giovedì 14 febbraio 2008

LA 194/78 NON SI TOCCA!

Con l’approvazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita (PMA, L.40/04) varata dal governo Berlusconi, nel 2004, con la complicità di parte consistente del centrosinistra (allora Margherita e Ds, oggi Partito Democratico), si è compiuto l’ennesimo passo verso la negazione delle libertà elementari di autodeterminazione della donna. Quella legge, scavalcando la normativa del Codice Civile, le risoluzioni della Corte Costituzionale, oltre che gli stessi studi di illuminati scienziati come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack, decretava l’embrione come individuo già dotato di personalità giuridica e, pertanto, vittima di infaniticidio se oggetto di interruzione di gravidanza. Imponeva, pertanto, nell’equiparazione giuridica dei diritti della madre con quelli dell’embrione, una sola, incontestabile, (legge) morale, un imperativo categorico che frontalmente attaccava il diritto all’autodeterminazione della donna, la ricerca medica e scientifica applicata alle cure di gravi malattie quali Parkinson, Alzheimer, Sclerosi, Diabete e Cancro, la libera responsabilità di donne e uomini nel loro costituirsi come nucleo familiare, nella loro stessa capacità d’esperienza genitoriale.
Con quella legge si confermava l’evidente disprezzo da parte degli apparati più conservatori, oscurantisti e retrogradi del ceto politico italiano – siano essi di destra, centro o sinistra, indistintamente – per i diritti e la dignità delle donne e per le conquiste storiche del movimento operaio e femminista, mentre, ad oggi, fa sì che riprenda fiato l’arroganza del peggior integralismo cattolico.

Quelle forze conservatrici, integraliste e opportuniste sono le stesse che proprio oggi rinnovano l’attacco alla legge sull’aborto e quella sul divorzio, definite lesive del diritto alla vita e dell’integrità della famiglia. Nessun rispetto per le conquiste di civiltà, di lotta per l’autodeterminazione della donna, di dignità individuale e collettiva ratificate dal Popolo italiano per intero con ben due referendum.

L’attacco alla L.194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, il fatto stesso che essa sia posta in discussione diventando oggetto di campagna elettorale nonché terreno di raccordo in base al quale definire alleanze trasversali tra i prossimi venturi gruppi parlamentari al fine di capitalizzare il consenso ed il sostegno della CEI – avamposto politico-culturale del Vaticano – dimostra come il rischio di un’involuzione di civiltà, di un salto indietro di almeno trent’anni, sia del tutto concreto, tangibile, in parte già praticato negli intendimenti di dette forze elettorali.

Ad essere messo in discussione, dunque, è il diritto stesso delle donne a determinare il proprio corpo e le proprie scelte di vita e di coscienza. Donne che, ad oggi, si trovano ad essere nuovamente esposte al rischio di quella ipocrisia violenta che, negando e mettendo fuori legge l’interruzione volontaria di gravidanza, tollera e poi sdogana il ritorno all’aborto illegale. La Legge 194/78 ha regolamentato l’aborto nel nostro Paese, sottraendo milioni di donne dalla pericolosità di operazioni praticate “in casa” senza alcun controllo medico e garanzie sanitarie ed ha prodotto, tra l’altro, un esito assolutamente positivo in merito alla riduzione effettiva degli aborti in Italia (circa del 40%).

Perdere questa legge, metterla in discussione, significherebbe la fine dell’autonomia femminile, la fine della libertà di scelta e la fine della capacità di autogestione delle donne. In questo senso, rappresenterebbe una sconfitta diretta anche per il principio stesso della resistenza ed autorganizzazione sociale e di classe che, scevra e lontana dall’utilizzo strumentale di temi delicati come quello dell’aborto a fini di qualsivoglia interesse di parte o di partito, rivendica la lotta per la liberazione e l’emancipazione sociale, politica e civile del Popolo lavoratore tutto.

I venti di destra spirano forte: sessismo e misoginia sono tra le manifestazioni dei vari razzismi, nazionalismi e integralismi religiosi, in un Paese in cui sembra si sia persa ogni memoria storica. Necessaria risulta la massima attenzione e mobilitazione per respingere al mittente i falsi moralismi con i quali si cerca di manipolare l’opinione pubblica per plasmarla agli interessi di classi dominanti e i loro apparati di coercizione ideologica manifesta o strisciante.

Come la storia ci insegna, sull’attacco ai soggetti più ricattabili della società reazionari, conservatori e finti-progressisti di ogni tempo hanno costruito i loro imperi di assoggettamento sociale.

Noi donne e uomini di Militanz CdP Collettivo politico per l’autorganizzazione sociale diciamo:

NO alla riapertura del Mercato sui corpi delle donne
NO alla mercificazione
NO all’esclusione sociale
NO allo sfruttamento dell’individuo indipendentemente dalla connotazione di genere