sabato 25 aprile 2009

VIVIAMO. SIAMO PARTIGIANI.

25 aprile 2009. Berlusconi al governo. Il “berlusconismo”, norma di sistema. Il trionfalismo delle destre di governo e l’ansia di revanscismo di quelle più politiche e aggressive rinnovano l’offensiva liquidazionista del patrimonio resistenziale e antifascista, del suo tessuto di valori, della sua stessa esperienza umana e storica. “E la sinistra?”,varrebbe la pena chiedersi. La politica scientemente assunta e la conseguente pratica della “smobilitazione unilaterale” condotta proprio dalla “sinistra” sul tema della Resistenza e dell’antifascismo è stata prontamente introiettata dalle Istituzioni già deboli e corrotte di una Repubblica malata, pesantemente afflitta ed infiltrata da tendenze neobonapartiste ed ambizioni autocratiche e autoritarie. Democrazia semi-fittizia ridotta a pantomima di se stessa, ormai prona agli interessi privati di privati speculatori. Così, nel rinnovato clima di sempre più solo presunta “unità nazionale” e trasversalismo tra schieramenti sempre più simili tra loro, la Resistenza, base di quella che avrebbe dovuto – e, con differenti quadrature storiche e di fase, avrebbe saputo(!) – essere una Democrazia costituzionale e costituzionalmente antifascista, è stata consegnata, progressivamente, all’oblio della Storia, progressivamente occultata dietro calunnie e menzogne artate all’occorrenza, “revisionata” sulla base di una “modernità” del mondo che esclude il passato, manipola la memoria, pregiudica il futuro e lo ipoteca. Ed il Paese, orientato e diretto, alla maniera propria al “buon pastore”, da mezzi di comunicazione di massa “sapientemente” usati ed abusati da padroni, privati e massoni, assorbe, metabolizza e tende, ormai vistosamente, verso una destra anticomunista ed eversiva che si fa pensiero dominante.

Nel mentre, il revisionismo picchia duro su ogni lato: vinti e vincitori, repubblichini di Salò e partigiani, fascisti e antifascisti sono equiparati quali “leggimi contendenti”, seppur opposti, di un comune campo di battaglia! Accomunati, dunque, da stesse atrocità, ferocia, violenza collettiva. Salvo poi, però – dice il Presidente Berlusconi – che “quella di Mussolini è stata una dittatura morbida (…) Mussolini non ha ammazzato nessuno (…) il confino dei dissidenti era una villeggiatura (…)”!! In sintesi: comunisti = sanguinari feroci “senzadio” (e, magari, anche “ammazzapreti” e “mangiabambini”!); fascisti = così e così e, nel loro possibile, hanno pure fatto “cose buone”. Del resto – ignoranza insegna! – “quando c’era lui, i treni arrivano in orario, potevi lasciare la casa aperta” etc. etc.

Cosa aspettarsi di peggio? Un nuovo fascismo, quale involuzione autoritaria delle Istituzioni repubblicane, sdoganato dalle tentazioni golpiste del Berlusconi piduista o il perduto antifascismo di chi si pente degli “eccessi” del passato, chiede scusa e, per farsi accettare nei circoli dei burocrati di Palazzo ad oggi fabbricanti universali di pubblica opinione, abbandona ogni vigilanza e livello di difesa delle Istituzioni democratiche faticosamente conquistate da chi ha lottato per la Libertà?
Ad ogni modo risulta già presente e chiaro, quale indotta “amnesia della Repubblica”, un uso “politico” della Storia tutto teso allo scopo di minare le fondamenta antifasciste della Repubblica Italiana per poter così manomettere la Costituzione che ne è alla base e portare a compimento il disegno, già in itinere da anni, di ridefinizione neo-corporativa dello Stato borghese. Costituzione che, con il suo portato e la sua storia, rappresenta ancora oggi effettivo ostacolo alla riorganizzazione dei rapporti economico-sociali di sfruttamento nel quadro di un capitalismo in odore di svolta autoritaria, repressiva, regressiva. Operazione, dunque, di rovesciamento della verità storica quale atto di “pacificazione coatta” funzionale alla determinazione innaturale di una “memoria condivisa” del tutto appannaggio di una classe dominante “bipartisan” (centrodestra e centrosinistra) il cui revisionismo strumentale fittiziamente contrapposto determina la rispettiva convergenza d’interessi nel gestire il processo di forzata disciplinizzazione sociale aliena e impermeabile a qualsiasi istanza di emancipazione reale delle classi subalterne. Nesso tra le due forme di revisionismo, in definitiva, accomunate dalla stessa ansia di stabilizzazione extra-democratica del Sistema, del Potere.

