E allora si parte con i “Piani di Salvataggio”! Banche (ri)foraggiate dallo Stato, immissione coatta sul mercato di mezzi di pagamento seppur non più adeguatamente coperti in termini di riserve auree, petrolifere o valute pregiate. Rincorsa a titoli tecnologici che promanano non già dallo sviluppo del capitalismo quanto, piuttosto, dalla sua stessa crisi, nella misura in cui emblemi di un Capitale che non riuscendo più a valorizzare se stesso, si proietta, sconfitto, nella dimensione transazionale, progressivamente finanziarizzata, totalmente fittizia. L’Inflazione ringrazia. Il potere d’acquisto delle famiglie si dimezza.
In questo senso, i “Piani di Salvataggio” tanto sbandierati da governi che si fregiano di affrontare “responsabilmente” la crisi, si sostanziano di veicoli d’investimento sì complessi che – guarda caso! – potevano essere creati soltanto come indecifrabili codici alfanumerici informatici. Esattamente, cioè, quali titoli in linea perfetta con detta irrazionale finanziarizzazione speculativa del Capitale! Ragion per cui, fermi i detti modelli previsionali, quasi nessuno – nemmeno a Wall Street, verrebbe da credere – riesce a capire che cosa essi rappresentino. In realtà, la giungla alfabetica di tali titoli azionari a dir poco sofisticati – i vari Cdo, Cds, gli Mbs, i Siv, etc. – sembrano poggiarsi su una ricetta che, per un certo tempo, fu nota alle cronache giudiziarie americane: gli algoritmi di Charles Ponzi (1882-1949), truffatore americano di origini italiane, che escogitò un metodo per fare soldi rapidamente e dal nulla. Architettati per essere matematicamente indecifrabili se non da computer e calcolatori complessi, essi, gli algoritmi, si autorappresentavano in una sorta di universo parallelo di costruzione di modelli matematici nominali, alternativi e sganciati dal mondo reale, dal piano dell’Economia reale. Il Grande Salvataggio marcato USA sembra esser proprio questo o, comunque, non sembra prescinderne. Un salvataggio “tossico”. Non sarà che i sì detti “titoli tossici” sono proprio quei titoli azionari indecifrabili il cui valore di scambio effettivo non potrà esser compreso se non ricercandolo sotto la soglia dello zero?.. Sarà questo il “segreto” dei misteriosi “piani salva-banche”?..
Del resto, lo “smaltimento” reale di detti investimenti tossici determinerebbe, rapidamente, troppo rapidamente, una reazione a catena che annienterebbe gli strumenti finanziari derivati che trasferiscono l'esposizione creditizia di prodotti a reddito fisso tra le parti, facendo terra bruciata dell’intero panorama bancario e carta straccia di fondi pensione e conto correnti! E i capitalisti, sì come ogni buon agente speculatore del mercato, ben conoscono il rischio di Credit Default Swap.. Se le Banche Centrali dei vari Paesi o le Autorità preposte a garantire, seppur entro certi limiti, i depositi bancari nei confronti dei depositanti in caso di difficoltà di tipo gestionale delle istituzioni bancarie e finanziarie, non riuscissero più ad “onorare” i propri impegni, ad osservare i propri compiti, ad avere ancora una ragion d’essere, nulla più impedirebbe la disintegrazione sociale, l’implosione di sistema.Un simile scenario potrebbe indurre un parlamentare, meglio ancora se Presidente del Consiglio, a dire qualsiasi stupidaggine, peggio ancora a farla. Ritorno all’Economia protezionista? Ridefinizione neo-corporativa dello Stato? Involuzione autoritaria delle Istituzioni democratiche? Limitazione del diritto di sciopero? Attacco diretto alla libertà di stampa e informazione? Restrizione dei margini di agibilità democratica, politica, sindacale? Tutte insieme e progressivamente?.. C’è da rifletterci..
Ma il “Grande Salvataggio” è ormai varato. Chi riflette è perduto! La crisi merita decisionismo, autorità, nessuna discussione! Meglio se a “risolvere” il dibattito parlamentare siano i soli capigruppo dei vari schieramenti..
