martedì 5 febbraio 2008

LA “NOSTRA” CdP

"... Sappiamo che questa è la strada correttae malgrado nessuno di noi arriveràa vedere il risultato, continueremo a seminare idealiper far sì che altri raccolganoi sogni e speranze in un mondo più giusto."

(Madres de Plaza de Mayo)

Ben consapevoli dell’enorme portato del patrimonio storico di ciò che è e fu “Casa del Popolo”, ad esso, idealmente, facciamo riferimento. Assurgiamo, a partire dagli intenti e nell’ordine della nostra piccola ma autentica e sentita categoria del possibile, a ciò che furono ragioni e prospettive di quell’istituto di cultura di Popolo e di classe. Istituto non certo desueto ma al contrario oggi vivo e ancor vitale, nuovo e rinnovato.

La “nostra” CdP è innanzitutto un Progetto. E, come ogni progetto, un contenitore di idee e una scommessa insieme.

Scommessa fatta su un percorso che sia percorso di liberazione progressiva. Un percorso che accolga ed assuma in sé istanze sociali e culturali, politiche, morali e creative sì come da ognuno espresse. Istanze di Liberazione permanente e reale emancipazione, cui guadagnarsi nel rapporto collettivo e orizzontale. Emancipazione individuale e collettiva già a partire dal vivo della Vita nel mentre la si vive.

Una Vita dove “cultura dominante” insegna, oggi, a oggettivare tutto e, pertanto, a ridurre tutto a mera merce ed a mercato. Ogni cosa, colta nel suo solo valore d’uso e poi di scambio, può essere impunemente venduta o svenduta appannaggio d’un mercato, per l’appunto, ormai incapace di affrontare bisogni reali della gente e, costantemente in crisi, strutturalmente anarchico e spregiudicato nel “capitalizzare”, come fossero servizi da acquistare, persino i diritti più essenziali.

Ed è così che la libera socialità tra liberi individui viene oggi ad essere negata, nella disarticolazione progressiva dei luoghi stessi dell’incontro e della socializzazione consapevole. La comunicazione si trova così ad esser asservita a compravendite di sorta dove il linguaggio, non più terreno di confronto, cooperazione, libera associazione senza lucro, si attesta a produrre o riprodurre se stesso come merce in vendita e acquistabile.

Ed allora cos’è o che vuol essere la “nostra” CdP?
Essa è principalmente un luogo libero e un luogo critico. Un luogo di militanza politica e culturale insieme. In essa ognuno può partecipare, a pari titolo con ogni altro, alle attività promosse o può proporne, senza dover aderire forzosamente a programmi politici o culturali preordinati e senza sottostare a gerarchie di sorta. Lo scopo della Casa del popolo è, dunque, la ricostruzione di una socialità basata non sugli interessi, di denaro o di potere che siano, ma sulla libera scelta, sullo scambio di esperienze, di confronto dialettico, sulla possibilità stessa della cooperazione responsabile, in pratica, teoria e ancora pratica.

È la “liberazione” di uno spazio sociale autogestito dal quale ricontrattare i margini della battaglia contro il degrado sociale imposto dal dominio imperialista tanto nelle periferie delle “nostre” metropoli così come in quelle all’ombra delle luci della città occidentale tutta.
È un luogo dove accogliere ed elaborare istanze di liberazione reale e collettiva; istanze di autorganizzazione sociale, cooperativa e solidale, fuori da ogni pregiudizio o critica di convenienza; istanze tutte tese a creare o ricreare dinamiche di inclusione sociale fondata sull’incontro, la messa in relazione di esperienze, la condivisione della lotta per i propri e gli altrui diritti ed interessi. Un luogo dove integrare, in un lavoro d’insieme, quei soggetti o quelle soggettività politiche e sociali legate o attive sul territorio di riferimento nella prospettiva di trasformazione, in senso socialista, della società.

Questi, dunque, i motivi portanti della costituzione della “nostra” CdP. In sintesi, di essa, diremmo:

Ø È uno spazio di aggregazione sociale su basi politiche e di lotta teso a riorganizzare, in un quadro d’insieme, rapporti tra soggettività libere e critiche a partire da una cittadina della periferia suburbana della città di Napoli ed al fine di fronteggiare e porre argine alle dinamiche di disarticolazione sociale ed atomizzazione di coscienze sì come imposte, in termini di rinnovato individualismo, dal modello “culturale” dominante.

