lunedì 26 maggio 2008

CHIAIANO. DALLO STATO DEI RIFIUTI AL RIFIUTO DELLO STATO

Chiaiano, Napoli. Storia di ordinaria resistenza. Da giorni prosegue il presidio permanente della popolazione di Chiaiano a presidio del territorio dove vive e lavora, a tutela della salute pubblica e dell’ambiente cittadino, per il risanamento e la bonifica di un area già duramente segnata da anni di abbandono da parte dello Stato, abusivismo edilizio, scempio ambientale, infiltrazione camorristica. Gente che manifesta per un necessario sviluppo ecocompatibile; gente comune che si oppone, legittimamente, all’annunciata apertura manu militari della discarica che dovrebbe ospitare ben 700.000 tonnellate di immondizia prodotta ed accumulata a Napoli e provincia in assenza di qualsivoglia forma di raccolta differenziata; gente che lotta per la gente, si autorganizza, si autorappresenta data l’assenza di Stato.
Poi lo Stato si presenta, si manifesta. E attacca quella gente. Giorni di cariche, scontri, scontri pesanti, attacchi pesanti. Poi feriti, arresti, ricoveri da infarto, una madre all’ottavo mese di gravidanza sembrerebbe aver perso il proprio piccolo in conseguenza a strattonamenti e manganellate ricevuti dalla forze “dell’ordine”. Mentre lo spettro dei giorni di Genova 2001 torna ad aleggiare. Questa volta però, la gente, il Popolo, si fa trovare più pronto di quanto non fosse stato prima. E resiste, combatte, a tratti.
Lo Stato mostra la sua faccia più violenta ed aggressiva, i militari obbediscono e menano il suo braccio armato. Lo Stato di diritto è sospeso, le libertà costituzionali oscurate.

Dopo quindici anni di fallimenti amministrativi in tema di tutela del territorio e dell’ambiente, dopo l’assunzione coatta di un blocco imprenditoriale malavitoso, clientelare e corrotto, dopo un’emergenza rifiuti che ormai diventa “la normalità”, la popolazione civile paga ed è costretta a subire ancora la violenza di Stato e le “conseguenze praticate” di un drammatico vuoto di democrazia. Il governo non cede e, nel plauso di tutte le forze politiche parlamentari e col consenso delle amministrazioni locali, spinge sulla linea dura: "la discarica, volenti o nolenti, si farà!", dice. Anche a costo di militarizzare Stato e società, evidentemente. D’altra parte, l’idea di militarizzare i siti per le discariche non è affatto nuova: il caso di Serre, con il governo Prodi, insegna. Sono questi, gli atteggiamenti ottusi e non collaborativi di uno Stato e il suo governo d’oggi sempre più distante dai bisogni reali della gente, i prodromi di uno stato di polizia (come dimostrano, tanto per fare un altro esempio eclatante, i vergognosi provvedimenti contro gli immigrati con la criminalizzazione diretta della clandestinità resa, a prescindere, reato).

Il ‘siddetto “piano rifiuti”, per il quale il governo tanto spinge, in realtà non è affatto cosa nuova o innovativa. La “ricetta”, certamente tesa più a mantenere margini di speculazione e di profitto di padroni e camorristi legati alla “munnezza” che non affrontare realmente l’emergenza, è sempre la stessa, stessi cardini, stesse fittizie soluzioni: megadiscariche ed inceneritori. La raccolta differenziata, invece, è ancora marginalizzata e soluzioni ecologiche come il trattamento meccanico a freddo dei rifiuti residui – modalità con la quale, in Germania, vengono trattati i rifiuti campani, al contrario, quindi, di quanto dicano coloro che si ostinano a sostenere che i rifiuti italiani esportati vengono bruciati! – sono, di fatto, escluse o non considerate seriamente, al fine di intascare i profitti Cip6 degli inceneritori.
Guerra aperta al Popolo “sovrano” e resistenza civile e popolare persistono, dunque. Gli stessi amministratori locali – che forse hanno il “polso della situazione” meglio o più direttamente di quanto non sappia fare il governo – sono costretti ad ammettere: “ci aspettano giorni difficili”. Alcuni di loro, provando a dare ancora un senso al proprio ruolo, dichiarano di attendere il responso dell’assemblea dei cittadini in presidio permanente, di rifarsi a questa ed eventualmente rimetterle il mandato. Sarà poi vero?
Di vero, invece, c’è “solo” la realtà di un Popolo che lotta e resiste, permanentemente convocato in pubblica assemblea e che cerca di trovare soluzioni ad un situazione ormai non più sostenibile, uscendo dal momento mero della critica e il diniego per individuare, con senso di responsabilità e civile partecipazione, una “via d’uscita” compatibile alle sue stesse istanze di tutela di ambiente, salute e territorio. Una via d’uscita eco e bio-compatibile, per così dire.

La distanza non più colmabile tra ceto politico “bipartisan” al governo/governo-ombra del Paese e le istanze delle masse insorte e in lotta per i propri diritti, rappresenta la nuova fase del conflitto sociale. La nuova sfida che le forze politiche e sindacali, il Movimento in generale, deve assumere, se vuole uscire dall’inadeguatezza interpretativa e dalla conseguente insufficienza organizzativa nel quale si è cacciato per vezzo di autoreferenzialità. Rappresenta il nuovo terreno di intervento, il terreno della lotta di resistenza e controffensiva popolare, sul quale ricostruire l’opposizione sociale nel nostro Paese, fuori e contro quelle compatibilità istituzionali che insegnano ad equivalere questioni sociali con “problemi di ordine pubblico” da “risolvere” con repressione diretta e magistratura borghese. Rappresenta il compito strategico di fase per fare dello spontaneismo di massa proprio a questa fase storica e politica, il movimento reale che abbatte lo stato di cose presente.

Il Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP), presente in questa lotta strenua insieme agli altri, certo lotta particolare ed immediata ma con potenzialità di estensione, durata e intensità del conflitto, lavora alla sua generalizzazione ed esprime, pertanto, la sua condanna netta all’atteggiamento antipopolare ed antioperaio di un governo classista e poliziesco, ancorato agli interessi speculatori del grande Capitale e della camorra, per giunta con la complicità ed il tacito consenso di finte opposizioni in Parlamento deboli e asservite.

Per la tutela del diritto inalienabile alla salute ed a una vita dignitosa,
solo la Lotta paga! E, difatti, la Lotta continua.

Hanno ragione, taluni amministratori: li aspettano giorni difficili..

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo
Per l’Autorganizzazione sociale

Info e approfondimenti: http://www.rifiutizerocampania.org/

giovedì 22 maggio 2008

EUSKADI. UN POPOLO NAZIONE, UNA NAZIONE SENZA STATO

"La messa fuori legge della sinistra indipendentista ha privato almeno il 15% della popolazione basca del diritto ad essere rappresentata. Ma come dimostrano i voti nulli depositati nelle urne dagli elettori di Batasuna [nelle ultime politiche, ndr] il movimento popolare basco non rinuncia alla lotta. Continua le mobilitazioni per il riavvicinamento dei prigionieri politici e per la liberazione di quelli che hanno già scontato i 3/4 della pena; contro la tortura; per la riduzione della precarietà nel mondo del lavoro e contro le morti bianche; contro la "ley de estranjeria", una specie di Bossi-Fini ancora più restrittiva; contro l’alta velocità e l’inquinamento elettromagnetico; contro la diga di Itoiz; contro le militarizzazione del territorio e la partecipazione dei militari di Madrid alle guerre neocoloniali di Bush. Ognuna di queste mobilitazioni ci ricorda che parliamo di una forza (…) che mantiene tra i suoi obiettivi la costruzione di un ordine sociale ed economico diverso dal capitalismo e che, ad esempio, rifiuta la costruzione europea perché in essa intravede un nuovo polo imperialista pronto alla competizione globale, e per questo pericoloso per i popoli che la compongono nonché per tutti gli altri.”
(Marco Santopadre)


Nonostante la Spagna non sia più la “vecchia Spagna eterna e civilizzatrice” tanto rivendicata dai “caudillos” delle destre iberiche, la Spagna contemporanea, quella del progressista Zapatero, quella del “laboratorio sociale” dell’UE, sembra non preoccuparsi affatto della degenerazione autoritaria delle sue istituzioni nazionali rispetto all’osservanza dei diritti di autodeterminazione dei Popoli, siano essi Baschi, Galeghi o Catalani. Tutt’altro. La rimozione della “questione indipendentista” dall’informazione ufficiale e dall’analisi del quadro – per non dire dell’assetto – geopolitico, etnico e culturale dello Stato spagnolo sembra essere la norma del sistema comunicativo del Governo e della condotta istituzionale e, di conseguenza, della sua azione. Come dire: nec nomen nec numen! Mentre la conferma della politica di intransigenza rende permanente, ad esempio, la messa fuori legge di Batasuna, formazione più dinamica ed avanzata, oltre che maggioritaria, della sinistra indipendentista basca.

Il livello di persecuzione politica è pesante, nella Spagna “del progresso”. Gli spazi di agibilità democratica e sindacale, per la sinistra di classe e rivoluzionaria, ridotti ai minimi termini. A tutto vantaggio, peraltro, della destra nazionalista basca (PNV) che, funzionalmente, riduce le rivendicazioni di autonomia ed indipendenza tanto proprie al comune, diffuso e condiviso sentimento popolare basco, al mero innalzamento di una nuova frontiera nazionale; agli esclusivi interessi delle corporazioni economiche basche particolarmente attive nelle speculazioni sul mercato turistico ed immobiliare, ansiose – come sono – di percepire, in autonomia appunto, finanziamenti europei scevri dal filtro del Governo centrale di Madrid; ai contatti organici ed organizzati con la Lega Nord..