Viene da chiedersi cosa accadrà ora, a sei mesi dal voto sui “Piani di Salvataggio”. Intanto l’obiettivo primario, stabilizzare il sistema bancario e placare i mercati, sembra già essere fallito. Mentre le attuali “manovre correttive” – che insistono sulle stesse logiche dei “Piani” – somigliano sempre più alla “finanza creativa” di Ponzi (ma non solo di Ponzi…), i cui elementi teologico-matematici, seppur ampiamente dibattuti in una costante corsa all’interpretazione, riuscirono nello scopo di rafforzare il mistero dei sofisticati titoli azionari. La classe dominante, poi, finge di ignorare che il problema principale, sotteso al tracollo dalle Finanza internazionale, è il petrolio, nonché la dipendenza oggettiva dell’Economia dall’approvvigionamento energetico e di materie prime. Senza rifornimenti di petrolio sicuri e crescenti non c’è crescita industriale e senza crescita industriale gli strumenti d’investimento finanziario perdono di legittimità. Sarà per questo che i titoli azionari di “ponziana” memoria non vengono più, di fatto, considerati truffa, ma, al contrario, si presentano come il tentativo in extremis di compensare lo stallo della crescita industriale creando ricchezza…dal nulla?!
Poco male, se così fosse. Detto questo, però, l’investimento in ordine a nuova, astrusa finanziarizzazione all’indomani dell’approvazioni dei “piani anti-crisi”, invece di risollevare i mercati, li hanno depressi ulteriormente. Crollano gli investimenti nei tecnologici, si torna ad investire nei titoli industriali, magari in quelli dei Paesi produttori di petrolio oggi abbarbicati in un nuovo “nazionalismo petrolifero” che scompagina il mercato delle transazioni del greggio così come l’abbiamo conosciute nel XX secolo.
Resta però insoluta la questione del “picco del petrolio”, ovvero la crescente domanda planetario per il consumo pro-capite che ormai supera progressivamente l’offerta. Nella contesa sempiterna tra Paesi importatori di petrolio si determina la speculazione sul prezzo del greggio, per la verità già partita agli inizi del 2008 e seguita dalla conseguente speculazione sul prezzo dei generi alimentari. E perché, a questo punto, non speculare anche sul prezzo dell’acqua?..
Parlare di “soluzioni”, in questo stato di cose, pare inappropriato, giacché presuppone una linea di continuità, seppur magari parzialmente “aggiustata”, nel quadro di una società dei consumi che non può più esser tale. E le ubriacature sulle “fonti d’energia alternative” – sappiamo – non potranno fare fronte alle nostre abitudini ai consumi e matenerne gli stessi livelli.
Più utile, forse, sarebbe pensare a un diverso modello di sviluppo, alternativo al sistema di produzione capitalistico che, nel suo stesso incedere, ha prodotto esattamente le ragioni della sua crisi non più “rinviabile”. Un sistema di produzione, distribuzione e scambio che funzioni come razionalizzazione funzionale dell’Economia, un sistema che – senza aver paura di utilizzare parole e concetti che sembrano appartenere ad epoche ormai scorse – pianifichi gestione e socializzazione di proprietà, redditi e risorse, ridistribuisca ricchezza reale per “regolamentare” davvero un mercato forse, ad oggi, davvero troppo libero, troppo anarchico, suicida e assassino insieme..
È strano e preoccupantemente divertente vedere ogni giorno i giornalisti inviati di Borsa che tentano di spiegare al largo pubblico lo stato dell’arte pur non potendo venir meno alla parola d’ordine di “infonder fiducia” imposta loro dalle centrali di controllo dell’Informazione ufficiale. Equilibrismi misti ad astrusità all’occorrenza artate sembrano suggerire ormai che la fiducia nel Mercato altro non può essere che un “atto di fede” e – si sa – la fede ha sempre i suoi misteri, dogmaticamente posti, assiomaticamente dati. In effetti, nelle parole di Howard Kunstler, scrittore ed ex giornalista statunitense, “solo la metafora religiosa è in grado di rendere il disastro cui stiamo assistendo, perché solo Dio sa dove andremo a finire”. E se Dio fosse di destra?...
RedAlert