare che la ritirata della Russia è finita. Resta loro ancora da capire che è finita per sempre. Nel senso che, per un periodo di tempo oggi non prevedibile, l'Occidente, o quello che ne resta, dovrà fare i conti con una Russia tornata protagonista mondiale. E non solo perchè la Russia è oggi molto più forte di quello che era nel 1991, ma perchè l'Occidente - e in primo luogo gli Stati Uniti d'America - è molto più debole di allora. Sotto tutti i profili. Otto anni di George Bush hanno logorato l'America, il suo prestigio. Ma non è solo politica. La crisi della finanza internazionale è nata dalla "Grande Truffa" dei mutui facili, costruita da Wall Street. La crisi energetica, evidente a tutti salvo a chi non vuole vederla, incombe ormai sull'intera economia mondiale e determinerà contraccolpi drammatici in tutto il mondo, mentre la Russia si trova ad essere l'unica grande potenza che ha tutte le risorse al suo interno e non avrà alcun bisogno di andarsele a prendere, con la forza, fuori dai suoi confini. Il cambiamento climatico colpirà ogni area del pianeta, ma tra tutte la più avvantaggiata sarà proprio la Russia, mentre Europa e Stati Uniti dovranno difendersene in tempi relativamente rapidi. L'Europa, in primo luogo, avrà un bisogno imperioso, non eliminabile, dell'energia russa per fronteggiare una transizione a una società che non sarà più quella della crescita dei consumi (che verrà resa impossibile dalle nuove condizioni di scarsezza relativa e assoluta di risorse). Queste sono considerazioni di elementare realismo, alle quali molti dirigenti europei e entrambi i candidati alla presidenza americana, sembrano essere impermeabili.
La loro visione del mondo ha continuato, in questi diciassette anni, ad essere quella della guerra fredda, dei vincitori. E hanno assunto come bibbia per i loro pensieri il libretto che Zbignew Brzezisnki aveva scritto parecchio tempo prima della caduta dell'Unione Sovietica: obiettivo prossimo venturo, "dopo la liquidazione del comunismo", dovrà essere la liquidazione della Russia, la sua scomposizione, la sua trasformazione in tre repubbliche (Russia Europea, Siberia Occidentale, Estremo Oriente russo) prima "leggermente federate" e poi indipendenti. Con la parte europea assorbibile dall'Europa, la Siberia Occidentale in mano americana, e l'estremo oriente russo messo a disposizione di Giappone e Cina, a sua volta omogeneizzata alla globalizzazione americana. Come sappiamo le cose sono andate molto diversamente su tutti i fronti. Ma la pressione sulla Russia è stata mantenuta, continua, asfissiante. Basta guardare oggi alle immagini della manifestazione di Tbilisi, in cui Saakashvili ha cercato di rimettersi in piedi dopo la durissima lezione subita tra il 6 e il 9 agosto, e passare in rassegna i nomi degli "ospiti" alleati morali (l'Ucraina anche alleata materiale) dell'aggressione all'Ossetia del Sud, per avere il quadro dei risultati di quella politica di Washington. Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Ucraina in fila, con i loro presidenti, di fronte alla folla georgiana: vista sulla carta geografica è la rappresentazione dell'accerchiamento, di una nuova, davvero insensata, irrealistica operazione di accerchiamento. Aggiungendo la Georgia ecco completato il semicerchio con cui tutte le frontiere della Russia diventano bastioni di un'offensiva politico-diplomatico-energetica-psicologica antirussa. Mancavano, tuttavia, la Romania, la Bulgaria, perfino la Repubblica Ceca di quel reazionario con i fiocchi di Vaclav Klaus. Mancavano l'Ungheria la Slovacchia e la Slovenia, forse solo un tantino più prudenti, forse resesi conto che la corda era stata tirata troppo ed è giunto il momento di frenare se non si vogliono maggiori guai. Mancava perfino l'Italia, figurarsi!
E il giorno dopo Varsavia firmava l'accettazione del nuovo sistema missilistico americano. Primo atto, presentato come "di ritorsione" dai media occidentali, mentre era in preparazione da almeno due anni. E, a proposito dei media occidentali, resta solo da constatare che l'ondata di menzogne da essi prodotte (con rarissime eccezioni) , se ha dato l'impressione momentanea di un isolamento completo della Russia in tutto l'Occidente, ha rappresentato la classica vittoria di Pirro. Non solo perchè i fatti, gli avvenimenti sul terreno, hanno confermato le versioni che venivano date dalla Russia e dai suoi media, ma perchè la falsificazione è stata così imponente, così sfacciata che negli anni a venire verrà ricordata da milioni di russi (e da miliardi di persone in tutto il mondo non occidentale) come la prova definitiva che il mainstream informativo occidentale è ormai diventato un megafono - attivo e passivo - dei centri imperiali del potere. Dunque non più affidabile.