Di recente la situazione ha subito un ulteriore peggioramento in senso repressivo dovuto al fatto che, a fronte dello stallo in cui versano le mediazioni politiche per il rilascio del portavoce nazionale di Batasuna, Alvare Otegi – incarcerato per mero reato di opinione lo scorso giugno – e l’ulteriore ondata di “arresti cautelari” che hanno investito il movimento di liberazione basco, l’ETA, Organizzazione autonomista politica combattente, ha riaperto le ostilità, rompendo la tregua che aveva definito unilateralmente con lo stato spagnolo. Effetto immediato è stata l’incremento della militarizzazione, imposta dal Governo di Madrid, che ha puntellato il territorio basco di decine di blocchi stradali e pattugliamenti condotti dai reparti speciali dell’esercito spagnolo.
Il Governo Zp, “laico, progressista e illuminato”, al pari di ogni altro risponde in termini di rappresaglia condotta al cuore dei diritti democratici di autodeterminazione del Popolo Basco. Euskal Herria rappresenta il principale agglomerato industriale della Spagna oggi in piena espansione economica di tipo infrastrutturale: il solo pensiero di dover rinunciare all’apparato produttivo pesante dei Paesi Baschi fa vacillare ogni ottimismo di governo e ogni certezza della “Spagna in crescita”. Questa certezza va “difesa”, per il Governo di Madrid, con forza. Con la forza. Con le armi se necessario. Armi di Stato, armi “legali”. Diverse da quelle “sovversive”, “terroriste”, del movimento indipendentista, nevvero?…

Dolente, a questo punto, resta la nota e la considerazione dell’atteggiamento dei Partiti della sinistra che fu istituzionale e di governo nel nostro Paese, la quale, nonostante l’evolversi degli eventi in terra basca ed il vento destro che spira forte in Europa, continuano a ribadire la posizione ufficiale adottata fin dal 2002 e ben sintetizzata da un comunicato ufficiale della Segreteria nazionale di Rifondazione: "La divergenza di opinioni sul ruolo dell’ETA tra il nostro partito e Batasuna rimane una distanza incolmabile. Pertanto ribadiamo le decisioni già assunte in passato di non avere relazioni ufficiali con questo partito". Posizione, questa, di difficile comprensione per i Compagni baschi, forse più concentrati sull’estetica di una Rifondazione che ancora si attarda e definirsi “comunista”, corrompendo e confondendo le forze sane che esistono nei movimenti reali, che non sull’ormai mancata solidarietà internazionalista, prima per esigenze di compatibilità istituzionale, oggi per ansia di “ridefinizione” social-riformista ed “euro-democratica”. Posizione, d’altro canto, evidente in sé, stando all’acritico legame dei nostrani “sinistri” di Partito con quella sinistra istituzionale spagnola che di astenne quando le Cortes misero fuori legge Batasuna: alla condivisione fideistica delle magnifiche sorti e progressive dell’UE; alla assai scarsa considerazione del ruolo dei movimenti di liberazione nazionale nel processo di più complessiva liberazione sociale; alla rimozione dell’obiettivo stesso di conquista del potere politico da parte di una classe persino negata nel suo esser tale; alla rinuncia esplicita della possibilità stessa di poter costruire egemonia politica anche in condizioni di minoranza.

Le posizioni assunte dalla sinistra italiana – con l’unica eccezione dei proclami formali del PdCI a riguardo – ormai “resa” extra-parlamentare dalla perdita della sua stessa ragione sociale a causa dell’organicità ad un governo antipopolare ed antioperaio – quale stato il Governo Prodi! – di cui si è resa complice, contribuiscono, a nostro avviso, ad alzare il livello di tensione in quel Paese e non, al contrario, alla risoluzione negoziata del conflitto basco-spagnolo. Più in generale, dette posizioni opportunisticamente “diplomatiche” non negoziano affatto rapporti ed interessi tra le parti, ma, diversamente, danno implicito consenso e, quindi, “nulla osta” alle politiche statuali classiste e repressive che governi centralisti attuano a danno di Popoli non riconosciuti e poi negati nella loro stessa identità. Mentre in Italia, la Lega, da sempre “poco avvezza” al tricolore nazionale, va al governo del Paese – insieme a formazioni ancora “inclini” a “Dio, alla Patria e alla Famiglia”! – su posizioni di esplicito separatismo neo-corporativo e piccolo-borghese ma, incredibilmente, con consenso di massa e di classe.

Negare la possibilità stessa di interlocuzione politica con quanti, pur nel giusto della causa dell’emancipazione e del riscatto di un intero popolo, non condannino apertamente le azioni armate, anzi, sono costretti a praticarle in linea di autodifesa tattica e strategica, vuol dire rinunciare, per principio, ad esercitare qualsivoglia ruolo di mediazione politica, fosse anche quello della denuncia dell’uso delle armi come mezzo dell’azione politica stessa. Evidentemente, per le sinistre italiche la non condivisione dei metodi di lotta di una parte della sinistra indipendentista basca giustificherebbe espulsione di Batasuna, libera associazione di individui prevista in base e nel rispetto della Costituzione, dal novero dei partiti costituzionalmente riconosciuti. Atteggiamento analogo caratterizza l’approccio rispetto a formazioni rivoluzionarie attive in Palestina, in Iraq, in Sud America.
Si disse: “Se cessa la lotta armata, allora tutto può cambiare e trovare più semplice soluzione”. Eppure, nei 20 mesi di tregua proclamata unilateralmente dall’indipendentismo basco un paio di anni fa, non si è vista alcuna mobilitazione delle sinistre italiche per affrontare, fosse pure con una rogatoria internazionale, la questione. Nemmeno solo per denunciare, ad esempio, l’uso sistematico della tortura corporale e della aggressione psicologica violenta utilizzata dalla polizia e dall’esercito spagnolo contro militanti sindacali, attivisti delle organizzazioni giovanili, giornalisti indipendenti.
Evidente allora risulta che la fine delle ostilità di questo lungo e travagliato conflitto, che ha posto ed imposto tributi di sangue particolarmente importanti da entrambe le parti, è possibile solo come soluzione politica, essendo il conflitto stesso di natura politica e storica. Soluzione politica che non può non prendere in considerazione reale almeno una parte significativa delle rivendicazioni di Batasuna e del settore maggioritario della società basca che a questo fa riferimento.

Lo capì, a suo tempo, Tony Blair, in Inghilterra, che, bisognoso di nuova stabilità interna a fronte di ciò che si presentava come poi è stato, ovvero inesorabile parabola discendente del suo governo, decise di affrontare in termini politici e negoziali la “questione nordirlandese”, andando ad un tavolo di trattative ufficiale che non poteva non andare incontro alle istanze degli indipendentisti. Sembrano, invece, non capirlo i socialisti spagnoli, altermondisti parolai, che continuano ad appellarsi ad una “pace”, impossibile senza Giustizia, senza muover passo alcun in direzione della costruzione delle precondizioni necessarie alla realizzazione della Pace.
Ad ogni modo, che i Baschi non siano soli o totalmente isolati lo si deduce dalla liberazione, avvenuta qualche anno fa, di Asier Huegun da parte della guerriglia colombiana: rapito dall’EP (Esercito Popolare di Liberazione Nazionale) insieme ad altri sei turisti occidentali, il giovane basco è stato rimandato a casa in nome "della comune lotta del popolo colombiano e di quello basco per la libertà e l’indipendenza".

Forse non servono gesti altrettanto eclatanti e, comunque, non ce ne aspettiamo da parte delle sinistre “istituzionalizzanti” di casa nostra. Come Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP) esprimiamo la nostra solidarietà militante internazionalista al movimento per l’Indipendenza di Euskal Herria ed, in particolare, a Batasuna, forza non strettamente comunista eppur foriera di istanze e di rivendicazioni proprie alla lotta emancipatrice degli oppressi. Convinti che il “nazionalismo” basco, pur se non alieno da deviazionismi potenziali, sia misura di riscatto sociale e popolare e certi della giustezza dell’autodeterminazione quale precondizione praticata dell’Alternativa di Sistema e di Potere dei Popoli oppressi, invitiamo tutti i Compagni e le Compagne più coscienti e d avanzati a costruire ponti di contatto e solidarietà politica e materiale con l’indipendentismo basco, lanciando assemblee e momenti di iniziativa internazionalista, istituendo corrispondenze per lo scambio ed il confronto di materiali politici, recandosi, nell’ordine delle possibilità di ognuno, nei Paesi Baschi, al fine di finanziare – come noi stessi abbiamo fatto di recente! – anche con la sola stessa permanenza in quel Paese, il movimento indipendentista.

Morte al fascimo.
Libertà ai Popoli.
Per l’Autodeterminazione dei Popoli

Collettivo politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione sociale

lunedì 19 maggio 2008

LA MEMORIA CHE VUOLE VIVERE

Riceviamo ed inoltriamo dall'Assemblea cittadina organizzatrice della manifestazione del 17 maggio scorso a Verona, manifestazione antifascista, manifestazione in memoria di Nicola Tommasoli, vigliaccamente ucciso di botte da un gruppo di nazi-skin.

LA VERONA CHE VUOLE VIVERE, L'AMMINISTARZIONE CHE OLTRAGGIA LA MEMORIA DI UN MORTO.

"Sabato 17 maggio in più di diecimila persone (la manifestazione più grande che la nostra città ricordi negli ultimi decenni) abbiamo attraversato pacificamente Verona per ricordare Nicola Tommasoli, per denunciare un assassinio figlio del razzismo contro il "diverso", dell'incultura neofascista diffusa tra i giovani della nostra città e fomentata da gruppi e organizzazioni con cui l'amministrazione cittadina ha e continua ad avere imbarazzanti e censurabili rapporti. C'è chi si scaglia contro i mass media per denunciare una presunta "gogna mediatica" nei confronti di Verona. Cosa dovremmo dire noi, di una manifestazione con migliaia di persone raccontata dalla stampa solo (o quasi) per gli episodi del tutto marginali di alcune decine?

Noi, al contrario, pensiamo che Verona debba continuare a guardarsi allo specchio e ad interrogarsi seriamente per riconoscere la matrice delle troppe aggressioni degli ultimi anni, culminate nell'assassinio di Nicola. Chi ha manifestato ha condiviso la volontà di costruire una Verona diversa, accogliente, libera, senza paura. Ha visto centinaia di veronesi senza bandiere aprire il corteo camminando, in un silenzio carico di dolore e di significato, dietro lo striscione arancio "Nicola è ognuno di noi". Ha visto migliaia di persone (associazioni, movimenti, centri sociali, gruppi antagonisti) gridare slogan contro il fascismo. Ha visto migliaia di persone, in coda al corteo, manifestare dietro le insegne dei partiti che hanno voluto essere in piazza. Una manifestazione costruita dal basso, pubblicamente, con un'assemblea aperta alla cittadinanza.