Intanto, la resa ideologica incondizionata degli anni Novanta – come propria al teorema della “morte delle ideologie” assunto dai teorici dell’attuale revisionismo storico (Renzo de Felice, Francois Furet, etc.) e “magistralmente” condotto, tanto dai fautori della Bolognina storica che da voltagabbana dell’ultim’ora, a danno delle speranze di difesa, emancipazione e di riscatto di milioni di lavoratori e i loro figli – ci trova oggi vittime subalterne del monopolio esclusivo di un’ideologia unica, totalizzata, totalizzante: l’ideologia della destra, indubbiamente più congeniale al mantenimento dell’ordine sociale esistente e la relativa separatezza di classe. Rampantismo, fittizio “autodafé”, individualismo esasperante, razzismo, sessismo sono gli elementi di una dittatura mediatica che orienta le masse all’occorrenza, le determina, le sopisce: schiere di venditori marcati Pubblitalia, rabbonitori di Mediaset, starlette della politica e rassicuranti sorrisi sempre in scena preparano il terreno della “rinnovata” propaganda cripto-fascista, i suoi contenuti eversivi, le sue degenerazioni più nefaste. E allora pieno è il sostegno politico ad ogni sforzo militare e imperialista, esplicito l’odio verso gli immigrati considerati gente di “popoli inferiori”, emblematico il recupero dell’integralismo cattolico più retrivo e oscurantista, evidente la demonizzazione di qualsivoglia attività sindacale e delle lotte sociali, “normale” l’uso della demagogia populista, ovvio – ahinoi! – lo sdoganamento di gruppi neonazisti pesantemente ideologizzati, coinvolti, quali potenziale ma già effettivo “braccio armato”, nelle trame eversive del Governo ed eredi tutt’affatto che pentiti della peggiore deriva mussoliniana.

Oggi, 25 aprile 2009, siamo nuovamente in piazza, ad osservare la Memoria della Lotta, a guadagnarci ancora ad un futuro di nuova Conquista e di Vittoria.
In un momento in cui il paradigma antifascista sembra essere spezzato dal revisionismo di destra e di sinistra, coronato, peraltro, dal voto trasversale del ddl 628 (Disposizioni per il riconoscimento della qualifica di ex combattente agli appartenenti alla Guardia Civica di Trieste, corpo collaborazionista che giurava fedeltà ad Hitler con giuramento bilingue) e 1360 (Istituzione dell'Ordine del Tricolore e adeguamento dei trattamenti pensionistici di guerra, che istituisce onorificenza comune tra militari italiani in servizio durante la guerra del ‘40-’45, militanti delle formazioni gappiste o partigiane e fascisti combattenti della Repubblica Sociale Italiana), ribadire la nostra assoluta opposizione ai tentativi in corso di “rovescismo” delle fondamenta stesse della consapevolezza storica e sociale del Popolo italiano che, dopo vent’anni di oppressione fascista, tanto fece per liberarsene combattendo, è atto di responsabilità civile, prim’ancora che politica.
In un momento in cui il Presidente della Repubblica afferma “l’importanza del valore dell’unità dell’Italia (…) quell’unità che (…) era il sentimento che animò molti dei giovani che allora fecero scelte diverse e che le fecero credendo di servire ugualmente l’onore della propria Patria” in perfetta continuità “craxiana” quanto alla declamata “fine dell’antifascismo” in ordine a ciò che signori come il detto De Felice o lo stesso Giuliano Ferrara chiamarono “esigenza di una nuova Costituzione”, “stagione della grande Riforma”, “Seconda Repubblica”, ai Compagni ed alle Compagne, a noi tutti, a tutti coloro che sentono come proprio diritto la garanzia degli spazi di agibilità democratica conquistati con la Lotta e il sacrificio di autentici combattenti partigiani per la Libertà, sta la contestazione reale, in merito, metodo e sostanza di ogni operazione di inaccettabile “relativizzazione” del fascismo; sta il diniego di ogni tentativo strumentale di sottolineare presunte “zone buie” e “triangoli rossi” della Resistenza; sta la ferma, decisa opposizione di principio e di battaglia contro ogni revisionismo, convinti, come siamo, che alcuna diametralità possa essere mai possibile tra “la dittatura terroristica aperta degli elementi più reazionari, più sciovinisti, più imperialistici del capitalismo finanziario” e la Bandiera Rossa del Riscatto popolare e del Progresso, i suoi emblemi dell’Unità del Lavoro, la Stella Rossa della libertà proletaria.