Ø È un atto ed un Progetto di autorganizzazione sociale e popolare da realizzarsi con la finalità esplicita di ricostruire, proprio a partire dalla provincia ma puntando, in prospettiva, al cuore della metropoli, i margini dell’azione diretta di Popolo, politicamente e sindacalmente intesa, a tutela dei suoi propri interessi di classe e di massa.

Ø È un moltiplicatore di esperienze proprie al complesso e multiforme tessuto associativo popolare finalizzato all’integrazione ed alla promozione dello sviluppo razionale e cosciente di comitati autorganizzati di scopo e di vertenza; di iniziative politiche, culturali, artistiche e ricreative; di centri d'assistenza sociale e sanitaria; di cooperative di lavoro volontario, contro il suo uso strumentale e restituito, pertanto, alle sue finalità di solidarietà militante; di integrazione multietnica basata sullo scambio e sul confronto interculturale; di controinformazione permanente e praticata.

Ø È una creazione comune, collettiva, cosciente, dunque. Consapevole dei propri limiti ma anche fermamente conscia delle proprie potenzialità e dei propri obiettivi di emancipazione popolare e riscatto sociale.

“Militanz” è il suo nome di battesimo. Nome che certo evoca scenari di battaglia e di rivolta perduti nella Storia, ma che, altrettanto certamente, riporta a noi, alla nostra coscienza di uomini e di comunisti in Occidente, il tema e la pratica dell’avanzamento della Lotta e l’Ideale. È chiaro è l’orizzonte di Conquista e di Vittoria. Militanz vuol significare proprio questo. È un progetto politico costantemente impegnato nella riflessione critica dei rapporti materiali di vita e d’esistenza e, contemporaneamente, nell’azione diretta autorganizzata tesa alla trasformazione, già a partire dalla società civile più immediata, dell’interezza dei rapporti sociali dell’attuale sistema politico ed economico.

Indubbiamente un’eresia rispetto ai modelli dogmatici, autoritari, burocratici o settari di gruppi e gruppettari che ancor oggi avocano a se, arbitrariamente, l’esser “depositari” di presunte verità per limitarsi a declamarle. Altrettanto indubbiamente, un modo di vita, un imperativo categorico ispiratore e principio della Lotta, una “patria materiale e spirituale” insieme che vuole ricordare a noi tutti che il meccanismo dei rapporti produzione e la sua più immediata conseguenza, la lotta di classe, non deve né può occultare ancora coloro che si muovono sulla scena della Storia che sono e restano innanzitutto uomini. Di carne, di ossa, di sangue, di cuore.
In una sola espressione: Militanz è Prospettiva praticata fin da subito. La prospettiva di Lotta e di Liberazione progressiva che conosce e riconosce l’Uomo come essere umano ed il problema della sua liberazione come essere sociale. Di qui l’importanza del lavoro politico di massa e della lotta di classe pienamente consapevole contro l’alienazione e lo sfruttamento capitalistico, poiché senza la consapevolezza del proprio essere sociale non si danno in alcun modo le condizioni soggettive necessarie al Comunismo.

Resta nostra convinzione che l’unica pedagogia che emancipa i Popoli è l’autoeducazione del Popolo stesso alla pratica della sua stessa emancipazione giacché, proprio nell’attività di autoemancipazione individuale e collettiva risiede la possibilità in itinere della modificazione, in senso socialista, delle condizioni esistenti date.

Militanz vuol esser così la riconferma – nel concetto e nella pratica immediata – della straordinaria modernità della Rivoluzione in Occidente. Dell’irriducibilità del suo itinerario ideale e praticato all’ordine delle possibilità d’ognuno, seppur partendo – o ripartendo – dalle periferie a noialtri più vicine. Dell’esperienza di acquisizione e formazione collettiva alla lotta ed al lavoro, cui progressivamente guadagnarsi, al fine di guardare nuovamente e rinnovando la fiducia all’”Uomo nuovo”, l’Uomo del Socialismo del secolo XXI.