Di fronte a tutto ciò Tosi vede solamente una vetrina rotta, e qualche scritta. Continua, come sempre, a indicare la pagliuzza senza vedere la trave, a parlare di panchine invece che di persone, di divieti invece che di rapporti umani. Di piazze da ripulire invece che di piazze da vivere e da riempire. Noi non strumentalizziamo nessuno, non infanghiamo nessuno. Non intendiamo monopolizzare la memoria di nessuno. Vogliamo solo ribadire che al posto di Nicola poteva esserci ognuno di noi, e che questo non deve mai più accadere.
Non solo Tosi, a cui la città dovrebbe chiedere i danni per le continue dimostrazioni di intolleranza. Anche Bonfante, del PD, forse non si rende conto della gravità delle sue dichiarazioni. Paragonare una vetrina rotta all'assassinio di un ragazzo, questo sì che è un atto irresponsabile, e che infanga la memoria di chi è stato ucciso. Ma a noi tutto questo interessa poco. Ci interessa raccontare di una città che per un giorno è stata viva, partecipata e diversa. Dovrebbe esserlo tutti i giorni.

Passata solo qualche ora, l'Amministrazione ha risposto ai diecimila manifestanti e alla città intera rimuovendo tutti i fiori, i biglietti, i cartelli e i segni di partecipazione che gli amici di Nicola e decine di cittadini e cittadine hanno portato in queste settimane nel luogo dell'aggressione, a Porta Leoni. Ora, lì, c'è il vuoto dell'oblio e della rimozione. Lo sdegno ci impone poche parole: questa non è solo intolleranza, questa è assenza di pietà per un morto, mancanza di rispetto e disprezzo per i tanti segni di un lutto pubblico e civile che rappresenta la parte sana di Verona. Tosi e la sua amministrazione, con questo atto, dimostrano di non avere la dignità di ricoprire alcun ruolo pubblico. Vergogna!"

L'Assemblea cittadina organizzatrice
della manifestazione del 17 maggio 2008

domenica 18 maggio 2008

IL FUTURO NON PUO' ESSERE PROIBITO!

Da KSM, Unione della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca
Info web: http://www.ksm.cz/
Email: ksm@ksm.cz krajca@ksm.cz

Fonte: http://www.solidnet.org/


"Cari compagni e amici,

Giovedì 24 aprile 2008, all’Unione della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca (KSM) è stata consegnata la sentenza del Tribunale Municipale di Praga che respinge il ricorso amministrativo avanzato dal KSM contro la decisione del Ministero dell’Interno della Repubblica Ceca in merito allo scioglimento dell’organizzazione giovanile comunista. E’ stata dichiarata pienamente legale la proibizione del KSM da parte del Ministero dell’Interno.

La ragione ufficialmente dichiarata della proibizione del KSM è il suo obiettivo programmatico che si propone di sostituire la proprietà privata dei mezzi di produzione con la proprietà collettiva degli stessi. Un’altra ragione addotta a giustificazione dello scioglimento del KSM è la convinzione espressa dai giovani comunista della necessità di lottare per un’altra società che non sia basata sui principi capitalisti. L’attacco contro il KSM è di per sé una forma inaccettabile di manipolazione politica e ideologica, che ha come obiettivo i comunisti. Assistiamo a continue iniziative di criminalizzazione degli interessi degli sfruttati e degli oppressi.

Questo passo del Ministero degli Interni è avvenuto in un clima di generale disapprovazione da parte della maggioranza dei cechi. La petizione a sostegno del KSM è stata firmata da migliaia di cittadini della Repubblica Ceca. Contro la decisione del Ministero dell’Interno hanno protestato, ad esempio, organizzazioni di ex combattenti contro il fascismo e membri del movimento di resistenza partigiana. La petizione delle associazioni civiche è nata da un’iniziativa degli attivisti studenteschi che denunciano le azioni intraprese dal Ministero dell’Interno contro il KSM. Appoggio al KSM è stato espresso da diversi partiti politici cechi. Grazie all’iniziativa dei deputati del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM), le misure del Ministero dell’Interno sono state discusse alla Camera dei Deputati del Parlamento della Repubblica Ceca.

Dell’iniziativa del Ministero dell’Interno si è discusso molto anche all’estero. Centinaia di organizzazioni giovanili, studentesche e sindacali hanno manifestato la loro protesta. Migliaia di persone hanno indirizzato la loro indignazione al Ministero dell’Interno e alle ambasciate della Repubblica Ceca all’estero. Tra esse, molti membri di parlamenti nazionali e del Parlamento Europeo, professori universitari ed ex combattenti contro il fascismo. Sono state realizzate molte iniziative di protesta di fronte alle ambasciate della Repubblica Ceca in diversi paesi.

Questo attacco contro il KSM ha costituito il culmine di una campagna anticomunista che si protrae da tempo. Questa campagna è stata rappresentata ad esempio dalla petizione denominata “mettiamo fuori legge i comunisti”, dal tentativo di approvare la legge per criminalizzare le idee del comunismo, il movimento e il pensiero comunisti in quanto tali, e dall’equiparazione del comunismo con il fascismo e i crimini fascisti. Le spinte alla proibizione del KSCM si sono intensificate, insieme agli attacchi contro altre forze progressiste e democratiche della Repubblica Ceca. Avanza il tentativo di realizzare una revisione della storia diretta ad attaccare i comunisti, la tradizione e le esperienze progressiste, democratiche e antifasciste. Le campagne anticomuniste fanno uso del sistema statale di educazione pubblica, ed anche degli strumenti di comunicazione.

Ci teniamo a sottolineare che la proibizione del KSM costituisce un attacco contro tutto il movimento comunista, anche contro il KSCM, che il potere statale non si è ancora azzardato ad affrontare direttamente, facendolo indirettamente attaccando il KSM. Le relazioni tra il KSCM, uno dei partiti politici più forti nella Repubblica Ceca, e il KSM si sono consolidate con la presenza del presidente del KSCM Vojtech Filip al 7° Congresso dell’Unione della Gioventù Comunista. Egli ha espresso il desiderio che le idee del KSM si diffondano tra i giovani e ha aggiunto che “i membri del KSM rappresentano nuova linfa vitale per il KSCM”.

Il KSM chiama tutte le forze democratiche ad opporsi alla sua proibizione da parte del Ministero dell’Interno e alle tendenze anticomuniste e antidemocratiche dell’attuale potere statale. Inoltre, il KSM assicura a tutti i suoi membri e amici che, nonostante le proibizioni e le persecuzioni, non ha alcuna intenzione di interrompere le proprie attività, la sua lotta per gli interessi della maggioranza della gioventù – gli studenti, i giovani lavoratori, e i giovani disoccupati – e la sua lotta per il socialismo.

Il futuro non può essere proibito!
No alla proibizione dell’Unione della Gioventù Comunista!
No all’anticomunismo!"

La raccolta internazionale di firme in solidarietà con il KSM in http://4ksm.kke.gr/

Traduzione dallo spagnolo a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare http://www.resistenze.org/


COMUNICATO DI MILITANZ CdP:

Una mozione anticomunista dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio Europeo (APCE) ha preteso di giudicare ed equiparare i comunisti ai nazisti. Ha accusato entrambi di genocidio e crimini contro l’umanità.

Si tratta di una provocazione ed un insulto per i milioni di uomini che diedero la vita, combattendo o venedone repressi, per rovesciare l’orrore dei regimi nazisti e fascisti. Furono proprio i comunisti la principale linea di contenimento e resistenza al fascismo. Fu il Popolo lavoratore antifascista ad organizzarsi di contro l’oppressione e l’occupazione militare, riguadagnandosi alla Libertà. Fu l’Armata Rossa ed il Popolo dell’Unione Sovietica (caduti in 27 milioni in quella strenua lotta!) a determinare il punto di rovesciamento dei rapporti di forza ed innaugurare il ripiegamento del Raich a Stalingrado e poi la sua capitolazione nella liberazione di Berlino. Paragonare quindi i comunisti ai nazisti è un crimine inaccettabile! Un atto di disonestà intellettuale e politica, oltre che, naturalmente, un tentativo di repressione preventiva della istanze di emancipazione e di riscatto sociale “non inclini” ad un’Europa di padroni e di banchieri. Irrispettoso, in definitiva, della memoria storica dei caduti nella lotta e per la lotta per la Liberazione di un’Europa che avrebbe dovuto esser innanzitutto dei Popoli.

Esprimiamo, in tal senso, tutta la nostra solidarietà all’Unione della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca (KSM), alla ennesima organizzazione comunista messa al bando da governi restaurazionisti del Capitale, servili e complici dei centri imperialistici dominanti, di cui sono “cortile”. Il governo reazionario della Repubblica Ceca mira a schiacciare KSM tentando di imporgli un altro nome, altri obiettivi, altre ragioni sociali, a chè si dimentichi dei suoi principi, la sua identità, la sua lotta per il Comunismo. Mira a espropriarla delle sue ragioni di fondo determinando, per essa, margini di inagibilità politica e legale.

Come Collettivo Politico Militanz Casa del Popolo (CdP) per l’Autorganizzazione sociale, nel piccolo della nostra propria categoria del possibile, respingiamo categoricamente questo oltraggio contro la storia di lotta e resistenza antifascista. Respingiamo senz’appello quest’offesa arrecata al sacrificio del popolo Ceco perla sua Libertà. Milioni uomini di questo Paese si sacrificarono per contribuire alla sconfitta del Reich! Tra di essi vi fu Julius Fucik, scrittore del Reportage “Ai piedi della Forca”. Quest’opera è l’emblema dell’azione nella lotta di un militante comunista, invincibile poichè forte del suo principio e della sua tempra, convinto della giustezza storica della sua istanza e del suo compito rivoluzionario. Che non si arrende, mai, qualsiasi cosa questo comporti. Un uomo del Popolo. Un Uomo che, in quanto tale, è il Popolo...

Oggi lo diciamo ancora e proprio con Fucik, come al termine del suo libro: “Uomini, vi ho amati. Siate vigili!” È grazie al sangue versato da milioni di comunisti che noi oggi possiamo ancora ed ancora dobbiamo organizzarci per stroncare appena al nascere i nuovi(?) rigurgiti fascisti sì come sdoganati dal revanscismo forcaiolo delle “nuove destre” di governo che vanno determinandosi in tutt’Europa. È sul principio della Solidarietà proletaria internazionalista che condanniamo ogni attività anticomunista condotta a danno di Compagni e di Compagne impegnati nella Lotta e confermiamo il nostro pieno appoggio alla lotta della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca e la sua battaglia di progresso e civiltà per la democratizzazione socialista del Paese, gli elementi più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti del restaurato capitalismo di governo e le sue connivenze in Europa. È sull’esempio di milioni di combattenti anifascisti che noi oggi dobbiamo rinnovare il nostro impegno di Lotta e di Lavoro per una società liberata dall’oppressione e dalla sfruttamento, sebbena mascherato dietro una facciata democratica peraltro sempre più debole e corrotta. E guadagnarsi, quindi, ad una migliore prospettiva di Giustizia e Libertà. Alla transizione al Socialismo.