Sono quelle cose che in politica si pagano, magari non subito, magari dopo anni, ma restano nella memoria dei popoli, nella psicologia collettiva. Questa volta i bugiardi, gli aggressori non sono stati i russi, ma "i nostri".
E non hanno mentito, imbarazzati, solo i portavoce. In quelle ore mentivano i numeri uno, sfilando, uno dietro l'altro davanti alle telecamere famose delle maggiori catene disinformative. Bush che annuncia il prossimo assalto a Tbilisi e il rovesciamento del "democratico governo della Georgia", Mc Caine che ripete la giaculatoria, e via tutti gli altri, incluso Obama. Dio ci protegga da questo futuro presidente americano, chiunque sia, nero o bianco, vecchio o giovane, democratico o repubblicano.

"La Russia ha occupato Gori"; "colonne di tank russi si dirigono su Tbilisi". Le vie di Tzkhinvali, devastate dall'assalto di un esercito di migliaia di uomini di centinaia di carri armati, di aerei e elicotteri, mostrate al pubblico come fossero le strade di Gori "selvaggiamente bombardate" dagli aerei russi. Notizie di bombardamenti dell'oleodotto Baku-Ceyhan date per certe, ma inventate, offrono spazio a decine di commenti sul nulla. Ma il vertice dell'ipocrisia avviene quando i media occidentali, resisi conto che la Russia non punta affatto a conquistare Tbilisi e che si è fermata sulle frontiere dell'Ossetia del Sud e dell'Abkhazia, cominciano a stigmatizzare indignati i bombardamenti che la Russia ha effettuato fuori da quelle frontiere. Come se tutti si fossero dimenticati che gli aerei della Nato, nel 1999, andarono a bombardare Belgrado e decine di piccoli e medi centri urbani della Jugoslavia. Semplicemente per punire la popolazione, per democratizzarla, distruggendo ponti, infrastrutture, fabbriche, ospedali. E naturalmente uccidendo centinaia, anzi migliaia di civili. Due pesi e due misure, come al solito. Noi siamo i buoni, loro sono i cattivi. Punto e basta.

Punto e basta lo ha detto ora la Russia di Medvedev e Putin. L'Ossetia del Sud e l'Abkhazia saranno riconosciute formalmente come repubbliche indipendenti dalla Russia. Fino ad ora non era avvenuto. L'avventura sanguinosa di Saakashvili e di Washington lo ha reso inevitabile prima ancora che possibile. Medvedev ha detto, senza la minima ambiguità, che la Russia accetterà le decisioni dei due popoli e le trasformerà in atti politici e diplomatici, "uniformando la propria posizione internazionale a quelle decisioni". E non vi è dubbio quali saranno quelle decisioni. E non vi saranno passi indietro rispetto a quello che ossetini e abkhazi hanno già ripetutamente scelto nei referendum per la sovranità che hanno approvato.
L'"integrità territoriale" della Georgia - questa la formula difesa da diverse risoluzioni del Parlamento Europeo che io non ho mai votato - non sarà più possibile. Saakashvili è politicamente finito. Lo terranno in piedi ancora per qualche tempo, poi dovranno spiegargli che e meglio se torna a fare l'avvocato negli Stati Uniti.