Noi, donne e uomini di Popolo e coscienza, per Essa ci battiamo, ci batteremo ancora. Giacché viviamo. Siamo partigiani. Odiamo chi non parteggia.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (Cdp)
per l'Autorganizzazione sociale

Collettivo Politico MILITANZ UniCal
per l'Autorganizzazione studetesca

mercoledì 8 aprile 2009

PARA PONZI PONZI PO'...!

Ottobre scorso. La crisi della Finanza internazionale è già evidente, pesante. Negli Stati Uniti, cuore infartuato del Mercato mondiale, si presenta con una gravità che in Europa sarà percepita solo nei mesi a venire. Eppure crisi tutt’affatto che “piovuta” dal nulla! Crisi del resto già ben nota ai sì detti analisti di mercato, il cui compito storico consiste proprio nello “scontare”, prevedere scenari futuri, elaborare modelli previsionali a 10-15 anni, 20-25, i più accorti. Per cui crisi venuta da lontano. Latente eppure nota, temuta, “rinviata” il più possibile nell’adottare ogni mezzo per vivificare le sorti d’un mercato insalubre, di un capitalismo ormai già “post-se stesso”. Tentato rinnovo delle rendite parassitarie euro-atlantiche nel mondo, apertura forzata e forzosa di nuovi varchi di mercato “a mano armata”, recupero di rinnovati rapporti verticali di dominio-assoggettamento nei riguardi dei sì detti Paesi dipendenti tramite il gioco di Organismi internazionali tanto economici che politici (ONU, WTO, FMI, etc.), sono state le “procedure d’urgenza” per ritardare le ricadute più nefaste della crisi in Occidente. Crisi ormai sistemica, strutturale. A poco sono serviti i richiami formali ad una sempre più solo presunta ripresa di qui a due anni. A nulla le “pubblicità progresso” sull’ “ottimismo quale sale della vita”..! A destare ancor più pubblica rabbia e confusione gli inviti a “spendere chè l’Economia ringrazia”.. I mercati hanno bisogno di ben altro per “recuperar fiducia”..

E allora si parte con i “Piani di Salvataggio”! Banche (ri)foraggiate dallo Stato, immissione coatta sul mercato di mezzi di pagamento seppur non più adeguatamente coperti in termini di riserve auree, petrolifere o valute pregiate. Rincorsa a titoli tecnologici che promanano non già dallo sviluppo del capitalismo quanto, piuttosto, dalla sua stessa crisi, nella misura in cui emblemi di un Capitale che non riuscendo più a valorizzare se stesso, si proietta, sconfitto, nella dimensione transazionale, progressivamente finanziarizzata, totalmente fittizia. L’Inflazione ringrazia. Il potere d’acquisto delle famiglie si dimezza. La Povertà galoppa.Verrebbe da pensare alla chiosa dell’ultimo grande veterano del Senato americano Everett Dirkson dell’Illinois (1896-1969): “un migliaio di miliardi qua, un migliaio di miliardi là, prima o poi finiremo col parlare di soldi veri”. O meglio, stando alla fase, strutturalmente posta, “prima o poi saranno i tuoi soldi a non esser più veri”..

In questo senso, i “Piani di Salvataggio” tanto sbandierati da governi che si fregiano di affrontare “responsabilmente” la crisi, si sostanziano di veicoli d’investimento sì complessi che – guarda caso! – potevano essere creati soltanto come indecifrabili codici alfanumerici informatici. Esattamente, cioè, quali titoli in linea perfetta con detta irrazionale finanziarizzazione speculativa del Capitale! Ragion per cui, fermi i detti modelli previsionali, quasi nessuno – nemmeno a Wall Street, verrebbe da credere – riesce a capire che cosa essi rappresentino. In realtà, la giungla alfabetica di tali titoli azionari a dir poco sofisticati – i vari Cdo, Cds, gli Mbs, i Siv, etc. – sembrano poggiarsi su una ricetta che, per un certo tempo, fu nota alle cronache giudiziarie americane: gli algoritmi di Charles Ponzi (1882-1949), truffatore americano di origini italiane, che escogitò un metodo per fare soldi rapidamente e dal nulla. Architettati per essere matematicamente indecifrabili se non da computer e calcolatori complessi, essi, gli algoritmi, si autorappresentavano in una sorta di universo parallelo di costruzione di modelli matematici nominali, alternativi e sganciati dal mondo reale, dal piano dell’Economia reale. Il Grande Salvataggio marcato USA sembra esser proprio questo o, comunque, non sembra prescinderne. Un salvataggio “tossico”. Non sarà che i sì detti “titoli tossici” sono proprio quei titoli azionari indecifrabili il cui valore di scambio effettivo non potrà esser compreso se non ricercandolo sotto la soglia dello zero?.. Sarà questo il “segreto” dei misteriosi “piani salva-banche”?..

