sabato 25 ottobre 2008

NON PAGHEREMO LA LORO CRISI!

“…l’Università è entrata per la prima volta nella città: l’idea di garantire una maggiore diffusione della cultura, uscendo dagli unici luoghi considerati consoni alle lezioni, e di aprire l'Università a tutte le istanze critiche che scaturiscono dal tessuto sociale sono considerate da noi studenti e studentesse una necessità laddove, invece, si sta tentando di limitare sempre più l’accesso alla formazione e di renderla strumentale a logiche di mercato.
Il prof. Mantici (docente di Storia della Cina) ha tenuto in Piazza San Domenico Maggiore, nel cuore del centro storico di Napoli, un seminario a partire dai temi della Rivoluzione Culturale, passando per le trasformazioni legate al mondo della formazione e del mercato del lavoro.
Decine di studenti hanno partecipato coi loro interventi ben più di quanto sia possibile fare “nelle solite lezioni frontali”, dimostrando che un pensiero critico può nascere solo quando la cultura non ha vincoli temporali e spaziali, quando non viene misurata in ore di studio/credito.
Le lezioni/dibattito nella città proseguiranno nelle prossime settimane e saranno calendarizzate in modo da permettere a tutte/i di intervenire, partecipare.”

Assemblea Stop Gelmini! – Orientale Occupata/liberata


Mossa sbagliata - stupidamente sbagliata(!) - quella del blitz del 6 agosto con il quale il governo Berlusconi ha convertito in legge (la legge 133/08, per l’appunto) l'orami famigerato decreto 112.

Ormai da un mese si autoalimenta il clima di mobilitazione sociale generale contro il governo, le sue politiche economiche, le sue sempre più solo presunte “riforme” del mercato del lavoro, della formazione, dell’istruzione. Mentre il titolo stesso di detto decreto - per la precisione “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” – fornisce, alla protesta, l’oggetto stesso del contendere: di contro la generale linea di “capitalizzazione” coatta dei diritti/servizi essenziali in materia di istruzione, formazione e ricerca, sì come portata avanti, finora impunemente, dall’alternanza borghese di governo, trasversalmente a centrodestra e centrosinistra, la sommossa generale spontanea si trasforma in movimento studentesco autorganizzato con precise rivendicazioni di lotta ed obiettivi chiari, di fase e transitori. Movimento non già determinato da puntellamenti ideologici preordinati per poi lavorare a declinarli nella fase, quanto piuttosto Movimento che, partendo da rivendicazioni particolaristiche di settore e di categoria, si guadagna, nel vivo della Lotta e del Lavoro, a determinazioni politiche, ideologiche, strategiche di ordine crescente, superiore, generale. In una sola espressione, tenuto conto della convergenza già verificatasi con i lavoratori in sciopero lo scorso 17 ottobre: Movimento reale.

Sciopero generale e Occupazione, allora! Liberazione di spazi sociali, piazza, scuola, fabbrica e università. Liberazione dalla disciplina imposta dal Capitale – peraltro oggi ormai di caduta libera sugli scenari economico-finanziari internazionali – ed apertura di quegli stessi spazi ai quartieri, alle città, ai territori e, più in generale, alla partecipazione collettiva di istanze sociali critiche e dal basso. Da Torino a Palermo, passando per Milano, Genova, Pisa, Firenze, Roma e Bologna, tutti sono uniti non come spettro che si aggira pel Paese, bensì già manifesto-programma, in se stessi, di una praticata e potenziale alternativa di sistema e società.
Nessuna sorpresa, in realtà, stando al fatto che palese risulta a ognuno l'inganno malcelato dietro le parole "semplificazione" e "stabilizzazione", "competitività" e "perequazione". Inganno, in realtà, già svelato dal reale. Svelato, ovverosia, dalla stessa condotta del governo, sfacciatamente classista e antioperaio, antipopolare e populista, antisociale e demagogico. Governo che pratica e poi propone "disimpegno dello Stato" (salvo poi impiegare fondi pubblici e di Stato per salvare le Banche e la compagnia aerea di bandiera dalla crisi e scaricarne i costi su chi continua, suo malgrado, a pagar tasse) e "svendita" dei settori pubblici (salvo poi provare a riaprire le "grandi opere pubbliche" per mantenere clientele e continuare a "far mangiare" i suoi amici e gli amici degli amici, speculatori, costruttori, amministratori corrotti e incompetenti, tutta gente cui "si baciano le mani")
Sorpresa, forse, solo per il governo detto, che, nella convinzione di poter agire nel più assoluto senso di impenitenza e impunità, non si aspettava insurrezione alcuna. Eppure che aspettarsi di diverso? Blocco delle assunzioni nel settore della formazione, tagli al personale docente e tecnico amministrativo nell'ordine di migliaia di unità, parcellizzazione ulteriore ed ossessiva dei saperi e dequalificazione dell'insegnamento, distruzione di ogni istanza critica e libera negli studi, tagli dei finanziamenti ordinari, trasformazione delle Università in Fondazioni private aperte a chi potrà permettersene i costi maggiori e sempre crescenti, sono la "ricetta" contenuta nella legge Tremonti-Gelmini. Allo stesso tempo sono anche, esattamente, le ragioni della ripresa della conflittualità studentesca ad ampio raggio che intercetta le comuni istanze e rivendicazioni di insegnanti, dottorandi, borsisti, precari della formazione, personale ATA.
Sarebbe a dire: la logica e l'anima del Movimento è tutta già iscritta come antitesi dialettica e diametralmente opposta alla illogicità di una legge che, per "disporre urgentemente" "lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria", specula sulle aliquote tributarie facendo ricadere i costi della crisi economico-finanziaria interamente sul Lavoro dipendente e salariato, destabilizza la finanza pubblica funzionalizzandola ad interessi privati e speculatori, mortifica i settori della formazione professionale ed intellettuale ponendo le condizioni per un'assoluta impreparazione (non competitività) del sistema-Italia a reggere le sfide poste dalla competizione globale, complica ai limiti della sopportazione le relazioni sociali al punto da determinare la rottura di qualsivoglia piano di mediazione politico-istituzionale e, in definitiva, nega le condizioni stesse dello sviluppo economico del Paese e, a maggior ragione, quelle di ogni progresso sociale.