Dal Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP), segmento dell’Autorganizzazione sociale nella la lotta di classe in Italia, diciamo:

  • NO alla mozione anticomunista dell’APCE!
  • NO alla criminalizzazione dei comunisti!
  • Solidarietà alla KSM, Unione della Gioventù Comunista della Repubblica Ceca!

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione Sociale

sabato 17 maggio 2008

mercoledì 14 maggio 2008

PER VERONA ANTIFASCISTA. PER NICOLA. PER OGNUNO DI NOI...

COMUNICATO DI ADESIONE ALLA MANIFESTAZIONE
IN MEMORIA DI NICOLA TOMMASOLI

Come Collettivi Politici MILITANZ Casa del Popolo (CdP) di Napoli e MILITANZ UniCal di Cosenza, comunichiamo la nostra sentita adesione alla manifestazione indetta in memoria di Nicola e di contro la barbarie in cui sembrano versare le nostre città.

Le distanze geografiche che ci separano da Verona, purtroppo, crediamo non ci permetteranno di essere presenti a detta manifestazione, peraltro reduci - come siamo - dall'appuntamento di Torino appena scorso. L'assenza, allo stato, di trasporti organizzati per Verona dalle nostre rispettive città di riferimento (Napoli e Cosenza, appunto) non facilitano l'impresa.

Ad ogni modo, pur provando per la data ad organizzarci altrimenti, ci teniamo ad esprimere fin d'ora la nostra partecipazione più commossa e viva a ciò che già sa di dimostrazione di orgoglio e civiltà in una città che sembra ostile all'inclusione sociale ed al rispetto e riconoscimento di diverse identità, culture, provenienze.

L'aggressione e l'omicidio di Nicola, crediamo sia purtroppo non fenomeno isolato, locale o accidentale, quanto piuttosto emblema e poi sigillo di un "nuovo(?) clima subculturale" che spira forte nel Paese per intero. E mentre aggressioni squadriste e para-fasciste quasi impunemente si moltiplicano, la deriva securitaria e repressiva nella nostre città si intensifica a tal punto da renderle spesso più invivibili e drammatiche, esposte alle manifestazioni più violente e contraddittorie ad esse proprie. L'involuzione autoritaria delle Istituzioni borghesi ed il colpevole silenzio e la menzogna tessuta ad arte dai media nazionali rispetto a fatti di tale gravità, crediamo siano elementi ormai concreti di un processo di evidente "fastistizzazione" di Stato e Società. Mentre l'opposizione ancora in piedi a tale involuzione viene spacciata, spesso e volentieri, come estremismo da sedare ad ogni costo.

Come Comunisti, Autonomi, Antifascisti sempre e da sempre, denunciamo le connivenze tra padroni, fascisti, governi deboli e corrotti, incapaci di dirigere il Paese se non facendo fronte(?) alle contraddizioni sociali, in cui schiere sempre più larghe del Popolo lavoratore versano, in termini di carcere, repressione, criminalizzazione della Lotta, copertura "funzionale" di attività anticomuniste e criminali, condotte a danno delle le masse popolari e proletarie e il loro figli.A questi ultimi, ai quali pur apparteniamo, va la nostra solidarietà militante, il nostro impegno politico ed organizzativo quotidiano, convinti - come siamo - che l'Antifascismo non sia affatto piccola contesa tra "bande di opposti estremismi" (come a qualcuno pur farebbe comodo pensare giacché l'ha pubblicamente già affermato!) bensì lotta ed organizzazione contro la dittatura apertamente terroristica o strisciante degli elementi "più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti del capitalismo, che trova tra i piccoli borghesi, i contadini snaturati [arricchiti?, ndr] e i proletari degeneri delle città, la base di massa" di nuove e più pericolose forme di Potere, fondate e rifondate su nuovi "compromessi bonapartisti" fatti di consenso/controllo sociale e segregazione di classe. L'Antifascismo è dunque presenza attiva e militante a presidio degli spazi di agibilità politica e democratica oggi in via di restrizione nel Paese, nonché linea di difesa resistenziale funzionale alla battaglia per la Liberazione del corpo sociale collettivo dei segmenti di lavoro e non-lavoro allo stato atomizzati e poi dispersi.

In definitiva, crediamo che Antifascismo sia Prassi e Pratica di vita oltre che Valore. E su questo ci attestiamo. A Nicola, "Walter Rossi dei nostri tempi", per sempre vivo nella Memoria e nell'Idea di noi Compagni tutti, va il nostro più accorato cordoglio. Niente lacrime, però. Un nuovo grido, invece, orgoglio e dignità a chè possano le nostre città essere liberate dal cancro fascista, vecchio e nuovo che sia, sì come oggi rinnovato sulle stesse basi di violenza e d'ignoranza.

L'Antifascismo militante, servigio reso alla Memoria di Nicola e tutti gli altri, liberi cittadini e poi Compagni, da parte di chi crede a una società che ancora possa emanciparsi e per questo lotta e s'organizza ancora seppur listando a lutto la Bandiera.

MILITANZ CdP e MILITANZ UniCal
Colletti politici per l'Autorganizzazione sociale

lunedì 12 maggio 2008

INCONTRO CON AHARON SHABTAI

La collezione di poesie ebraiche che qui si presenta raccoglie la recente produzione letteraria di Aharon Shabtai, uno tra i maggiori esponenti della poesia politica in Israele. Attento e originale osservatore delle vicende del conflitto israelo-palestinese, Aharon Shabtai è uno degli uomini di cultura in Israele ad avere più apertamente dichiarato il suo dissenso, opponendosi in maniera categorica, attraverso i versi delle sue poesie, all’occupazione israeliana dei Territori palestinesi e alla costruzione del muro di separazione.

Egli è conosciuto in Israele, fin dagli anni Ottanta e Novanta, per la sua poesia erotica, incentrata su una metafisica del sesso e del corpo. In queste composizioni, ordinate secondo brevi frammenti, la personale ricerca delle forme della materialità erotica raggiunge una radicalità, nel linguaggio come nelle ardite immagini evocate, che si ritrova ancor più esaltata nella più tarda produzione politica. Shabtai pone spesso al centro della sua opera la vita privata, svelandola fin nei particolari più intimi, esponendo così la sua intera persona al pubblico. Dal divorzio dalla prima moglie all’intensa storia d’amore con Tanya Reinhart (docente di linguistica e analista politica radicale, recentemente scomparsa), dai violenti attacchi contro i governanti alle accuse nei confronti dell’establishment letterario israeliano, i temi del privato si uniscono a quelli del politico in un unico corpus poetico. Più spesso è il politico a farsi privato, sfidando non solo lo status della letteratura ebraica, ma anche il senso del pudore, i tabù e le gerarchie della società israeliana in genere. Certamente, sono le violente invettive dell’ultimo Shabtai ad aver suscitato le reazioni più risentite. Molte delle poesie qui raccolte, apparse la prima volta sull’inserto letterario del quotidiano Ha’aretz, hanno causato una serie di lettere di protesta, ed anche minacce di annullamento degli abbonamenti. Nella poesia di Aharon Shabtai, i temi del politico sono affrontati con una ricca gamma di registri, dal satirico al sarcastico, dal sublime al sentimentale, fino al kitsch e al comico.

La cronaca del drammatico conflitto tra israeliani e palestinesi emerge attraverso i diversi usi retorici, che l’autore sperimenta con l’intento di mettere a prova la scrittura poetica e calarla sui toni bassi del reale. È in questa operazione radicale e provocatoria che si concentra la carica d’opposizione della poesia di Shabtai. Al presente di una società fantasma, chiusa a riccio davanti ai pericoli di una guerra totale, Shabtai oppone un’attenzione per l’evento nella sua traumatica, dolorosa essenzialità. Per contro a un dibattito pubblico miope, che sempre più colpevolmente mette in secondo piano la barbarie dell’occupazione, Shabtai si propone in veste di informatore, di educatore e maestro. Come un poeta che, affrontando l’orrore del suo tempo, si guarda allo specchio, e parla al suo popolo.

Le poesie di Shabtai spingono a far riflettere il lettore sugli effetti della logica dell’occupazione israeliana, non solo sulla vita degli oppressi ma anche su quella degli stessi oppressori. Shabtai si chiede come possa esistere ancora cultura, e come possa nascere poesia, in uno Stato che si macchia di crimini efferati, in mezzo a un popolo che soggioga un altro popolo. La poesia trova il suo posto nel dissenso: suo dovere è quello di opporsi, denunciare, farsi dunque strumento d’accusa. In questo J’accuse rivolto al suo paese, grande importanza ha la personale esperienza di vita di Shabtai: egli fa continuamente appello ai valori fondanti della società ebraica nata in Palestina e ai principi democratici dello Stato ebraico sorto sul modello socialista. Le poesie incluse in questa collezione sono state composte sull’onda dei fatti, e pertanto vengono a configurare una sorta di “diario politico” dell’occupazione. L’apparato di note posto in fondo al volume è stato pensato in questo senso, per ricordare al lettore le figure dei politici e la cronaca dei fatti citati dall’autore.

Intro e traduzione di Davide Mano

Mercoledi 14 maggio 2008 ore 18
INCONTRO CON AHARON SHABTAI
presso
Libreria "Quarto Stato" Casa della Poesia Fresco di Stampa
Via Magenta 78/80 Aversa (CE)

La cultura abbatte muri e apartheid!
Serata di solidarietà e reading di poesia

Ospite il poeta dissidente israeliano Aharon Shabtai
Verrà presentato il suo libro "Politica" edito da Multimedia

Scheda breve dell'autore:
Shabtai nato a Tela viv nel 1934. Ha insegnato greco antico e teatro all'Università di Gerusalemme e Tel Aviv.Ha ricevuto il premio del primo ministro per la traduzione. Ha pubblicato 19 collezioni di poesia. Riconoscimenti in Francia e Stati Uniti.