Del resto, lo “smaltimento” reale di detti investimenti tossici determinerebbe, rapidamente, troppo rapidamente, una reazione a catena che annienterebbe gli strumenti finanziari derivati che trasferiscono l'esposizione creditizia di prodotti a reddito fisso tra le parti, facendo terra bruciata dell’intero panorama bancario e carta straccia di fondi pensione e conto correnti! E i capitalisti, sì come ogni buon agente speculatore del mercato, ben conoscono il rischio di Credit Default Swap.. Se le Banche Centrali dei vari Paesi o le Autorità preposte a garantire, seppur entro certi limiti, i depositi bancari nei confronti dei depositanti in caso di difficoltà di tipo gestionale delle istituzioni bancarie e finanziarie, non riuscissero più ad “onorare” i propri impegni, ad osservare i propri compiti, ad avere ancora una ragion d’essere, nulla più impedirebbe la disintegrazione sociale, l’implosione di sistema.Un simile scenario potrebbe indurre un parlamentare, meglio ancora se Presidente del Consiglio, a dire qualsiasi stupidaggine, peggio ancora a farla. Ritorno all’Economia protezionista? Ridefinizione neo-corporativa dello Stato? Involuzione autoritaria delle Istituzioni democratiche? Limitazione del diritto di sciopero? Attacco diretto alla libertà di stampa e informazione? Restrizione dei margini di agibilità democratica, politica, sindacale? Tutte insieme e progressivamente?.. C’è da rifletterci..

Ma il “Grande Salvataggio” è ormai varato. Chi riflette è perduto! La crisi merita decisionismo, autorità, nessuna discussione! Meglio se a “risolvere” il dibattito parlamentare siano i soli capigruppo dei vari schieramenti..

Viene da chiedersi cosa accadrà ora, a sei mesi dal voto sui “Piani di Salvataggio”. Intanto l’obiettivo primario, stabilizzare il sistema bancario e placare i mercati, sembra già essere fallito. Mentre le attuali “manovre correttive” – che insistono sulle stesse logiche dei “Piani” – somigliano sempre più alla “finanza creativa” di Ponzi (ma non solo di Ponzi…), i cui elementi teologico-matematici, seppur ampiamente dibattuti in una costante corsa all’interpretazione, riuscirono nello scopo di rafforzare il mistero dei sofisticati titoli azionari. La classe dominante, poi, finge di ignorare che il problema principale, sotteso al tracollo dalle Finanza internazionale, è il petrolio, nonché la dipendenza oggettiva dell’Economia dall’approvvigionamento energetico e di materie prime. Senza rifornimenti di petrolio sicuri e crescenti non c’è crescita industriale e senza crescita industriale gli strumenti d’investimento finanziario perdono di legittimità. Sarà per questo che i titoli azionari di “ponziana” memoria non vengono più, di fatto, considerati truffa, ma, al contrario, si presentano come il tentativo in extremis di compensare lo stallo della crescita industriale creando ricchezza…dal nulla?!

Poco male, se così fosse. Detto questo, però, l’investimento in ordine a nuova, astrusa finanziarizzazione all’indomani dell’approvazioni dei “piani anti-crisi”, invece di risollevare i mercati, li hanno depressi ulteriormente. Crollano gli investimenti nei tecnologici, si torna ad investire nei titoli industriali, magari in quelli dei Paesi produttori di petrolio oggi abbarbicati in un nuovo “nazionalismo petrolifero” che scompagina il mercato delle transazioni del greggio così come l’abbiamo conosciute nel XX secolo.

Resta però insoluta la questione del “picco del petrolio”, ovvero la crescente domanda planetario per il consumo pro-capite che ormai supera progressivamente l’offerta. Nella contesa sempiterna tra Paesi importatori di petrolio si determina la speculazione sul prezzo del greggio, per la verità già partita agli inizi del 2008 e seguita dalla conseguente speculazione sul prezzo dei generi alimentari. E perché, a questo punto, non speculare anche sul prezzo dell’acqua?..

