Il Collettivo Politico Militanz invita a partecipare all'iniziativa di inaugurazione ufficiale della sede della omonima Casa del Popolo (CdP). L'inizio dei lavori di presentazione è previsto per le ore 18. A seguire, Aperitivo Sociale. VENERDI 29 FEBBRAIO 2008 Sant'Antimo (Napoli)
Immagine manifesto delle avanguardie artistiche rivoluzionarie sovietiche, ancora oggi mantiene intatto il significato particolare e generale che il suo ideatore El Lissitzji volle conferire già dal titolo dell'opera: "Abbatti le leghe bianche con il Cuneo Rosso".
L’avanguardismo costruttivista russo si è sviluppato come orientamento artistico prevalentemente in URSS negli anni Trenta, ma la sua propria vocazione rivoluzionaria ed il suo piglio d’avanguardia ne fa ancor’oggi una corrente estetica attuale e praticabile e, per i suoi significati alti, progressivi e progressisti, una filosofia politica ed artistica tutta tesa all’Avvenire, al Progresso, al Socialismo.
MILITANZ in corteo
Spezzone MILITANZ in corteo il 2 febbraio a Cosenza in occasione della manifestazione nazionale contro la repressione e la carcerazione politica: La Lotta non si arresta! Non un passo indietro!
CHI L'HA DETTO? "L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L'orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l'utopia? A questo: serve per continuare a camminare."
MILITANZ free Palestine
Striscione MILITANZ alla manifestazione nazionale per il "Boicottaggio della Fiera del Libro di Torino - 2008 Anno della Palestina". La prima conquista della Lotta è la Lotta stessa.
LODE DELLA DIALETTICA
l'ingiustizia oggi cammina con passo sicuro. Gli oppressori si fondano su diecimila anni. La violenza garantisce: Com'è, così resterà. Nessuna voce risuona tranne la voce di chi comanda e sui mercati lo sfruttamento dice alto: solo ora io comincio. Ma fra gli oppressi molti dicono ora: quel che vogliamo, non verrà mai. Chi ancora è vivo non dica: mai! Quel che è sicuro non è sicuro. Com'è, così non resterà. Quando chi comanda avrà parlato, parleranno i comandati. Chi osa dire: mai? A chi si deve, se dura l'oppressione? A noi. A chi si deve, se sarà spezzata?Sempre a noi. Chi viene abbattuto, si alzi! Chi è perduto, combatta! Chi ha conosciuto la sua condizione, come lo si potrà fermare? Perché i vinti di oggi sono i vincitori di domani e il mai diventa: oggi!
I PRIMI PASSI DELLE CdP IN ITALIA: un po’ di storia…
La “Casa del Popolo” (CdP) è un’istituzione del movimento del popolo lavoratore, che viene da lontano. La sua stessa definizione vanta un senso ed un significato ben preciso, storicamente determinato, politicamente fondato. Tanto da far si che le CdP diventassero, negli anni e nelle vicende ed alterne fortune che l’hanno riguardate, una tradizione, un riferimento, un elemento stesso della cultura popolare ed operaia del nostro Paese.
In Italia, la prima denominazione di CdP comparve nel 1893, quando, in occasione del secondo congresso socialista, fu inaugurata la nuova sede della Cooperativa di Massenzatico, un villaggio a pochi chilometri da Reggio Emilia, città dove tra l'8 e il 10 settembre si svolsero i lavori congressuali. Nel 1902, venne pubblicato a Cremona l'opuscolo di Giuseppe Garibotti – “le Case del Popolo”, appunto – in cui si presentava una riflessione sistematica sull'esperienza sviluppatasi nel corso di quasi un decennio nella Valpadana bracciantile ed utili indicazioni pratiche per la costituzione di nuove CdP. Le CdP, che si svilupparono di lì in seguito, affondarono le loro radici non solo nel cosiddetto "modello emiliano" ma anche nell'esperienza delle “Maison du Peuple” in Belgio e Svizzera – la prima CdP sorse proprio nella Confederazione Elvetica nel 1899 a S. Gallen – e della “Volkhaus” in Germania. Sui fogli socialisti di agitazione e propaganda sparsi in tutt’Italia, si cominciò a discutere dei successi delle maison estere e dei fallimenti degli esperimenti, fino al quel momento realizzati, di cooperazione socialista in Italia.
Al fine di dare maggiore slancio di aggregazione sociale ed iniziativa politica e culturale a ciò che si presentava come nodo portante di una rete di mutuo soccorso e solidarietà di popolo e di classe ancora tutta da costruire, le organizzazioni operaie che andavano diffondendosi e radicandosi, nel frattempo, sia nei piccoli paesi rurali sia nei grandi centri urbani, iniziarono a contribuire, in maniera determinante, all’istituzione ed alla diffusione delle CdP.