GIORGIANA MASI. UN CASO ANCORA APERTO?

30 ANNI DOPO SPUNTA L'IPOTESI DEL DELITTO VOLUTO

A voler riaprire il caso è sembrato essere il senatore a vita Francesco Cossiga che, intervistato dalla trasmissione Report di RAI3, ha detto: "non l'ho mai detto all'autorità giudiziaria e non lo dirò mai, é un dubbio che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono. Se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto sarebbe stata una cosa tragica. Ecco, io credo che questo non lo dirò mai se mi dovessero chiamare davanti all'autorità giudiziaria, perché sarebbe una cosa molto dolorosa".

Ciò che Cossiga non dirà mai potrebbe essere la verità sulla morte di Giorgiana Masi, la studentessa diciannovenne, uccisa a Roma il 12 maggio 1977, durante una manifestazione del Partito Radicale, vietata dalla polizia, per celebrare il terzo anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio. Cossiga, che allora era ministro dell'Interno, in quella breve dichiarazione mostra di sapere molto di più di quanto si conosca. L'ipotesi più reale - anche perché Cossiga l'aveva già ventilata - è che egli intendeva dire che fu uno dei manifestanti ad uccidere la studentessa, ma la maniera criptica in cui l'ex capo dello Stato si è espresso lascia spazio a più di un'interpretazione. Anche perché la morte di Giorgiana Masi è rimasta un mistero irrisolto: l'inchiesta sulla sua uccisione, infatti, venne chiusa il 9 maggio del 1981 dal giudice Claudio D'Angelo con la dichiarazione di non doversi procedere per essere rimasti ignoti i responsabili del reato.

Adesso la riapertura del caso viene sollecitata da più parti, anche perché le foto di quella tragica giornata, pubblicate allora dall'Espresso e dal Messaggero dimostrarono che nelle strade di Roma c'erano molti agenti delle forze dell'ordine in borghese, alcuni, addirittura, travestiti da militanti dell'autonomia operaia, la frangia più violenta del movimento del '77. Nel 1998, un quotidiano scrisse di un rapporto della DIGOS secondo cui il colpo mortale poteva essere stato sparato da una pistola cal. 22, poi trovata in un covo delle BR. E anche la struttura Gladio venne tirata in ballo, così come il neofascista Andrea Ghira fu accusato da un "pentito", Angelo Izzo, con Ghira responsabile del massacro del Circeo.

Marco Pannella ha voluto ricordare che il 12 maggio 1977, "alle 16 c'era qualcuno che dal Viminale invitava a sparare e alcuni esponenti delle forze dell'ordine dicevano "hanno già ammazzato due dei nostri", cosa non vera. Cossiga é troppo intelligente per non sapere che dicendo in pubblico "ho saputo, "mi é stato inoculato un dubbio", conferma quello che noi avevamo documentato. Tutto era molto chiaro, e lui sa che a questo punto l'autorità giudiziaria, se in Italia esistesse una autorità degna di questo nome, procederebbe. La verità é che quel giorno si tentò la strage per arrivare alla sospensione della legalità costituzionale".
Per l'ex presidente della commissione stragi, Giovanni Pellegrino, le parole di Cossiga confermano che "quel giorno ci possa essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dell'ordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arrivò nel 1992-1993". Una commissione d'inchiesta per la verità sulla fine di Giorgiana Masi l'ha chiesta L'ex deputato verde Paolo Cento che ha presentato una proposta di legge "per abbattere il muro di omertà, silenzi e segreti attorno all'assassinio della giovane e per individuare chi ha permesso l'impunità dei responsabili".
Questo Governo, come del resto il precedente, non avrà alcuna intenzione di vararla. Mentre il Segreto di Stato, legale o di fatto che sia, diviene la norma della vita pubblica e politica del nostro Paese. Paese - sappiamo - a democrazia evidentemente "limitata"!

Fonte: http://www.misteriditalia.com/newsletter/68/numero68.rtf

domenica 11 maggio 2008

10 MAGGIO 2008. FREE PALESTINE.

[Free Palestine] Torino 10 maggio. 8.000 al corteo per la Palestina. La Fiera registra una significativa flessione di presenze

Cronaca di una giornata di solidarietà internazionalista:

Una manifestazione ampia e vivace ha attraversato oggi le vie di Torino, a suggello della campagna Free Palestine di boicottaggio della Fiera del Libro 2008 e della sua infausta scelta di dedicare l'annuale edizione della kermesse allo stato di Israele come "ospite d'onore".

La manifestazione di oggi, composta da delegazioni nazionali (da tutta Italia) e internazionali (Svizzera, Francia, Israele) ha mostrato in maniera molto chiara di sapere "da che parte stare": contro gli inchini ai poteri forti, con le ragioni di chi resiste al (neo)colonialismo di marca imperiale, ricordando che "non c'è nulla da celebrare" per uno stato criminale fondato sulla rimozione di un altro popolo e una pratica continua di pulizia etnica e regime istituzionalizzato di apartheid

L'Assemblea Free Palestine ritiene di aver raggiunto i propri obiettivi nella misura in cui ha imposto un dibattito pubblico a livello nazionale sulle ragioni del boicottaggio contro quelle della resa. A conferma di un successo annunciato dall'intensità della polemica, l'inflessione pesante nel numero delle visite, già evidente nei giorni inaugurali, pesante in questo sabato-giorno clou della kermesse.

Un corteo comunicativo e partecipato. Il serpentone era aperto da una bandiera palestinese lunga dieci metri e larga quattro, sostenuta da una quindicina di persone. Tanti i partecipanti, un centinaio le organizzazioni che hanno aderito. Subito dopo il vessillo palestinese, uno striscione mostrava le immagini del conflitto israelo-palestinese, con scritto «Boicotta Israele, sostieni la Palestina». C'era anche una gigantografia con il rogo delle bandiere di Israele e degli Stati Uniti in piazza a Torino il 1° maggio e la frase «Israele non è un ospite d'onore».

Il corteo ha attraversato i quartieri popolari di San Salvario, Nizza Millefonti e Lingotto, riuscendo a comunicare le proprie ragioni con gli abitanti, nei giorni precedenti pesantemente spaventati da una campagna mediatica di isteria e terrorismo psicologico, mirante a descrivere una giornata di zone rosse, e scontri. Un'operazione non riuscita, grazie alla presenza degli abitanti del quartiere e di numerosi esercizi commerciali che hanno scelto di non aderire all'appello allarmista alla chiusura.
Alcuni di loro hanno addirittura voluto esprimere dal furgone del corteo il proprio dissenso alla cappa di paura imposta da media, politici e questura. Gli abitanti del quartiere invece di farsi intimorire dall'invito a rimanere barricati nelle proprie case, hanno accolto il corteo e l'hanno rimpolpato di persone, portando a 8000 le 5000 presenze iniziali.

Gli interventi di lungo tutto il corteo hanno ribadito le parole d'ordine della mobilitazione per un "2008 anno della palestina". Dai microfoni hanno parlato i vari soggetti che hanno promosso la campagna e organizzato la manifestazione.

Oltre alla foltissima presenza di centri sociali antagonisti, organizzzazioni di solidarietà internazionale, sindacati di base e la comunità palestinese, significativa e molto apprezzata la presenza di Ebrei contro l'occupazione, che hanno accompagnato il corteo con interventi e testimonianze durante e alla fine del percorso.

Imponente la presenza delle forze dell'ordine: polizia, carabinieri e guardia di finanza che hanno letteralmente blindato con più di 1000 uomini, il perimetro del Lingotto Fiere, bloccando con vari reparti antisommossa tutte le vie di accesso ad un 'evento che continua a pretendersi "culturale" nonostante l'elmetto indossato.

La manifestazione si è infine conclusa dove aveva preteso di arrivare, a un centinaio di metri dall'ingresso del Salone, con una serie di interventi che hanno ricordato le ragioni - molto politiche - di un evento "culturale" e del suo boicottaggio.

sabato 10 maggio 2008

IL BOICOTTAGGIO DELLA FIERA DEL LIBRO DI TORINO 2008

Spot autogestito per il boicottaggio della Fiera del Libro di Torino
dedicata allo Stato sionista d'Israele nel 60° anno della sua fondazione
usurpatrice della Terra di Palestina

Una terra senza popolo ad un popolo senza terra”, era questo il motto con cui il movimento sionista per Israele occupava nel 1948 quel lembo di terra che dal Mediterraneo si snoda fino al fiume Giordano, la Palestina, all’epoca già abitata da oltre 2 milioni di arabi. Il 15 Maggio di quell'anno comincia per il Popolo di Palestina quella che oggi viene ricordata come la Nakbah, la catastrofe. 900 mila palestinesi espulsi dalla propria terra, 400 villaggi distrutti, l’installazione dei primi campi profughi palestinesi in Siria, Libano, Egitto, la costruzione degli insediamenti da parte dei coloni ebrei.

Oggi, dopo più di mezzo secolo, la questione mediorientale non solo non ha trovato soluzione ma assistiamo ad un inasprimento delle inumane condizioni di vita in cui versa il popolo palestinese: embarghi commerciali sostenuti dall’UE e dagli USA, la costruzione del muro della vergogna che isola i territori “concessi” all’autorità nazionale palestinese, le repressioni e gli stillicidi cui è costretta la popolazione nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza (nonostante entrambi i territori siano sotto il controllo dell’ANP), gli omicidi mirati, i rastrellamenti e gli arresti preventivi, e l’esilio forzato cui sono ancora costretti oltre 2 milioni di profughi palestinesi.

Quella palestinese è la più ardua resistenza dal giogo colonialista che un popolo abbia mai combattuto. Nessun popolo ha mai avuto nella propria battaglia per la liberazione e l’autodeterminazione un rapporto di forza così sfavorevole e un’insieme di nemici da fronteggiare: da Israele, agli Stati Uniti, passando, in alcuni momenti, a dover fronteggiare persino gli stessi Stati arabi. L’appoggio al governo israeliano da parte dell’UE e degli Stati Uniti si inserisce in un piano bene determinato, finalizzato alla costruzione della Grande Israele: elemento di ulteriore destabilizzazione nel già precario equilibrio mediorientale, Cane da guardia contro le popolazioni arabe, mezzo di difesa degli interessi imperialistici e strumento per l’esportazione della "civiltà e dei valori occidentali nel mondo della barbarie”.