Non basta! Il governo riesce a fare persino di peggio! Una violenta ed inedita campagna mediatica attacca al cuore il Lavoro dipendente pubblico - il cosiddetto "posto fisso" - che, per il Ministro Brunetta sarebbe, in quanto tale, "posto di fannulloni"! Sottolineare le inefficienze del servizio pubblico, introdurre il principio di una “meritocrazia” (che in realtà, è basata su qualcosa di molto vicino al “censo”!), presentare la Stato come ormai finito giacché il futuro del Lavoro è, comunque, nel privato, sono il “paravento ideologico” della “riforma” in atto.
La legge 133/08, in questo senso, non rappresenta novità alcuna: si inserisce infatti in quel processo di smantellamento dell'istruzione pubblica intrapreso già 15 anni orsono, tanto dai governi di centrodestra che da quelli di centrosinistra. Da troppo tempo si susseguono "riforme" che assecondano i dettami ideologici del neoliberismo, al fine di ridisegnare, a piacimento, i rapporti fra Lavoro e Capitale ad esclusivo vantaggio del secondo. Così pensioni e sanità, salari ed istruzione, comunicazione e trasporti diventano non già l’indice di civiltà raggiunta dal Paese in termini di pubblico interesse, bensì meri capitoli di spesa da tagliare e capitalizzare su richiesta dei padroni e dei banchieri. Risultato: la domanda interna cala e si diffonde ovunque insicurezza e precarietà, si determina sfiducia estrema nelle Istituzioni e conseguenti rischi di deriva populista e autoritaria.
l'Università non fa eccezione. Anzi. Considerata luogo prediletto dal Capitale al fine di “indottrinare” le future élite dirigenti del Paese e formare già sul campo i precari di domani, l’Università italiana è stata attraversata, quanto sconvolta in maniera vera e propria, da processi di “ristrutturazione” che hanno introdotto, a monte, l’ordine stesso della parcellizzazione del Lavoro già a partire dall’inserimento del modello “3+2”: la frammentazione degli studi in miriadi di lauree tanto diversificate quanto inutili, l’obbligatorietà della frequenza ai corsi peraltro organizzati in modo tale da rendere impossibile seguirli (eppure provar a farlo ad ogni modo alla incessante rincorsa dei “crediti”!), il dispiegamento coatto di lavoro non retribuito né riconosciuto in quanto tale sotto forma di stage “formativi”, sono stati l’anticipazione marcata centrosinistra degli ultimi provvedimenti ascritti alla Gelmini. Come già sperimentato in altri settori, l’obiettivo è chiaro: attaccare il servizio pubblico, renderlo ingestibile di fatto, per poi “forzare mano”, dietro copertura ideologica di una “riforma necessaria” per arginare l’emergenza e varare così provvedimenti che colpiscono le fondamenta stesse del servizio. E se qualcuno prova a opporsi…sarà “legittimo” “informare il Ministro degli Interni”…

Questa “riforma” è una barbarie! Come Compagne e Compagni indubbiamente, ma, prim’ancora, come studenti parcellizzati, dottorandi “alla mercé” dei baroni, ricercatori che ricercano a contratto e ,quindi, non ricercano, borsisti senza borsa, lavoratori precari e ricattati eppur tutti fermi nella Lotta, rivendichiamo un’Università pubblica e garante della formazione professionale ed intellettuale dell’individuo, di un sapere libero e critico che non asservisca i propri obiettivi sociali e culturali agli interessi ed ai disegni di privati e Confindustria. Non si tratta affatto di difendere l’Università del presente di contro ogni riforma. Al contrario, si tratta di ripensare i termini strategici ed organizzativi di Scuola ed Università al fine di renderle ciò che costitutivamente sarebbero già deputate ad essere: luoghi di formazione di coscienza individuale e collettiva libera e critica, luoghi di emancipazione culturale ed ascensione sociale, luoghi nient’affatto chiusi ma, al contrario, aperti al territorio ed alle forze progressive della società. Da chiudere soltanto a chi, fino ad oggi, li ha gestiti in maniera privatistica e proprietaria, avvalendosene per garantire i propri esclusivi interessi classisti e baronali.

Noi, Compagni e Compagne Militanz, attivamente presenti in questa lotta strenua e impegnati sempre nell'autorganizzazione del conflitto giacché convinti della autorappresentanza delle lotte, diciamo, all'unisono ed insieme al Movimento tutto, come centinaia di migliaia di dita strette in un solo pugno: "Noi non pagheremo la loro crisi!"

CONTRO LA TRASFORMAZIONE DELLE UNIVERSITA' IN FONDAZIONI!
CONTRO IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI!
CONTRO I TAGLI AI FINANZIAMENTI!

Studenti e lavoratori uniti nella Lotta!
Solo la Lotta paga!

Collettivo Politico MILITANZ Casa del Popolo (CdP)
Per l’Autorganizzazione sociale