Parlare di “soluzioni”, in questo stato di cose, pare inappropriato, giacché presuppone una linea di continuità, seppur magari parzialmente “aggiustata”, nel quadro di una società dei consumi che non può più esser tale. E le ubriacature sulle “fonti d’energia alternative” – sappiamo – non potranno fare fronte alle nostre abitudini ai consumi e matenerne gli stessi livelli.

Più utile, forse, sarebbe pensare a un diverso modello di sviluppo, alternativo al sistema di produzione capitalistico che, nel suo stesso incedere, ha prodotto esattamente le ragioni della sua crisi non più “rinviabile”. Un sistema di produzione, distribuzione e scambio che funzioni come razionalizzazione funzionale dell’Economia, un sistema che – senza aver paura di utilizzare parole e concetti che sembrano appartenere ad epoche ormai scorse – pianifichi gestione e socializzazione di proprietà, redditi e risorse, ridistribuisca ricchezza reale per “regolamentare” davvero un mercato forse, ad oggi, davvero troppo libero, troppo anarchico, suicida e assassino insieme..

È strano e preoccupantemente divertente vedere ogni giorno i giornalisti inviati di Borsa che tentano di spiegare al largo pubblico lo stato dell’arte pur non potendo venir meno alla parola d’ordine di “infonder fiducia” imposta loro dalle centrali di controllo dell’Informazione ufficiale. Equilibrismi misti ad astrusità all’occorrenza artate sembrano suggerire ormai che la fiducia nel Mercato altro non può essere che un “atto di fede” e – si sa – la fede ha sempre i suoi misteri, dogmaticamente posti, assiomaticamente dati. In effetti, nelle parole di Howard Kunstler, scrittore ed ex giornalista statunitense, “solo la metafora religiosa è in grado di rendere il disastro cui stiamo assistendo, perché solo Dio sa dove andremo a finire”. E se Dio fosse di destra?...

RedAlert

lunedì 6 aprile 2009

RdB VIGILI DEL FUOCO DENUNCIANO...

I sintomi del terremoto erano già stati annunciati e i Vigili del Fuoco allertati. Come mai allora c'è stato questo macello in Abruzzo?

Dalla RdB Vigili del Fuoco abbiamo avuto la conferma che da molti giorni studiosi e esperti avevano annunciato possibili sismi nel centro Italia, anche i vigili del fuoco sono stati in queste settimane interessati da richieste e telefonate ai centralini di notizie in merito alle attività sismiche sul territorio. "Tutti hanno fatto orecchie da mercante, nessuno si è preoccupato di attivare procedure di preallerta sulle zone segnalate da possibili sciami sismici. Alcuni studiosi che avevano avanzato la possibilità di terremoti sono stati addirittura denunciati per procurato allarme, ora dopo il disastro e la morte di tanta povera gente tutti si interrogano sulle possibili attività che potevano essere messe in campo" denuncia un comunicato delle RdB dei Vigili del Fuoco. Certamente non si sarebbe fermato il sisma ma indubbiamente tutte quelle attività di prevenzione e procedure di preallarme potevano essere utilizzate nella zona. Più o meno quello che sta succedendo in queste ore con contingenti da tutte le parti d’Italia dei Vigili del Fuoco che stanno partendo con tutte le difficoltà del caso – autostrade intasate o impercorribili, ritardi di organizzazione di colonne mobili, organici che devono essere reperiti dalle proprie abitazioni perché in questi anni il problema principale dei governi è stato quello della sicurezza in generale dimenticandosi del soccorso alla popolazione della prevenzione sul territorio e soprattutto che viviamo in una penisola soggetta ai terremoti. Ora si ricomincia nuovamente con la sceneggiata dei volontari sul posto per rappresentare l’efficienza dello Stato in attesa che il personale del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ormai ridotto a mera presenza nei posti di lavoro (sotto organico perenne) si organizzi da tutta Italia e parta per le zone terremotate. Finita la prima emergenza tutto tornerà peggio di prima fino alle prossime morti. Senza un sistema di protezione civile – che si preoccupi concretamente delle emergenze del Paese – con dentro la macchina organizzativa dei Vigili del Fuoco il Paese dovrà ancora piangere dei propri concittadini.

venerdì 3 aprile 2009

MAKE NATO HISTORY

"Chi ruba in terra altrui vive sempre nel terrore"

(proverbio palestinese)