Dal momento della sua fondazione, Israele ha violato quasi 200 risoluzioni dell’Onu, bombardando sistematicamente a piacimento stati sovrani, ricorrendo all’assassinio e alla tortura, calpestando ogni minuto la quarta convenzione di Ginevra che afferma il dovere dell’occupante di astenersi da qualsiasi forma di violenza contro i civili.

Dunque si ha il diritto di chiedersi e di chiedere perché e fino a quando i perseguitati di ieri si ostinano ad essere i persecutori di oggi e come possa uno stato nato dalla resistenza e dalla liberazione antifascista come l'Italia ospitare lo stato fascista d’Israele ad un "evento culturale" come quello di Torino .

Da che parte stare? Noi lo sappiamo!
Da sempre antisionisti e antifascisti!

venerdì 9 maggio 2008

CENTO PASSI CONTRO LA MAFIA

"E' nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio.. Negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di Giustizia che lo portò a lottare.. Aveva un cognome ingombrante e rispettato, di certo in quell'ambiente da lui poco onorato.. Si sa dove si nasce ma non come si muore e non se un'ideale ti porterà dolore.. Ma la tua vita adesso puoi cambiare solo se sei disposto a camminare, gridando forte senza aver paura contando cento passi lungo la tua strada"..

(tratto dalla canzone "I cento passi", dei Modena City Ramblers)


ALLA MEMORIA DI PEPPINO IMPASTATO, RIVOLUZIONARIO E COMUNISTA, UCCISO DALLA MAFIA, PER SEMPRE VIVO NEI NOSTRI CUORI, NELLE NOSTRE IDEE

Giuseppe Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso in un agguato nella sua Giulietta imbottita di tritolo nel 1963). Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L'Idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1976 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale.Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, del suicidio.Era il 9 maggio 1978. Era la notte buia dello Stato Italiano. La notte di via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l'alba dei funerali di uno Stato schierato a difesa della celebrazione del suo stesso oblio.Per il trentesimo anniversario dell'uccisione mafiosa di Peppino Impastato, oggi, l'emittente radiofonica Primaradio di Cinisi, che trasmette nelle province di Trapani e Palermo, si trasformerà per un giorno in Radio Aut, amplificatore della sprezzante e impietosa ironia del giornalista ucciso dalla mafia nei confronti di Cosa nostra e del potente capomafia Tano Badalamenti, ribattezzato «Tano seduto». Oggi Primaradio cambierà la sua identità in Radio Aut e dedicherà i programmi dell'intera giornata alla memoria di Impastato.
Oggi, a trent'anni dalla morte di Peppino, gridiamo ancora nel suo nome. Gridiamo che "la mafia è una montagna di merda". Gridiamo per lui riscossa. E ci stringiamo attorno a chi oggi ne conserva ancora la Memoria e il ricordo della Vita e della Lotta e con essi ci schieriamo, senza posa nè paura, nel proseguirne la battaglia, convinti, come siamo, che l'antimafia sia sociale e non è affatto.
Pubblichiamo, qui di seguito, il documento programmatico del Forum Sociale Antimafia "Felicia e Peppino Impastato", presentato lo scorso 8 aprile 2008 ed invitiamo ognuno a riflettere ed agire.

1978-2008
TRENTENNALE DELL’ASSASSINIO DI PEPPINO IMPASTATO

Il trentennale è l’occasione per riflettere su alcuni punti fermi che riguardano la storia di Peppino, le sue scelte politiche, le sue analisi, il suo progetto di mutamento sociale. Ciò è necessario poiché da alcuni anni sono in atto tentativi di mitizzazione, di sacralizzazione, di appropriazione e strumentalizzazione della sua immagine , da parte dei mezzi di informazione e di parti politiche che tendono a snaturarne il pensiero.

1. Peppino, ha attraversato il suo percorso politico in quelle formazioni della "sinistra rivoluzionaria" nate prima e dopo la contestazione del ’68, dai gruppi marxisti-leninisti alla campagna elettorale per il Manifesto, a Lotta continua, alla candidatura alle elezioni comunali come Democrazia Proletaria. La sua scelta del comunismo rifuggiva dalle dittature burocratiche del "socialismo reale" e si fondava sull’eguaglianza, il soddisfacimento collettivo dei bisogni, la partecipazione dal basso. Tutto questo viene drasticamente piallato o fortemente emarginato dall’iconografia affermatasi negli ultimi anni. Nascevano da queste scelte la polemica con il Pci nella stagione del "compromesso storico", l’impegno a fianco dei contadini espropriati per l’ampliamento dell’aeroporto, degli edili disoccupati, con l’obiettivo di coniugare lotte sociali e impegno culturale e politico fuori e all’interno delle istituzioni.

2. L’analisi della mafia, intesa come modello di accumulazione e di interazione con tutti gli aspetti del potere, è stata il punto centrale di questo molteplice impegno, fatto di proposte, denunce, controinformazione, mobilitazione. Tutto ciò in netta opposizione con chi ritiene che la mafia sia soltanto un gruppo criminale o un generico comportamento, e che la lotta contro di essa non abbia valenza politica, non sia né di destra né di sinistra. Peppino fa parte di una storia che è quella della lotta di classe diretta dalle grandi forze della sinistra, dai Fasci siciliani alle lotte contadine degli anni ’50, un patrimonio in seguito disperso con l’adozione di una politica di cedimenti e di compromessi. L’esperienza di Peppino, troncata dalla violenza, rivive nelle analisi più serie e conseguenti della mafia e delle mafie, che mettono al centro la loro complessità e lo sviluppo di borghesie mafiose all’interno dei processi di globalizzazione neoliberista, nelle esperienze di movimento, dai Noglobal all’antimafia sociale, non certo nelle generiche manifestazioni di legalità formale e negli appelli a un’antimafia unanimistica.

3. In Sicilia e nell’intero Paese negli ultimi anni si è assistito al prevalere di forme di legalizzazione dell’illegalità, con l’affermarsi del cuffarismo e del berlusconismo, con il tentativo di cancellazione della matrice della Resistenza antifascista a fondamento della Costituzione repubblicana. Il centrosinistra si è dimostrato incapace di opporre un argine al dilagare del conservatorismo e all’inasprirsi dei problemi suscitati dalla precarizzazione e flessibilizzazione del lavoro. Occorre dare vita a politiche alternative non subalterne al mercato capitalistico e ai suoi dogmi della competitività a ogni costo e del successo con ogni mezzo, in un quadro internazionale in cui le logiche di dominio e i fanatismi identitari portano alla guerra permanente e alla diffusione dei terrorismi.

5. In questo contesto i tentativi di costruire nuove forme del fare politica, le esperienze di antimafia sociale (dalle lotte dei senzacasa di Palermo alle forme cooperativistiche per l’uso sociale dei beni confiscati, all’antiracket) debbono essere capaci di uscire dal minoritarismo e dalla logica della testimonianza, estendere il coinvolgimento dei movimenti, legando vari temi, dal lavoro all’ambiente: occorre costruire alleanze, valorizzare il pluralismo, creare cultura, a cominciare dalle scuole, darsi forme adeguate di comunicazione, in un clima, dominato dalle banalità del "pensiero unico" e dalla stupidificazione programmata delle televisioni omologate. E’necessario aprire una nuova stagione di scontro politico per la conquista della libertà del lavoro e delle idee contro l’uso spregiudicato del potere come strumento di sfruttamento e di ricatto per procurare consenso. La condanna e le dimissioni di Cuffaro pongono il problema del superamento di un sistema di potere e della costruzione di un’alternativa credibile sul piano sociale e politico.

6. Su questo terreno il Forum vuole continuare a costruire uno spazio d’incontro, d’analisi e di operatività tra i nuovi movimenti di lotta, le esperienze più significative del mondo religioso, della cooperazione internazionale, le organizzazioni che operano in varie parti del mondo, per dare vita a un progetto che unifichi le resistenze, coniughi la liberazione dalle mafie e la costruzione di una nuova società possibile, nel nome di Peppino e sulla strada da lui indicata.

Promotori: Associazione Peppino Impastato-Casa Memoria di Cinisi, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato di Palermo, Associazione Radio Aut, Circolo Metropolis di Castellammare del Golfo.

Per informazioni, adesioni e contatti:

Associazione Peppino Impastato-Casa Memoria
90045 Cinisi (Pa)
tel. 0918666233 Cell.3341689181

Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato
Via Villa Sperlinga, 15-palermo
Tel. 0916259789 Fax.091348997
email: csdgi@tin.it

riferimento web: www.centroimpastato.it/

Per dare il proprio contributo:
Associazione culturale Peppino Impastato
c.c.p. 26951889 CIN k CAB 04600 ABI 07601

giovedì 8 maggio 2008

DA CHE PARTE STARE? NOI LO SAPPIAMO!

DA SEMPRE ANTISIONISTI. DA SEMPRE ANTIFASCISTI.

A pochi giorni dalla manifestazione nazionale del 10 maggio a Torino, com'era prevedibile, i toni della campagna di criminalizzazione e delegittimazione contro organizzatori e aderenti al boicottaggio della Fiera del Libro si inaspriscono ulteriormente.

Il neo presidente della Camera Fini, commentando l'omicidio di Nicola Tommasoli da parte di un gruppetto neofascista, a Verona, ha dichiarato: "L'aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi sono due fenomeni che non possono essere paragonati. Mentre dietro l'aggressione di Verona non c'è alcun riferimento ideologico, a Torino le frange della sinistra radicale cercano in qualche modo di giustificare con la politica antisionista, un autentico antisemitismo, veri e propri pregiudizi di tipo politico-religioso". Il riferimento ideologico dell'aggressione, evidentemente fascista, può essere messo da parte dall'onorevole Fini, grazie a un processo di sdoganamento e giustificazione della barbarie fascista e neofascista, che vede la politica italiana, tutta, quotidianamente impegnata.
Uno dei primi fu, Luciano Violante che, nel 1996, dopo la vittoria del centro-sinistra, nel suo discorso di insediamento a Montecitorio, sostenne l'esigenza di "capire i vinti di Salò", promuovendo la cosiddetta "pacificazione nazionale". In tale clima di distensione venne proposta da Alleanza Nazionale l'equiparazione dei repubblichini di Salò ai partigiani; tante sono negli ultimi anni le condanne al terrorismo nero e rosso degli anni di piombo.
Oggi il sindaco di Verona è Flavio Tosi, leghista, che, non nascondendo le proprie simpatie per la destra estrema, sfila in corteo insieme ai militanti di Fiamma Tricolore (dicembre 2007), propone di "ripulire" i campi rom incitando all'odio razziale, nomina con l'appoggio della maggioranza comunale di centro-destra, tra i rappresentanti nell'Assemblea dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza, "il camerata Miglioranzi" (tre mesi di carcere per istigazione all'odio razziale, leader degli skinhead, dirigente del MSI-Fiamma Tricolore)...