Al termine di un lungo processo di accumulazione di forze e di esperienze di lotta che ebbe i momenti più intensi nel 1901, nel 1906 e, poi, durante il cosiddetto “biennio rosso” (1919-20), il movimento operaio socialista poté disporre – da quel momento in poi, fino all’avvento del fascismo ed, in appresso, solo dopo la Liberazione – di una solida rete di strutture: dalle CdP in senso stretto, come luoghi di esercizio primario dell’alfabetizzazione politica e tutela sociale del popolo a molte leghe industriali e agrarie; dal rapporto costante con le più significative istituzioni cooperative di consumo alle cooperative di produzione e lavoro, fino alle sezioni di partito. Quel che conta è che, con lo sviluppo del modello della CdP, i socialisti riuscirono finalmente ad avviare a soluzione la tormentata questione del rapporto coi circoli operai agricoli, di cui, in definitiva, la “Casa” rappresentò la continuazione e lo sviluppo. Le CdP divennero, così, la manifestazione evidente dell’unità del Lavoro e dei suoi simboli, esempio immediato e primario della libera associazione popolare, dimostrazione in sé, di una società civile guadagnata alla parte più avanzata e progressista della società politica. Presupposto fondante, in definitiva, di ciò che Gramsci ha definito “stato integrale” a democrazia reale, praticata.
Tra lo scorcio del primo decennio del Novecento e la prima guerra mondiale, il socialismo italiano si fece, in un certo senso, “agente immobiliare”, affidando al “mattone” la soluzione di parte dei suoi problemi di carattere politico-organizzativo, la custodia di risorse finanziarie e la tutela di forti valenze simboliche. In questo senso, le CdP ben rispondevano a quella che Gobetti definì “la psicologia rudimentale delle masse”. Sia per gli emigranti, sia per i lavoratori che restavano, l'edificio del popolo rappresentò la visibilità del movimento, la prova provata della sua stabilità e solidità, la dimensione dell'unità e della solidarietà popolare, la dimostrazione pubblica della propria capacità etica e tecnica, il senso di un profondo radicamento sul territorio, la conservazione della memoria, attraverso il ricordo dei padri fondatori che si sarebbe perpetuato nel tempo. L'epoca delle CdP segnò la fine della fase della clandestinità, della spontaneità, dell'improvvisazione e della magmatica mobilità operaia degli anni delle grandi migrazioni.
Le CdP trassero quindi origine ed alimento da società operaie e contadine di vario tipo, ma, una volta costituite, divennero moltiplicatrici del complesso degli insiemi associativi, che trovarono in questi istituti molto più di una sede materiale e di un semplice contenitore. Le CdP divennero, in alcuni casi, il vero e proprio centro di gravità di un complesso multiforme e integrato di associazioni popolari, promuovendo lo sviluppo delle leghe agricole e industriali; di iniziative ricreative, sportive e culturali; di centri d'assistenza sanitaria, casse mutue e segretariati; di magazzini cooperativi; di cooperative di lavoro.
Al di là dei complessi e forti significati simbolici e culturali, senza i quali non si potrebbe comprendere il successo che ebbe questo modello di organizzazione, la CdP rispose, nell'immediatezza della fase politica congiunturale, a tre esigenze di fondo:
Ø Prima di tutto, svolse la funzione di una cooperativa edilizia, cui erano assegnate le finalità di acquistare o edificare la “Casa” e di amministrarla come patrimonio immobiliare. Si risolsero in questo modo i molti problemi logistici creati dall'affitto dei locali nei quali trovavano posto le associazioni popolari.
Ø In secondo luogo, tese a promuovere lo sviluppo e a gestire il funzionamento di cooperative di lavoro e di consumo e di un complesso di servizi culturali, assistenziali, mutualistici e ricreativi.
Ø Infine, si propose come centro coordinatore dell'insieme associativo socialista, il modello della futura società, il nucleo di un'isola di socialismo che si sarebbe gradatamente allargato fino a comprendere il comune, la vita economica e l'intera società civile.
In questo senso, la CdP, concettualmente intesa e fino ad oggi, contiene già in se – tutta e per intero – l'utopia della società futura e dell’“Uomo nuovo socialista”. Assurge, dunque, al senso stesso del Progresso connesso ad un modello di sviluppo non fondato sullo sfruttamento del lavoro salariato ma sull’autentico volontarismo di uomini e donne liberamente associati tra di loro. Uomini e donne liberati dal lavoro inteso come necessità oggettiva e, pertanto, impegnati ad osservare e soddisfare i propri, legittimi bisogni – siano essi materiali, intellettuali, morali e creativi – nel concorso collettivo all’edificazione di una società senza più classi, Stato e proprietà. Il Comunismo.