La Georgia nella Nato forse entrerà, se l'Occidente insiste nella sua offensiva antirussa. E forse entrerà anche l'Ucraina. Impossibile prevedere lo sviluppo di questi eventi perchè le variabili sono troppo numerose per essere calcolate tutte. Ma gli occidentali dovrebbero sapere che ogni passo che faranno in questa direzione sarà duramente contrastato dalla Russia che, come è evidente, ha smesso di ritirarsi. Georgia e Ucraina in Europa sembrano oggi, viste da Bruxelles, più difficili di prima. La crisi georgiana ha mostrato che in Europa vi sono forze ragionevoli che non vogliono portarsi in casa una guerra e non vogliono creare una crisi di enormi proporzioni (con l'Ucraina spaccata in due). L'operazione Saakashvili si è rivelata un vero disastro geopolitico per gli Stati Uniti. Le onde di risucchio andranno lontano. La guerra fredda è ricominciata, e non per colpa della Russia. L'Europa dovrà decidere da che parte stare.

* http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=7655

domenica 7 settembre 2008

CHIAIANO CONTRO LA DISCARICA

Comunicato del Presidio permanente contro la discarica di Chiaiano e Marano:

Nonostante l’accelerazione da parte del governo sulla costruzione della discarica nella Selva di Chiaiano, il Presidio permanente ha continuato la mobilitazione per tutto il mese di agosto , e siamo decisi a non mollare fino all’ultimo istante per difendere il territorio, la salute, l’ambiente, contro una piano rifiuti scellerato.

I giornali e le Tv ci raccontano di una discarica ormai in fase di realizzazione, quando in realtà nulla è stato ancora fatto, né la bonifica, né il completamento della messa in sicurezza. Allo stesso modo il nuovo piano di viabilità per gli autocompattatori carichi di monnezza imposto dal governo porterebbe al collasso l’intera viabilità di Chiaiano e Marano. I camion non passeranno solo per Via Santa Maria a Cubito e Via Cupa dei Cani, ma quasi trenta camion al giorno passeranno per Corso Mediterraneo,Via San Rocco, Via Labriola,Via Padreterno,Via Monte, Via Casa Lanno, Via del Mare, Via Marano Pianura, Via Cinque Cercale, paralizzando la viabilità !!!

Ma la nostra mobilitazione oggi più che mai è forte e determinata.

Abbiamo deciso di lanciare una “campagna di settembre” con una serie di manifestazioni, azioni, blitz creativi, che si svolgeranno per tutto il mese toccando i punti nevralgici della metropoli, e che culmineranno il 27 settembre prossimo con una manifestazione nazionale, in quello che abbiamo chiamato ”Jatevenne Day”.

Ma soprattutto in questo mese cominceremo a bloccare in maniera diretta la costruzione della discarica nella Selva di Chiaiano , per fermare concretamente questo scempio del territorio. Abbiamo assistito per mesi alla diatriba alimentata dai giornali cittadini sulla violenza e sulla non violenza. Ci chiediamo dove sia la violenza, in chi distrugge un intero territorio oppure in chi lo difende ? Noi abbiamo deciso di sottrarci a questo schema, facendo la scelta della disobbedienza civile come azione di lotta contro la costruzione della discarica.

Rigettiamo e denunciamo pubblicamente l’opera di personaggi politici locali alla guida di enti pubblici che provano ad imbonire i cittadini attraverso la promessa di posti di lavoro inesistenti e compensazioni. Non siamo in vendita!

La lotta contro la discarica è tutt’altro che conclusa , per questo invitiamo tutti i cittadini di Chiaiano e Marano a venire al Presidio Permanente in Via Cupa dei Cani e partecipare alle iniziative di lotta.

SABATO 6 SETTEMBRE 2008
MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA DISCARICA
ore 17 STAZIONE METRO CHIAIANO