Se da una parte si riabilitano i fascisti, dall'altra si criminalizza chi in questi mesi sta lavorando affinché il 2008 serva per ricordare il sessantesimo anniversario della "nakba", la catastrofe per il popolo palestinese: la distruzione di centinaia di villaggi e l'allontanamento di migliaia di persone dalle proprie case, dalle proprie terre. E' quella la nascita dello stato di Israele.
Affermare che "non si può nascondere l'astio per gli ebrei dietro l'antisionismo", come ha fatto Fini, significa di fatto costruire ad arte l'equivalenza "antisionismo=antisemitismo". Ed allora che dire di Aharon Shabtai, poeta israeliano che appoggia il boicottaggio? E di Ilan Pappe, storico israeliano per sua stessa definizione antisionista, anch'egli sostenitore del boicottaggio ed autore di un libro dall'eloquente titolo "The ethnic cleansing of Palestine"? Vuole forse il signor Fini accusare anche costoro di antisemitismo?

Rispediamo al mittente l'accusa infamante utilizzando le parole di Judith Butler, professoressa al Dipartimento di Retorica e Letteratura comparata a Berkeley: "Se una persona non può alzare un'obiezione contro la violenza israeliana senza attrarre su di sé l'accusa di antisemitismo, allora si può dire che quest'accusa serve a delimitare il campo di quanto e' ritenuto accettabile pubblicamente, e ad immunizzare la violenza israeliana dalle critiche".
Sulla falsariga della criminalizzazione proposta da Fini si muove, in modo più sottile, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che dichiara: "è inammissibile qualsiasi posizione tendente a negare la legittimità dello stato di Israele, quale nacque per volontà delle Nazioni Unite nel 1948, e il suo diritto all'esistenza nella pace e nella sicurezza". Forse il presidente Napolitano non ricorda che sempre per volontà dell'ONU, nella risoluzione 194 del 1948, ai profughi palestinesi è riconosciuto il diritto al ritorno: rientrare nelle terre da cui sono stati cacciati e sulle quali è nato lo stato di Israele.

Tali dichiarazioni, dal tono censorio, sono inaccettabili e vanno respinte, perché prive di fondamento. La contestazione verso la politica estera italiana, fortemente sbilanciata nel sostegno incondizionato ad Israele, non si ferma certamente qui.

Rivendichiamo il diritto a manifestare contro la politica d'oppressione condotta dallo stato sionista di Israele, sin dalla fondazione e perpetrata negli anni.

Sosteniamo il diritto al ritorno per tutti i profughi palestinesi.

Ci uniamo a chi chiede un unico stato, laico democratico e progressista, su
tutto il territorio della Palestina storica.

Da che parte stare? Noi lo sappiamo! Da sempre Antisionisti. Da sempre Antifascisti!


COMITATO NAPOLETANO 2008 ANNO DELLA PALESTINA

martedì 6 maggio 2008

IN MEMORIA DI NICOLA, 29ENNE, UCCISO DAI FASCISTI



Comunicato degli Antifa veronesi.
"Nella notte tra il 30 aprile e 1 maggio a Verona, in pieno centro, un gruppo di fascisti di Forza Nuova ha pestato brutalmente un ragazzo di 29 anni di nome Nicola riducendolo in fin di vita e in coma irreversibile. L´unica "colpa" del ragazzo è stata quella di rifiutare una sigaretta e non accettare l´atto arrogante e intimidatorio dei 5 neofascisti, un pretesto già usato in altre aggressioni per dare il via al pestaggio. Queste squadracce di nazi fascisti è oltre 3 anni che scorrazzano impunemente per il centro di Verona aggredendo, picchiando, derubando e accoltellando chiunque sia "diverso" : l´immigrato, il comunista, l´anarchico, quello con i capelli lunghi o con l´orecchino.... l´importante è fare "pulizia" nella "loro" città. La loro ferocia è rivolta a chiunque non entri nei loro canoni estetici o non sia immediatamente pronto ad abbassare lo sguardo e cambiare velocemente marciapiede al loro passaggio. Ricordiamo che da anni sono avvenuti pestaggi a danno di compagni/e, accoltellamenti a militanti antifascisti e una miriade di aggressioni e furti a ragazzi e ragazze solo perché avevano un Kebab in mano o perché semplicemente non gli piacevano ed erano nel "loro" territorio.

La polizia e, in primis, i carabinieri di Verona, con la complicità della stampa e della televisione asservita e obbediente, per tre giorni hanno tentato in tutti i modi di coprire la matrice politica di estrema destra e hanno materialmente dato la possibilità ai fascisti assassini di poter scappare all´estero e nascondersi. Questa continua copertura a Forza Nuova, a Fiamma Tricolore, Veneto Front, altri infami nazi fascisti e beceri razzisti, a Verona, è possibile grazie ad una serie di coperture date dal fatto che una buona parte di questi lerci individui appartengono a quella che viene definita verona bene, l´elite della verona che sfrutta e produce. Con l´avvento del sindaco Tosi i paladini della verona pura hanno trovato piena legittimità vedendo lo stesso aprire i loro cortei segnati da slogan neonazisti e a selve di braccia tese. Gli slogan lanciati dallo stesso sindaco Tosi e la sua cricca fascista che lo appoggia e lo sostiene anche in consiglio comunale con Andrea Miglioranzi e vari fascisti ripuliti di Alleanza Nazionale, non sono altro che l´appoggio a queste infami squadracce, che hanno il compito di ripulire dove polizia e i vari sgherri al soldo dello stato e del comune non possono arrivare.

Questo delirio sicuritario delle ronde e delle squadracce è figlio della mentalità Leghista e dell´estrema destra che ha sempre sostenuto attivamente il sindaco Tosi. Queste aggressioni e l´assassinio di Nicola rispondono alla mentalità leghista e fascista che ormai da anni ha sviluppato la maggior parte dei "bravi" e "onesti" cittadini veronesi, che con sbirri, prefetti, e istituzioni locali, hanno dato carta bianca a questi gruppi di nazisti balordi, in nome della sicurezza e della "pulizia cittadina" e dell´eliminazione di ciò che non è uniforme. Le istituzioni e le sinistre revisioniste riformiste hanno creato questi mostri che si sentono investiti del potere di stabilire le regole nelle città, dove la parola sicurezza significa persecuzione del diverso, mentre nello stesso territorio quella che manca è la sicurezza sul posto di lavoro, che porta a continue tragiche morti, per il profitto della classe padronale dalla quale provengono gli stessi assassini fascisti di Nicola.Morire ancora per mano fascista ad oltre sessant´anni dalla liberazione non deve essere tollerato! Ci appelliamo a tutte le realtà antifasciste ad autorganizzarsi per stroncare queste formazioni fasciste che tutt´oggi aggrediscono ed uccidono.

Seguiranno informazioni."

ANTIFASCISTI/E VERONESI



Il fascismo è e resta, per noi, “scoperta dittatura terroristica degli elementi più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti del capitalismo, che trova tra i piccoli borghesi, i contadini snaturati e i proletari degeneri delle città, la base di massa per i grandi monopoli”. L’involuzione autoritaria delle Istituzioni borghesi ed il loro colpevole silenzio rispetto a fatti di tale gravità, un processo di evidente “fastistizzazione” dello Stato.

Come Comunisti, Autonomi, Antifascisti sempre e da sempre, denunciamo le connivenze tra padroni, fascisti, governi deboli e corrotti, incapaci di dirigere il Paese se non facendo fronte alle contraddizioni sociali, in cui schiere sempre più larghe del Popolo lavoratore versano, in termini di carcere, repressione, criminalizzazione della lotta, copertura “funzionale” di attività anticomuniste e criminali rivolte contro le masse popolari e proletarie e il loro figli.
A questi ultimi, ai quali pur apparteniamo, va la nostra solidarietà militante, il nostro impegno politico ed organizzativo quotidiano, la nostra dedizione alla Causa del Comunismo, “movimento reale che abbatte lo stato di cose presente”, forza emancipatrice e di liberazione degli oppressi, di contro qualsiasi fascismo. Vecchio o nuovo che sia.
A Nicola, "Walter Rossi dei nostri tempi", per sempre vivo nella Memoria e nell'Idea di noi Compagni tutti, il nostro più accorato cordoglio. Niente lacrime, ma un nuovo grido di guerra Antifascista e la promessa di Vendetta e di Vittoria. Nuova e rinnovata.

La ribellione italiana, sopita da Trent'anni ma mai dimenticata, ripresa qualche volta ma non condotta fino in fondo, ancor vivace e creativa, ripudia, ad oggi, liturgie sterilmente ripetute e formali attestazioni di principio lontane dalla Lotta. Cerca, invece, di (ri)entrare nei problemi sociali, ricollegarsi alle contraddizioni classiste dell'attuale Sistema di Classe e di Potere, al mondo di sfruttatori e sfruttati costantemente riproposto, in Italia, dopo le sciagure del fascismo e l’illusione della prosperità democratica, mentre la bella bandiera d’un mondo nuovo e liberato fu tradita ed insozzata da chi prese a fare il lavoro della Politica di contro la Politica del Lavoro. Quella Bandiera di orgoglio e dignità di Popolo e di Classe, la nostra Bandiera, sarà la Stalingrado in ogni città, ripresa ancora e tesa fiera a vento. Come già fecero i ragazzi dalle magliette a strisce, tra '68 e '77 e dalle tute blu di un autunno che fu caldo e dirompente.

L'Antifascismo militante, servigio reso alla Memoria di un Compagno e tutti gli altri, da parte di chi crede a una società che possa liberarsi dal cancro del fascismo e per questo lotta e s'organizza ancora.

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo
per l'Autorganizzazione sociale

venerdì 2 maggio 2008

MADE IN CHINA E DINTORNI

Un gioco d'azzardo in un Mercato troppo libero...

Scontare scenari futuri è il compito essenziale dei mercati valutari internazionali. Prevederli con la maggiore probabilità di realizzazione e con approssimazione temporale tutt’altro che a breve o medio termine ma a 10, 20, 30 anni da adesso. Si tratta di calcolo “scientifico” delle variabili di mercato, andamento dei consumi e, più in generale, della tenuta del sistema economico. Se però le variabili diventano “troppo” indipendenti e le cosiddette “carte in tavola” cambiano in fretta, il processo smette di assomigliare ad un percorso, scientificamente fondato e comprovato e assume i connotati di un bel giro sulle montagne russe. E sulle montagne russe – si sa – gridi, stai male, ma, di solito, ti ritrovi esattamente al punto dal quale eri partito.

Questo ultimo medio periodo è stato segnato da tre eventi in particolare che “pesano” sul quadro economico: l'audizione della Federal Riserve americana (Fed) sullo stato dell’economia interna ed internazionale, l'abbandono del regime di cambi fissi da parte della Cina; la paura, in Occidente, per altri attentati terroristici, che condiziona il quadro politico internazionale anche alla luce di imprese militari di occupazione imperialistica di aree geostrategiche del mondo (Iraq, Afghanistan, etc.) che non trovano soluzione a breve termine e costantemente vengono rifinanziate a fondo perduto.

La Fed dice la sua su tassi ed economia: se nel sistema ci sono “troppi” risparmi e questi vengono investiti nei titoli di stato, i governi riescono a finanziarsi a tassi relativamente bassi. L'economia, dunque, andrebbe benissimo se non fosse che i risparmi eccessivi sono quelli asiatici e con essi la Cina – ad esempio! – continua a comprare senza posa titoli di stato americani ed europei. Allora l’economia occidentale non va più tanto bene e i relativi governi devono finanziarsi a credito, indebitandosi ulteriormente al punto da (ri)fondare le loro stesse linne di tendenza economica strategica sul debito internazionale e, quindi, insistere con manovre di “aggiustamento” determinate da misure progressivamente restrittive quanto a welfare e politiche sociali. La Fed ammette, pertanto, che il problema potrebbe “anche” essere visto come una carenza di consumi… Sarebbe a dire: «Se il popolo non ha pane – e né deve averne! – che mangi brioches…». In effetti non è proprio questa l’espressione ufficiale, ma “l'intelligenza” politica del messaggio americano è spaventosamente simile.

Ora, se lo dicessimo noi, comunisti in Occidente, anticapitalisti dichiarati, parrebbe scontato. Succede però che, nell’annuale articolo di Deutsche Bank, pubblicato nel 2007, si rispolvera un tale Karl Marx e la sua teoria di «crisi da sotto-consumo»! In pratica una delle più grandi banche d'affari del mondo utilizza uno schema interpretativo (marxiano) ad essa – diciamo – non esattamente proprio. Davvero sorprendente se si considera che tesi di fondo degli Istituti di credito nazionali ed internazionali è la presunta non adeguatezza storica delle teorie di Marx, il loro essere viziate da economicismo positivistico arcaico e fuor di ogni lettura della modernità economica del capitalismo riorganizzato su scala globale, il fatto di essere “cose dell’Ottocento”! Chiaramente Deutsche Bank conclude che l'interpretazione marxiana non è esattamente l’analisi più congeniale all’Istituto ma tant'è… Beh, vedere Das Kapital citato nelle note a piè pagina dell’articolo fa un certo effetto. La crisi da sotto-consumo è una delle potenziali cause di crollo del capitalismo. Forse, in questa fase di nuova e rinnovata instabilità del mondo, anche i capitalisti più “ottimisti” ( o ottusi…) se ne sono accorti!

«Per dirla in breve, il prodotto di un sistema si divide tra la quota che va al lavoro (i salari) e quella che va al capitale (i profitti). I capitalisti ingordi e rapaci fanno aumentare la loro “fetta” (i profitti) fino al punto che i salari sono così bassi che non riescono neanche ad acquistare tutti i beni che il lavoro produce… Il sistema entra quindi in crisi (e a questo punto Marx prevedeva la rivoluzione). Non sembra una descrizione accurata del modello di sviluppo attuale nei paesi del terzo mondo? E poi, come si fa a lamentarsi che paesi del terzo mondo come la Cina ed, in generale, il Sud-Est asiatico risparmiano troppo?» (L. B. Ingles) Come non pensare, inoltre, alle condizioni economiche di regioni come quelle del Mezzogiorno d’Italia, sacche di sottosviluppo economico-sociale funzionale al mantenimento di standard di profitto sui mercati valutari internazionali…
La soluzione è evidente per la Fed: vendiamogli brioches! Qualunque cosa pur di non affrontare l'iniquità distributiva del sistema di redditi e risorse. E i mercati all'inizio provano a crederci, salgono tassi e borse ma poi tornano indietro. Nasce il sospetto che la Fed stia facendo un gioco pericoloso, sottostimando la debolezza strutturale delle economie occidentali e fingendo di ignorare la loro dipendenza diretta da fonti di approvvigionamento energetico di proprietà di Paesi non necessariamente “amici”, la Russia su tutti. Il sospetto ormai ce l'hanno in tanti, comunisti e non.

Intanto la Cina abbandona il regime di cambi fissi. La valuta cinese non è più ancorata al DollaroUS ma ad un paniere di riferimento non rivelato. La Banca Popolare Cinese fissa, dunque, le chiusure ufficiali bilaterali alla fine di ogni giornata e il giorno dopo quelle rappresenteranno la nuova parità centrale della banda d’oscillazione monetaria. Tecnicamente si tratta di un sistema di parità striscianti. Questo implica: il DollaroUS svalutato con conseguente crescita dell’inflazione negli Usa; che la bilancia tra Usa e Cina si riequilibrerà un po', cioè i cinesi riceveranno un po' meno dollari e quindi compreranno un po' meno titoli di stato americani; che tutti corrono a vendere DollariUS che crolla e relativi titoli di stato per comprare borse.

Ma oltre la macroeconomia c'è la politica. Le considerazioni da farsi sarebbero molte e diverse. La Cina sembra cedere alle pressioni politiche dell'Occidente nel frattempo in grave difficoltà a causa della competizione delle merci cinesi sui mercati mondiali tanto da siglare, l’anno scorso, un accordo (a perdere!) “d’intesa commerciale” pur di preservare varchi di mercato dalla lunga marcia neocapitalistica cinese. D’altro canto e così facendo, la stessa Cina ottiene anche uno strumento in più per “frenare” la propria crescita impetuosa, allo stato insostenibile per i mercati internazionali; a livello di sistema, il suo adeguamento ai meccanismi economico-finanziari del mondo capitalistico fa un salto avanti notevole – forse più importante dell'adesione al WTO – come importante concessione verso le amministrazioni occidentali. Quale sarà la contropartita politica? ...Nei panni dei politici tibetani e, a torto o a ragione, dei loro sostenitori, forse ci sarebbe da innervosirsi un po'…

Operatori di mercato ed analisti studiano ancora per capire l'impatto effettivo degli eventi mentre riecheggiano ancora oggi nuove notizie in merito ai presunti attentatori alla Tube di Londra nel 2006. I mercati sono in fibrillazione, scomposti, instabili. Nel frattempo si sono moltiplicate, città dopo città, le simulazioni anti-terrorismo. Simboliche certo, eppure, politicamente, molto più inquietanti. C’è tensione, la “minaccia” è ritenuta continua, sempre presente. E mentre il sistema anti-missile americano ( il cosiddetto scudo spaziale BMT) viene istallato in Europa Orientale tanto da provare a “circondare” e “contenere” eventuali – ma improbabili! – azioni aggressive di Russia e Cina, riecheggiano i sonori proclami contro l’Occidente imperialista da parte dell’Iran dei khomeynisti di governo che riattivano programmi di espansione e proliferazione nucleare con l’appoggio strutturale e logistico del colosso petrolifero russo Gazprom. Intanto, di ritorno, per la prima volta nella Storia, proprio Russia e Cina hanno condotto, al confine dei rispettivi Paesi, manovre di esercitazione militare congiunte – con forze terrestri, corazzate ed aviotrasportate – proprio nel momento in cui si determina, palesemente, la dipendenza reale delle economie occidentali dalle forniture energetiche di quei Paesi.

E allora: tutti a rivendere le borse appena comprate e a ricomprarsi i titoli di stato occidentali appena venduti. I mercati si rimangiano tutto l'effetto Cina. E giungono, dai governi, manovre correttive e inviti alla prudenza ed al “risparmio” secondo Finanziarie già, di per sé stesse, “lacrime e sangue” per lavoratori, operai e piccoli commercianti mentre il decentramento fiscale ed amministrativo (la cosiddetta devolution data dal federalismo fiscale in Italia!) amplifica il divario tra flussi monetari Nord-Sud, sanzionando la separatezza tra regioni economicamente depresse e regioni “avanzate”. Così l’economia reale (potere d’acquisto delle famiglie) viene erosa, piegata e spezzata dall’economia nominale (indici statistici dell’andamento dei mercati)…

Il gioco del mercato finisce lì dove era iniziato. Tutti a casa a pensare, valutare fatti, calcolare rischi. Negli analisti occidentali vince la paura: cosa accadrà nei prossimi week-end quando i mercati sono chiusi e le perdite eventuali non possono essere limitate?. Meglio vendere un po’ di borse e (ri)parcheggiare i soldi in titoli di stato. Sono “saggi” i mercati!

Poi, ancora oggi, bombe nello Yemen, mentre, in Medioriente, in Palestina, si radicalizzano e radicano nel Popolo, le posizioni panarabe ed anti-occidentali, fuori e contro le “strategie compatibiliste” imposte, per anni, dalle diplomazie internazionali marcate Nord America…

Il gioco riparte! La Cina s’avvicina, mentre i suoi tedofori ne esportano l’immagine e il portato. Qualche contestazione isolata e sparsa, la timida ostilità di un Occidente sull’orlo d’una crisi recessiva. La questione è, come sempre, riposta nei rapporti di forza.
Scontare futuri scenari dell’economia internazionale, il loro calcolo statistico e prospettico, non è più, oggi, cosa molto semplice. Mentre la strategia del libero mercato, non più appannaggio di un mondo che ancora oggi pretenderebbe di esser considerato il Primo, cede il passo all’anarchia d’un mercato “troppo” libero e oscillante, stimati analisti politici ed economisti cominciano a pensare di voler fare un altro lavoro…

Non sarebbe meglio pianificare?...